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Ops Intesa-Ubi: riparte il risiko bancario

La nascita del quarto gruppo bancario europeo ha scatenato una ridda di ipotesi in merito all’avvio di una fase di acquisizioni e fusioni che vedrebbe protagonisti molti istituti italiani

Come nella più classica delle partite a scacchi la nascita di un colosso bancario come Intesa-Ubi comporterà delle contromosse da parte degli altri soggetti bancari del nostro Paese. Di fatto l’Opas (Offerta pubblica di acquisto e scambio) ha decretato la nascita del quarto gruppo bancario europeo, quindi per rimanere competitive banche di media dimensioni saranno chiamate a valutare l’ipotesi di fusione per aumentare la propria “potenza di fuoco”. Così come l’altro colosso bancario “italiano” Unicredit, potrebbe non stare a guardare e cercare di rafforzarsi, anche se il numero uno Jean Pierre Mustier ha sempre dichiarato di essere riluttante a fusioni. A luglio sugli organi di stampa nazionale è comparsa la notizia non confermata di un incontro fra il presidente di Banco Bpm, Massimo Tononi e Mustier.

Il panorama degli istituti che nei prossimi mesi potrebbero diventare protagonisti di quello che in gergo si chiama “risiko” bancario vede in primo piano in primo luogo Mps ma anche Bper, Creval e la Popolare di Sondrio. Si tratta di realtà di medie dimensioni che hanno fatto la storia del credito del nostro Paese ma che dall’oggi al domani si sono ritrovate a competere con dei giganti piuttosto ingombranti.

E così si inseguono ipotesi di merger e fusioni che tuttora non hanno trovato riscontro nei fatti. Molti analisti scommettono su un matrimonio fra Banco Bpm e Bper o Mps.Tanto più che l’azionista di riferimento della banca senese, lo Stato, ha intenzione di uscire dal capitale. Nelle ultime settimane si rincorrono anche voci di un interessamento di Crédit Agricole nei confronti della più antica banca del mondo. Lo ha scritto L’Economia del Corriere della Sera ricordando come il colosso francese abbia già una presenza radicata in Italia dopo l’acquisizione di Cariparma, Friuladria, Carispezia e delle ex casse di risparmio di San Miniato, Cesena e Rimini.

Secondo Donatella Depperu, socio di Nedcommunity e Professore Ordinario di Economia Aziendale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano “probabilmente assisteremo a un mix di aggregazioni e acquisizioni. Dobbiamo considerare che la scelta della forma con la quale realizzare una concentrazione dipende da molti fattori e la dimensione delle banche coinvolte rappresenta l’elemento primo per orientarsi verso l’una o l’altra alternativa”. Una certezza in questo quadro complesso ancora da decifrare esiste e riguarda proprio Mps: “Il Monte dei Paschi – continua la docente – dovrà incamminarsi verso la privatizzazione e questo è un dato acquisito, che va al di là delle supposizioni e che vede anche un ruolo importante giocato dalla Bce. Mps, come emerge quotidianamente dalla stampa, non è l’unica banca che in questo momento è soggetta a forti spinte al cambiamento e ad una potenziale aggregazione: ad esempio, Carige e Banca Popolare di Bari, tenuto conto dei loro nuovi assetti, potrebbero essere oggetto di operazioni di acquisizione”.

Qualsiasi sia la natura di questo risiko esiste un’altra certezza: i cda giocheranno un ruolo fondamentale. “Spetta ai board – continua Depperu – il compito di tracciare la strategia aziendale e quindi sta a loro individuare se e come gli obiettivi aziendali possono trovare realizzazione per mezzo di un’aggregazione e se questa può portare dei vantaggi ai loro stakeholder. In primo luogo, naturalmente, si penserà agli azionisti, ma in un’ottica allargata anche gli interessi di altri stakeholder (come i dipendenti o la società civile) potrebbero essere considerati e risultare rilevanti. I consiglieri indipendenti, comunque, hanno la responsabilità di tenere conto degli interessi anche degli azionisti di minoranza e di altri stakeholder, quello di guardare sempre alla coerenza tra l’operazione ipotizzata e la propensione al rischio dell’azienda e alla sostenibilità del nuovo modello di business al di là degli impatti nel breve termine. In particolare, ritengo che abbiano un ruolo strategico nel contribuire alla valutazione dei rischi di un’operazione di aggregazione, stimolando il confronto all’interno del cda”.

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