Diciamo la nostra

Diciamo la nostra

In questo numero ospitiamo l’intervista a Pietro Manzonetto (*) che ringraziamo per aver accettato di rispondere alle nostre domande ma soprattutto per averlo fatto analizzando le risposte precedenti, comparandole e valutandole nel loro insieme, il che

Questa rubrica promossa dalla Presidenza intende alimentare un dialogo costruttivo con gli Associati che desiderano dare il loro contributo di idee, suggerimenti e critiche per la crescita della Comunità.

In questo numero ospitiamo l’intervista a Pietro Manzonetto (*) che ringraziamo per aver accettato di rispondere alle nostre domande ma soprattutto per averlo fatto analizzando le risposte precedenti, comparandole e valutandole nel loro insieme, il che gli ha consentito di tracciare un quadro interessante dello stadio in cui si trova attualmente la Corporate gover-nance in Italia.

L’intervista

Che cosa non va in Italia nella governance?
Il tema con cui si apre lo scambio di opinioni fra gli Associati di Nedcommunity sullo “stato di salute” della corporate governance in Italia ha già formato oggetto di ampia e qualificata trat-tazione nelle numerose interviste realizzate fino ad oggi.
Chi mi ha preceduto nel partecipare a questa interessante iniziativa ha proposto numerosis-simi spunti di riflessione che, sotto i molteplici punti di vista dai quali la fattispecie merita di essere esaminata, forniscono un quadro ampio e per molti aspetti approfondito della situa-zione in cui si trova oggi la corporate governance nel nostro Paese.
L’autorevolezza dei Colleghi intervistati, la diversificazione dei loro profili professionali, la puntualità e gli approfondimenti che si ritrovano nel rileggere i loro contributi, sollecitano qualche considerazione di sintesi sul quadro che ne emerge.
Se mi è consentito di usare un’espressione forse un po’ abusata, ma molto efficace, credo che l’odierna situazione della corporate governance in Italia possa essere rappresentata fa-cendo ricorso all’immagine del famoso bicchiere, che si presta ad essere giudicato, a secon-da della propensione di ciascuno a privilegiare gli aspetti positivi oppure quelli negativi, mezzo pieno o mezzo vuoto.
Va subito detto che si tratta di un bicchiere il cui contenuto non è, per usare la metafora eno-logica, un prodotto di monovitigno, ma si caratterizza piuttosto per la varietà delle componenti che lo compongono.
Fuor di metafora, il tema di cui qui si discute è stato trattato nelle precedenti interviste nei più diversi e articolati profili in cui si manifesta, che attengono sia alla tipologia dei soggetti so-cietari (emittenti quotati, ad azionariato diffuso o concentrato; PMI; società vigilate, ecc.) sia allo specifico contenuto delle diverse configurazioni che può assumere il termine di corporate governance.
In effetti, credo che per dare una risposta non generica alla domanda con cui si apre l’intervista occorra precisarne due aspetti: a quali soggetti e a quale nozione di governance si intenda riferirsi.
Volendo cogliere i profili di maggior interesse ritengo che, quanto al primo aspetto, occorra riferirsi ai soggetti costituiti dagli emittenti titoli quotati in mercati regolamentati e che, quanto al secondo aspetto, sia necessario avere riguardo al funzionamento degli organi sociali di vertice cui compete l’amministrazione e il controllo della società.
Nell’ambito così delineato, e ritornando all’immagine del bicchiere, mi pare di poter condivi-dere le opinioni prevalenti degli intervistati che mi hanno preceduto nell’interpretazione positiva o negativa del suo riempimento a metà.
Il bicchiere si presenta mezzo pieno se si hanno presenti gli interventi normativi e regola-mentari dedicati negli anni più recenti a disciplinare la materia. La normativa primaria, il Co-dice di Autodisciplina, le disposizioni delle Autorità di Vigilanza, formano un corpus regola-mentare articolato e robusto che rappresenta senza dubbio l’aspetto positivo della situazione.
Dove invece la metà del bicchiere si presenta mezzo vuoto, inducendo a giudizi sicuramente meno positivi, è nelle modalità con cui quella disciplina trova applicazione.
Le prassi più diffuse, quali si desumono dalle osservazioni formulate dalla gran parte degli intervistati oltre che dalla mia personale esperienza, conducono ad una valutazione non an-cora soddisfacente.
A mio parere la circostanza non deve stupire né tanto meno turbare eccessivamente l’osservatore: per il conseguimento dell’auspicato obiettivo di una corporate governance effi-cace ed efficiente, un adeguato sistema di norme è indubitabilmente condizione necessaria, ma non sufficiente, dovendosi questo tradurre in una cultura virtuosa dei protagonisti, per-meata dalla consapevolezza che occorra operare nel rispetto di quelle regole non nell’ottica di subire vincoli o condizionamenti alla libertà d’azione, ma nel convincimento di sollecitare un riscontro positivo per la società nell’atteggiamento del mercato.
Non mi sfugge, evidentemente, la circostanza che l’auspicato affermarsi di un tale compor-tamento virtuoso vada collocato in una situazione in cui, secondo il Rapporto Annuale per l’anno 2014 sul governo societario delle società quotate italiane recentemente pubblicato dalla Consob, da un lato, “la struttura proprietaria delle imprese italiane quotate continua a connotarsi per l’elevata concentrazione e la limitata contendibilità del controllo” e dall’altro lato, “le famiglie continuano a rivestire un ruolo rilevante come azionisti di controllo”.

Quali i rimedi?
Il tono della domanda sembra sottintendere una valutazione pregiudizialmente negativa sullo stato della corporate governance in Italia che non mi sento di condividere.
In una intervista rilasciata proprio in chiusura d’anno al Sole 24 Ore, Winfried Bischoff – Pre-sidente del Financial Reporting Council inglese – osserva che “in Italia i progressi nella go-vernance, nella vigilanza e nelle regole del mercato sono stati impressionanti: avete recupe-rato la fiducia degli investitori internazionali e ogni ulteriore progresso nelle regole di governo societario rafforzeranno il ruolo e l’immagine della vostra piazza finanziaria“.
Credo che, alla luce delle considerazioni che ho appena esposto, sia intuibile la mia idea sulle iniziative che potrebbero contribuire a riempire la parte mezza vuota del bicchiere, volte cioè a migliorare l’assetto e il funzionamento della corporate governance in Italia.
Il giudizio positivo che ho espresso sul corpus di norme che presiede alla regolamentazione relativa alla composizione ed al funzionamento degli organi societari mi porta a ritenere che sotto questo profilo, non siano necessari interventi di rimedio, salvo solo eventuali aggiorna-menti di “manutenzione” nel solco dell’impianto esistente.
In modo un po’ diverso si presenta, invece, il profilo che attiene alla concreta applicazione di quella normativa, al di là della sua dichiarata formalistica adozione, pressoché generalizzata fra le società quotate.
Sotto questo profilo è difficile parlare di rimedi, intesi come interventi regolatori dall’esterno: occorre, invece, che venga a maturare una progressiva diffusione della consapevolezza all’interno degli organi societari del grande potenziale positivo che una corretta corporate governance può arrecare all’efficace perseguimento degli obiettivi aziendali e, conseguen-temente alla creazione di valore dell’impresa.
Da questo punto di vista, un ruolo di eccezionale rilievo riveste a mio parere la figura del pre-sidente dell’organo amministrativo, troppo spesso ancora confinata prevalentemente entro gli angusti limiti di una mera funzione di rappresentanza.
Penso che chi è chiamato a svolgere tale ruolo dovrebbe ben più concretamente interpretarlo nella consapevolezza che si tratta del fulcro di un sistema destinato ad incidere sulla efficacia dei lavori consigliari sia nella fase preparatoria sia in quella del loro svolgimento.
Credo, in altri termini, che il governo societario possa trarre straordinario giovamento dall’affermarsi di una prassi virtuosa che veda la figura del presidente dell’organo ammini-strativo collocarsi al centro del sistema, garantendo la possibilità di svolgimento di una co-struttiva dialettica critica fra i non executive directors e gli organi delegati nonché una proficua interlocuzione con i comitati interni al consiglio e con l’organo con funzioni di controllo.

Cosa si aspetta da Nedcommunity e cosa suggerirebbe?
La prima considerazione che mi viene spontanea a questa domanda è di grande apprezza-mento e riconoscenza per i “pionieri” che hanno dato vita alla nostra Associazione e per tutti coloro che l’hanno successivamente guidata con competenza, generosità ed entusiasmo portandone avanti con risultati che definirei lusinghieri l’idea originaria.
E’ sempre possibile, anzi doveroso, cercare di migliorarsi ma credo che non sia affatto facile fare meglio in questo ruolo.
Dunque, avanti così!
Ritorno al mio pensiero originario: non permettiamo che una corretta e doverosa autocritica con funzione di stimolo ad un continuo miglioramento, venga lasciata scivolare in uno sterile e deleterio autolesionismo, come fin troppo spesso ci capita di osservare negli atteggiamenti di molti soloni nostrani.
Sono stati compiuti passi molto importanti nel lungo cammino da percorrere per raggiungere un soddisfacente assetto della corporate governance in Italia. Per continuare su questa strada non ci sono scorciatoie: occorre persistere con pazienza e umiltà, con l’impegno di tutti, a far crescere la cultura del buon governo societario. E per conseguire questo obiettivo credo che un piccolo, ma molto importante ruolo ce l’abbia Nedcommunity e, quindi, ce l’abbiamo tutti noi Associati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

(*) Pietro Manzonetto, già Professore Associato di Analisi Finanziaria nell’Università Cattolica del S. Cuore, dottore commercialista, svolge attività di Consulente Tecnico in Procedimenti Giudiziari (civili e penali) e Arbitrali. E’ Presidente del collegio sindacale del Banco Popolare scarl, di CIR SpA, di Humanitas Mirasole SpA e di Buccellati Holding SpA, Presidente del collegio dei revisori di Febaf (Federazione Banche, Assicurazioni, Finanza), sindaco effettivo di RCS Mediagroup SpA. ([email protected])

Le interviste precedenti

Gianmaria Gros Pietro _ luglio 2010 (N° 4);
Giovanni Maria Garegnani _ottobre 2010 (N° 5);
Carolyn Dittmeier _ gennaio 2011 (N°6);
Mario Noera _ aprile 2011 (N°7);
Maria Luisa Di Battista_ luglio 2011 (N° 8);
Ferruccio Carminati _ottobre 2011 (N° 9);
Salvatore Maccarone_ gennaio 2012 (N° 10);
Giancarlo Pagliarini _luglio 2012 (N° 12);
Marco Cecchi de’ Rossi _ottobre 2012 (N° 13);
Alberto Battecca _gennaio 2013 (N° 14);
Roberto Cravero _aprile 2013 (N° 15);
Marco Rescigno _luglio 2013 (N° 16);
Elisabetta Magistretti _ ottobre 2013 (N° 17);
Marco Onado _ febbraio 2014 (N° 18);
Enrico Maria Bignami _ maggio 2014 (N° 19);
Laura Iris Ferro _ luglio 2014 (N° 20);
Elisabetta Oliveri _ novembre 2014 (N° 21)


  • Condividi articolo:
button up site