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Rischio climate change e banche: il ruolo dei Neds

È in corso il monitoraggio della BCE sul sistema bancario in materia di rischio legato ai cambiamenti climatici a cui seguiranno richieste di piani di attuazione con obiettivi precisi che nel 2022 diventeranno normativa. E gli amministratori indipendenti sono centrali nel lavoro di sensibilizzazione e attivazione di queste attività

Credit: GettyImages

Le Banche centrali, con la BCE in prima fila, hanno ormai inaugurato una nuova fase all’insegna della crescente centralità dei temi legati al cambiamento climatico e ai suoi rischi sul business finanziario.
Proprio in queste settimane si è arrivati a un punto topico della trasformazione in atto nelle regole delle banche centrali e di tutto il sistema finanziario europeo in questo ambito. Entro il 15 maggio, infatti, tutte le banche (di maggiore e minore rilevanza) dovranno rispondere ad un questionario di autovalutazione che fa riferimento alla Guida BCE emanata nel novembre del 2020 e volta a mappare lo stato dell’arte della presa d’atto del rischio climatico nell’ambito dell’attività finanziaria. Un rischio che è diventato ormai centrale.

LA STRATEGIA DELLA BCE

“La BCE ha dichiarato che quelli climatici e ambientali sono i principali fattori di rischio per il sistema bancario dell’area euro. Per questo nella Guida del 2020 ha pubblicato 13 Aspettative in materia di gestione dei rischi climatici e ambientali e un’informativa, nell’ambito del c.d. dialogo di vigilanza, per guidare le banche nella individuazione, classificazione, gestione e rappresentazione di questi rischi. Entro il 15 maggio le banche devono compilare un Questionario di Autovalutazione rispetto alle 13 Aspettative” spiega Sabrina Bruno, professore ordinario di diritto societario comparato e Chair del Chapter Zero Italy, the Nedcommunity Climate Forum. “Entro il 15 giugno, inoltre, i c.d.a. dovranno redigere un piano di azione che indichi le tappe, con la tempistica precisa per la sua realizzazione che preveda anche obiettivi intermedi verificabili, di adeguamento alle Aspettative della BCE. Il problema è che la BCE ha riscontrato che la maggior parte delle banche, in particolare quelle di minore rilevanza, non è ancora pronta rispetto a questa tematica. In ogni caso, nel corso di quest’anno, l’Autorità esaminerà le risposte al Questionario ed i piani di azione e ne discuterà gli esiti con gli enti interessati”.

Certo, il Covid-19 e le emergenze contingenti non hanno agevolato le banche minori anche perché sono proprio queste a lavorare con una molteplicità di imprese di dimensione più piccola che sono spesso esposte al climate change ma che non hanno ancora – a loro volta – le giuste competenze interne per valutare adeguatamente la componente di rischio.

LE ATTIVITÀ DA IMPLEMENTARE

Tra le 13 Aspettative della BCE sono previsti:

  • l’integrazione del rischio climatico nella strategia di breve, medio e lungo periodo e la sua inclusione nel RAF (Risk appetite framework, che misura la propensione al rischio);
  • l’esistenza di competenze specifiche in materia, sia a livello di c.d.a. che dell’intera organizzazione della banca;
  • la presenza di un flusso informativo dal management verso il c.d.a. su queste tematiche;
  • l’inclusione del rischio climatico nel sistema generale di gestione dei rischi per il monitoraggio e la quantificazione ai fini ICAAP (Internal Capital Adequacy Assessement Process) per la valutazione dell’adeguatezza patrimoniale;
  • la gestione del rischio di credito, dalla concessione al monitoraggio dei portafogli, tenendo conto anche del rischio climatico;
  • l’impatto sulla continuità operativa;
  • l’inserimento negli stress test del rischio climatico volto anche a comprendere se questo rischio possa portare a dei deflussi di cassa netti.

“È chiaro che tutte queste misure prevedono un ruolo attivo del c.d.a. sin dall’individuazione e valutazione dei rischi climatici al fine dell’elaborazione della strategia più adeguata. Quindi servono le giuste competenze e i consiglieri indipendenti hanno il compito di spingere l’attenzione su queste tematiche. A mio avviso è opportuno che i c.d.a. vengano coinvolti già dalla formulazione delle risposte al Questionario di autovalutazione che serve a fotografare il punto di partenza della singola banca” aggiunge la prof.ssa Bruno.

Anche perché nel 2022 la situazione cambierà radicalmente. La BCE includerà anche i rischi climatici negli stress test nell’ambito SREP (Supervisory Review and Evaluation Process, ovvero il processo di valutazione del rischio di ogni singola banca). “La BCE, in definitiva, sta preparando quest’anno le banche ad un cambiamento che dal 2022 sarà normativo, con una disciplina vera e propria” spiega Bruno, “e sta cercando allo stesso tempo di rendere il più omogeneo possibile il livello di preparazione dei vari istituti di credito”.

IL RUOLO DEGLI AMMINISTRATORI INDIPENDENTI

Il compito degli amministratori indipendenti sarà dunque centrale: dovranno sensibilizzare tutto il board su queste tematiche, stimolare il c.d.a. a discuterne (a partire dal questionario della Bce fino alla definizione della strategia finale), sollecitare il processo laddove non si fosse già innescato. Anche perché il cambio di mentalità richiesto è radicale. Le banche infatti devono iniziare a capire come tenere conto del rischio climatico già nella fase di concessione del credito. “Finora quando si parlava di ambiente e banche si pensava che queste ultime dovessero attivarsi sulla riduzione delle emissioni di CO2 dei loro edifici, sull’ottimizzazione degli spostamenti dei dipendenti, sull’uso di energie rinnovabili” aggiunge Bruno. “Ora invece è esplicitamente richiesto di prendere anche in considerazione se e come il rischio climatico impatti sul modello di business dei clienti destinatari del credito e di valutare anche questo elemento prima di decidere se erogare o rinnovare il credito stesso. Una rivoluzione copernicana alle porte, a cui gli indipendenti possono sicuramente contribuire grazie alle loro competenze”.


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