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Usa: con Biden sostenibilità al centro

La vittoria di Joe Biden alle presidenziali del novembre scorso fa ipotizzare il ritorno delle tematiche Esg al centro del dibattito economico con ripercussioni anche oltreoceano

Gettyimages

Il futuro degli Usa si tinge di verde. Con il ritorno di un presidente democratico nello Studio Ovale sono in molti a scommettere che la sostenibilità ritornerà in cima alle preoccupazioni del presidente degli Stati Uniti, dopo l’emergenza Covid ovviamente. Alcuni segnali ci sono già. Secondo l’agenzia Reuters, Joe Biden avrebbe contattato  Gary Gansler, ex presidente della Commodity Futures Trading Commission nel corso della presidenza Obama di cui Biden era vice. Gansler potrebbe avere la responsabilità di spingere verso una più massiccia integrazione dei rischi climatici nella governance della finanza. Come tutto potrà tradursi in legge è ancora presto per dirlo, però. 

Soprattutto è dato per certo il rientro negli accordi di Parigi per l’abbattimento delle emissioni di gas serra da cui il rivale repubblicano Donald Trump era uscito incrementando l’uso di combustibili fossili come il carbone. Ma c’è di più: l’amministrazione firmata Biden ha in programma di investire qualcosa come 2 mila miliardi di dollari nella lotta al cambiamento climatico e ha proclamato di voler far diventare gli Usa una nazione a zero emissioni entro il 2050, dichiarando aperta la sfida con la super rivale globale, la Cina, che invece ha ufficialmente posto la linea del traguardo al 2060. Si potrebbe aprire quindi una competizione che in questo momento vede Pechino in vantaggio in molti campi, per esempio nella produzione di batterie per veicoli elettrici. Si prevede, infatti, che proprio i comparti dell’automotive, delle utilities, e dei pannelli fotovoltaici possano trarne un beneficio diretto.

Secondo Carolyn Dittmeier, cittadina statunitense e associata di Nedcommunity, Presidente del collegio sindacale di Assicurazioni Generali Spa, Consigliere indipendente e Presidente dell’Audit Committee di Alpha Bank AE e membro dell’audit committee di Ferrero SA e di Moncler SpA, “la vittoria di Joe Biden rappresenta certamente una buona notizia per il ritorno delle tematiche Esg al centro dell’attenzione anche negli Stati Uniti. Del resto il neopresidente ha annunciato che il rientro degli States negli accordi di Parigi è considerata una priorità del suo programma. Un cambio di passo evidente rispetto alla precedente amministrazione. Vorrei sottolineare che inevitabilmente questa variazione di prospettiva da parte degli Stati Uniti avrà delle ripercussioni globali per il ruolo di primo piano che il Paese ricopre e potrà anche avere l’effetto di spingere il principale competitor, la Cina, verso un approccio ancora più sostenibile ai suoi piani di sviluppo e di crescita. Anche in Europa credo assisteremo a un’ulteriore accelerazione nella direzione di una ancora maggiore centralità dei temi del cambiamento climatico e dei rischi a esso connessi. Sarà importante, però, che si recuperi il tempo perduto e si colmi il gap che gli Usa hanno accumulato anche nei confronti dell’Europa. Qui, infatti, il non financial reporting è già una realtà, inserito pure nel contesto normativo e in continua evoluzione. Negli Usa sono gli investitori che vogliono sapere dalle imprese la loro posizione su ESG, mentre il governo non è interessato o in grado di richiedere alcuna informativa minima”.

Di certo il ruolo che gli amministratori indipendenti potranno giocare nell’ambito della governance d’impresa sarà di primo piano secondo Dittmeier: “Ritengo che i ned possano e debbano svolgere un ruolo  centrale nell’assicurare che l’organo di amministrazione stabilisca correttamente una vera strategia sul tema climatico e sugli ESG in generale. Tale strategia non è solo una questione di risk management. I consiglieri indipendenti componenti del CCR possono supportare il Cda nel comprendere i rischi potenziali importanti legati ai fattori Esg; sta poi al consiglio di amministrazione stabilire i valori e gli obiettivi strategici verso gli Esg e qui i consiglieri indipendenti, godendo di piena obiettività consapevolezza in merito al problema, giocano di nuovo un ruolo importante. Con un vero piano strategico a disposizione, il comitato rischi può poi focalizzarsi nella fase più gestionale di risk management che monitora i rischi effettivi nel raggiungimento degli obiettivi strategici stabiliti. Inoltre, quando si parla di Esg è bene chiarire ‘chi’ fa ‘che cosa’. Un discorso che vale anche per quanto riguarda i comitati che si occupano di sostenibilità che oggi sono incardinati in quello governance oppure rischi, ma che devono acquisire, al contrario, una maggiore autonomia”.

“Soltanto in questo modo – conclude Dittmeier – ritengo che le imprese, sia  americane sia europee, saranno meglio posizionati per gestire non solo i rischi ma anche cogliere a pieno le opportunità che spero verranno da questa nuova fase politica che parte da Washington”.

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