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Lista del cda uscente: il board svolga una valutazione seria

Consob ha approvato le modifiche al Regolamento Emittenti in attuazione delle norme del TUF introdotte dalle Legge Capitali. Vediamo con l’aiuto di un’esperta le principali implicazioni

Enrica Rimoldi

Le liste del cda sembravano essere state riposte definitivamente nel cassetto ma l’elenco delle società pronte a usarle nella prossima stagione assembleare si allunga dopo che a ottobre la Consob ha dato il via libera alle modifiche del Regolamento Emittenti in materia di presentazione di liste da parte dei Consigli di amministrazione uscenti, in attuazione delle norme del Testo unico della finanza (TUF) introdotte dalla Legge Capitali nel marzo 2024. Fra le novità principali il fatto che tutti i soci presenti in assemblea, direttamente o tramite un rappresentante, “possono partecipare alla votazione individuale” prevista dalla nuova normativa ed esprimere quindi il proprio parere sui profili dei candidati tratti dalla lista del board. Un passaggio fondamentale, ha sottolineato Enrica Rimoldi, associata Nedcommunity e non-executive director con trentennale esperienza in corporate governance e management.

Che conseguenze derivano da questo chiarimento da parte della vigilanza?

Importanti. I soci chiamati ad esprimere il proprio consenso hanno non solo il diritto ma anche il dovere di agire informati. Non è un caso se la Consob abbia disposto che il deposito della lista avvenga 40 giorni prima dell’assemblea allungando il termine precedente di ben 20 giorni: questo lasso di tempo è infatti necessario per prendere informazioni sui nomi proposti ed esprimere quindi un consenso basato su un’adeguata analisi e valutazione.

Quali caratteristiche dovrebbe avere una corretta presentazione di una lista del cda?

Ricordo che la presentazione della lista del consiglio di amministrazione rappresenta una facoltà e non un obbligo e per presentarla è necessario modificare adeguatamente lo statuto. A prescindere da queste indicazioni di legge vorrei soffermarmi sul ruolo che il consiglio è chiamato a svolgere. Il cda, infatti, dovrà realizzare un’autovalutazione molto seria e indipendente, la più trasparente possibile, per poi proporre la lista in funzione delle competenze necessarie alla realizzazione della strategia e dell’esclusivo bene della società. Per tale motivo la procedura dovrà essere neutra, priva di ingerenze, evitando il rischio, come ha sottolineato la Consob, di auto-riproporsi e di essere troppo autoreferenziali.

Da cosa dovrebbe partire questa valutazione?

Faccio un esempio: se nel piano strategico si punta a un forte sviluppo digitale allora mi devo chiedere se le competenze del cda presente siano sufficienti a questa evoluzione. La risposta a questa domanda non può non avere una ricaduta sulla valutazione quali-quantitativa del cda successivo. Nelle banche rispondere a eventuali sfide future è più semplice perché è la Bce a indicare quali figure non possano mancare nel board. Diverso è il caso delle società industriali dove questo faro manca e si deve non solo navigare a vista, ma anche vincere la tentazione di lasciare le cose come sono in considerazione del fatto che il cambiamento è faticoso. Ma le aziende oggi hanno bisogno sempre di nuove competenze e di inedite abilità: in un mondo in rapida trasformazione è obbligatorio formarsi di continuo, pena l’incapacità per i board di affrontare le sfide che di certo si presenteranno all’orizzonte. Per questo motivo ritengo fondamentale che la lista del cda sia fatta ascoltando anche i soci di maggioranza.

Sono tante le aziende che ne fanno uso?

L’elenco sta aumentando ma si tratta comunque ancora di una minoranza. Secondo un report di Assonime di qualche anno fa erano 50 le società quotate in Italia il cui statuto prevede la possibilità di esprimere una lista del cda. In tutto il 21% delle società quotate al solo mercato principale. A presentare effettivamente la lista del cda negli ultimi anni sono state 15 società, circa il 6,5% delle società quotate al mercato principale.

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