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Un’analisi comparata del voto dei CdA nel mondo

Nel N. 26 della Rivista (febbraio 2016) pubblicammo un ampio servizio sulla prima edizione della “Italy Corporate Governance Conference” organizzato da Assogestioni e Assonime a Palazzo Mezzanotte a Milano il 3 e 4 dicembre 2015.

La Corporance Governance in Italia

Nel N. 26 della Rivista (febbraio 2016) pubblicammo un ampio servizio sulla prima edizione della “Italy Corporate Governance Conference” organizzato da Assogestioni e Assonime a Palazzo Mezzanotte a Milano il 3 e 4 dicembre 2015.

In quell’occasione commentammo l’intervento sul “Voto di lista”di Marco Ventoruzzo, docente alla Bocconi ed alla Penn State Law School (USA).

Proseguiamo su questo argomento riprendendo alcuni spunti emersi dalla sua analisi comparata del voto dei C.d.A. nel mondo, oggetto del suo intervento su questo tema al secondo Convegno I.C.G tenutosi a Milano a Palazzo Mezzanotte il 2 e 3 dicembre 2016.

Il “Voto di lista” italiano per la nomina del CdA

La moderna attività societaria non è mai stata, non è e non deve essere una “istituzione” democratica. E’ cosa efficiente ed auspicabile che il potere di controllo e di voto vengano attribuiti a chiunque apporta e rischia più capitale. Le società, infatti, devono partecipare al processo democratico ma, per quanto riguarda la loro attività, la democrazia societaria rappresenta un ossimoro. Tuttavia, per garantire l’efficienza e la correttezza auspicata da tutti, i vertici hanno il dovere di assicurarsi che chiunque detenga il comando debba almeno accogliere alcune delle richieste degli altri stakeholders della società, che non possa trarne eccessivi vantaggi privati e che sopporti una quota adeguata di costi di gestione.
In questa prospettiva, i rappresentanti degli azionisti di minoranze, che spesso (ma non sempre) sono investitori istituzionali, devono avere occhi e orecchie nella stanza dei bottoni, devono avere una voce importante e chiara nella cabina di pilotaggio accanto al comandante. Non una voce più alta, ma una voce effettiva.

Il “voto di lista” italiano, introdotto all’epoca delle grandi privatizzazioni degli anni ’90 ed ora esteso a tutte le società quotate, rappresenta obiettivamente l’unico sistema che assicura un livello di proporzionalità nella composizione dei CdA. Non è un sistema perfetto ma può essere migliorato e tutti sappiamo bene che gli amministratori di minoranza non sono e non possono essere una panacea: il voto di lista non è in alcun modo una garanzia di governance impeccabile ma rappresenta un pezzo importante del complesso mosaico di una buona governance.

Alcuni spunti sui principali ordinamenti

Il sistema italiano è un unicum nel panorama mondiale comparato?

Riprendiamo qui una sintesi dell’evoluzione normativa/statutaria nei principali ordinamenti vigenti nel mondo in materia di elezione dei boards.

USA: Proxy Access (voto per procura)

Evidenza empirica nel gennaio 2017:

  • Oltre 50% società S&P hanno adottato il Proxy access (su richiesta e voto azionisti, in via “preventiva” o a seguito di “engagement”), tra cui molte ben note (es. Prudential, Philip Morris, Monsanto, Microsoft, Rite Aid, Whole Foods…);
  • Buon supporto in assemblea: nel 2016, su 77 proposte il 52% è stato approvato;
  • Il primo (ed unico) tentativo di usare concretamente il proxy accesss per la nomina di consiglieri è stato quello di Gabelli Funds (National Fuel Gas).

Limiti del Proxy Access:

  • Una pistola carica ma dal grilletto duro;
  • Liti costose, ma comunque un discreto uso: nel 2016, 212 società interessate con 215 amministratori eletti.

Proposte di regolamentazione e aspetti controversi:

  • Limite all’aggregazione di azionisti per accedere alla delega:
  • Come calcolare partecipazioni di fondi diversi sotto un unico gestore (SGRF/Fund Manager):
  • Eliminazione di divieti alla ricandidatura di soggetti che hanno ricevuto meno di certe percentuali di voto:
  • Azioni in prestito o comunque detenute in assenza di piena proprietà (per es. derivati);
  • Universal Proxy Ballot > unico “listone” con scelta libera degli azionisti dei singoli candidati:
  • Quando una proposta degli azionisti può considerarsi “substatially implemented” dalla società e quindi è escludibile in base alla “SEC Rule 14°-8(i)(10)? (vedasi caso General Electric);
  • Pillole avvelenate contro gli speculatori? (Kahan & Rock, 2017).
  • Mercati: AMEX (American Stock Exchange).

Germania

  • 101(2) della Legge sulle società consente di riservare la nomina di alcuni membri del CdS a particolari azionisti o a specifiche azioni (trasferibili col consenso della società) → ThyssenKrupp AG case (BGH, Beschluss vom 8. 6. 2009 – II ZR 111/08);
  • 127 della Legge sulle società consente a ciascun azionista proporre propri candidati al CdS;
  • pur nella diversità, Mitbestimmung (Partecipazione dei lavoratori).

Francia

  • Nessuna partecipazione, anzi il Codice di Corporate Governance indica come preferibile che non vi siano rappresentanti di specifici gruppi e interessi nel CdA. Tuttavia, nell’ultima versione, c’è qualche attenuazione: ad esempio “salvo casi previsti dalla legge”:
  • Possibile presenza di rappresentanti dei lavoratori…

UK

  • Premium Listed Companies > Listing Rule 9.2.2° : se c’è socio di controllo gli amministratori indipendenti devono essere approvati da azionisti e da “independent shareholders” (possibile whitewash);
  • Voto individuale su candidati anche di diverse liste onde evitare la necessità di approvare/rigettare una lista “in blocco”.

Israele

  • Art. 239 Companies Law (modificata nel 2011), imperativo per società quotate: la maggioranza dei voti assembleari a favore degli outside directors deve comprendere la maggioranza della minoranza; o il totale dei voti contrari non deve eccedere il 2% dei diritti di voto.

Spagna

  • Art. 243 Ley de Sociedades de Capital (ex Art. 137 Ley de Sociedades Anónimas) consente agli azionisti di raggrupparsi e nominare un numero di amministratori = votante / posti cda (es. 1,000 CS / 10 posti = 100; ossia 10% del CS).

Polonia

  • Art. 385 Codice delle società commerciali: azionisti pari al 20% possono chiedere elezione «per gruppi»: # azioni presenti in assemblea / # consiglieri da eleggere = % gruppo per eleggere un amministratore senza poi poter partecipare alla nomina di altri.

Brasile

  • La Legge societaria (Art. 141) consente al 10% di chiedere applicazione voto múltiplo (≈ cumulative), anche se non previsto dallo statuto;
  • Se un consigliere viene revocato, simul stabunt, simul cadent legale per assicurare composizione proporzionale del CdA (Art. 141);
  • La Riforma 2001 prevede che il 15% può nominare un amministratore (e il 10% di azioni senza voto).

 

In complesso:

Restano aperte alcune questioni per l’Italia

Concludiamo questa nota informativa ricordando che su questo tema in Italia rimangono aperte alcune questioni non da poco sulle quali è necessario trovare una soluzione:

  • quando una minoranza diventa maggioranza,
  • la cosiddetta “lista del CdA”,
  • un listone con voto disgiunto sui candidati,
  • può il socio di controllo vanificare la scelta della minoranza?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

(*) Enrico Colombi Direttore responsabile

Franco Morganti, Coordinatore editoriale ([email protected])


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