Altri articoli

Una governance per le aziende familiari ?

C.G. non solo per le big corporations ma fors’anche di più per le PMI

Le sfide

Le sfide e l’impegno per quelli di noi che affrontano la consulenza alle imprese familiari in via di trasformazione sono molte.

  • La necessità di dare una risposta alla crisi di mercato decidendo di unire le forze con una azienda concorrente o sinergica nella propria filiera. Il problema da risolvere sarà: “Ora chi comanda e quali sono le regole del governo e di intesa nella nuova società”?
  • L’opportunità di sostenere lo sviluppo di impresa decidendo di fare entrare nella compagine azionaria nuovi partner.
    Il problema da risolvere sarà: “come strutturare gli accordi per regolamentare la gestione, come costruire un idoneo e tutelante patto tra soci”?
  • L’impellenza di mettere a punto un nuovo assetto di governo dell’azienda di famiglia e della sua compagine azionaria (dopo una storica conduzione monocratica del fondatore, tanto rapida ed efficace, quanto accentrata e incapace di condividere) a fronte di un inevitabile allargamento della compagine azionaria se non nella stessa gestione col coinvolgimento, almeno dei membri della famiglia.
    Il problema da risolvere sarà: “chi predispone le nuove regole e come si gestisce il passaggio generazionale”?

In altre parole, le crescenti sollecitazioni provenienti dal mercato sull’opportunità di sostenere lo sviluppo delle imprese familiari (con partnership finanziarie, industriali o con la quotazione in Borsa) superando i limiti delle risorse del nucleo originario insieme all’esigenza di promuovere l’affrancamento della piccola impresa dal suo fondatore (nei suoi pregi e difetti), a nostro avviso, impongono la formulazione modelli di Governance specificamente studiati per questo tipo di PMI. 
La tematica è complessa perché caratterizzata dalle particolari prerogative dell’azienda familiare alla quale non si può certo pensare di applicare con approccio semplicistico gli stessi schemi, regolamenti e strumenti della Corporate Governance utilizzati per le imprese a capitale diffuso, aperto al mercato e di dimensioni ben superiori.

I problemi specifici

In pratica, la progettazione di un “nuovo modello di C. G. per una azienda familiare”, prima ancora di affrontare tecnicamente le formule e gli strumenti da applicare, richiede una attenta analisi delle numerose relazioni tipiche per queste aziende:

  • azienda/azionista (caratteristiche, attese di performance, coerenze strategiche, accettabilità del rischio) 
  • management/azionista (rapporti, deleghe e controllo, remunerazione)
  • azionisti/compagine azionaria (articolazione, coesione, rapporti di forza, regole e patti).

Tale analisi si rende più complessa per la prevalente “componente famiglia” che condiziona, limita o esalta l’azienda, la sua gestione, il management e la compagine azionaria . E non si trascuri che l’analisi della “componente famiglia” non può essere affrontata con sole visioni qualificative/quantitative ma richiede approcci relazionali dettati da visioni socio-psicologiche che non necessariamente trovano applicazione nel “business tradizionale” .

A titolo di esempio: 
se da un lato, più il modello di business sarà complesso, maturo e sollecitato dal mercato (azienda aperta alla competizione, piuttosto che asservita in un rapporto “contoterzista”), più il modello organizzativo e gestionale sarà evoluto rispetto all’originario schema monolitico (gestione/visione imprenditoriale/proprietà nelle mani della stessa persona), più la compagine azionaria sarà numerosa, meno omogenea e coesa (quote azionarie frazionate da successivi passaggi generazionali con presenza di figure non necessariamente coinvolte nella gestione), più la famiglia sarà “allargata” (nell’accezione sempre più riscontrata anche nella società civile), litigiosa e “affamata di cassa” (il fondatore antepone l’azienda alla famiglia, chi gli succede non sempre) 
d’altro lato, la messa a punto dell’assetto e del modello di “buona governance” sarà complesso e comporterà soluzioni che non solo garantiscano tenuta nel breve medio, ma al contrario prospettino capacità di reggere anche nel tempo ed in presenza di mutamenti che saranno generati non solo dagli accadimenti di mercato e dello scenario competitivo, ma anche della componente familiare. 
Ognuno di noi sa quanto complesso sia sostituire il vertice manageriale di una impresa o trovare nuovi assetti in occasione di un rimescolamento della compagine azionaria. A maggior ragione, in una azienda familiare il cosiddetto “passaggio generazionale” può risultare un momento di elevata criticità sia negli aspetti gestionali che azionari. 
Tanto per fare qualche esempio pratico, si può affermare che in tutti i casi in cui

  • la gestione di impresa è stata condotta da un solo membro della famiglia in modo accentrato, non condiviso da altri membri, ma neppure conforme agli schemi organizzativi manageriali; 
  • i membri di famiglia sono stati esclusi e comunque non motivati, non solo a condividere l’esperienza di gestione della azienda ma anche a ripercorrere esperienze professionali manageriali in altre aziende; 
  • il modello di impresa e di governo è risultato poco appetibile per figure manageriali inserite nell’azienda; 
  • i membri di famiglia non sono stati educati al rispetto del progetto di impresa e ad assumere correttamente anche solo il ruolo di semplice azionista in grado di interagire, delegare e controllare una gestione manageriale

la messa a punto dell’assetto e del modello di “buona governance” sarà complesso e comporterà soluzioni che, ancora una volta, non dovranno garantire tenuta solo nel breve/medio periodo ma, al contrario, dovranno accompagnare e guidare l’evoluzione temporale della componente familiare e dei suoi componenti. 
Non si pensi, peraltro, che la prevalente componente familiare svolga soltanto un ruolo di maggiore complessità nella progettazione di una “buona governance”. Infatti, le prerogative di rapidità, informalità, coesione di intenti (almeno quando sussistono), appartenenza, padronanza dei processi e relativo know how, capacità di attendere nel tempo i risultati, sono tutti fattori positivi per la messa a punto di un progetto di governo di una impresa familiare. Al contrario, il problema si pone in presenza di conflitti tra i soci, conflitti che a volte, proprio per la loro natura personale ed emotiva, divengono difficili non solo da controllare ma anche da sopportare se protratti nel tempo.

Da quanto detto, emerge che per la messa a punto dell’assetto e del modello di “buona governance” di una azienda familiare sono necessarie due premesse:

  • a) un’attenta analisi delle caratteristiche della azienda e della “componente familiare”,
  • b) come ovvio, l’applicazione di strumenti e tecniche di Corporate Governance ormai già ben sperimentati per le grandi imprese quotate e non.

Si tenga però ben presente che nessuna situazione è mai eguale a un’altra e che ogni schema astratto va sempre accompagnato, specie nel caso di aziende familiari, da una dose di buon senso, misura ed equilibrio. 
Un ulteriore elemento da tener presente è il tempo. Il percorso temporale, infatti, non può essere sempre subitaneo, proprio al fine di dare tempo ai membri di famiglia di comprendere e condividere. Il percorso di inserimento di una buona governance sarà quindi anche accompagnato da un adeguato processo di formazione culturale dei soggetti familiari interessati al cambiamento (nuove generazioni interessate ad assumere ruoli di governo e manageriali, ma anche di “semplice azionista”). 

Il quadro giuridico
L’evoluzione del diritto societario negli ultimi anni ha fornito un buon contributo alle tematiche di corporate governance per le aziende familiari. La possibilità di emettere azioni di diversa natura per venire incontro e meglio puntualizzare finalità e ruoli dei soggetti presenti all’interno della compagine azionaria familiare, permettono di trovare soluzioni diverse a problemi diversi. Lo stesso modello “dualistico”, almeno concettualmente, sembra venire incontro alle esigenze di tante aziende familiari costrette, nell’impossibilità di sostituire il fondatore, a doversi limitare al controllo della proprietà e della strategia, lasciando la gestione a risorse manageriali esterne alla famiglia.  
L’alleggerimento operativo e la flessibilità della “srl” rispetto alla “spa”, l’ opportunità non del tutto ancora valorizzata dell’impiego della “s.a.p.a” (Società in accomandita per azioni), hanno allargato lo spettro delle soluzioni societarie. 
Non ha trovato invece ancora una gran diffusione il ricorso al “trust”. Infatti l’incertezza fiscale o anche il senso di spoliazione della proprietà, condizionano ancora fortemente il tentativo di una sua applicazione, a maggior ragione nel caso di una compagine familiare, anche se proprio le sue caratteristiche dovrebbero risultare concettualmente ideali per gestire la variabilità degli eventi futuri, sia pur nel rispetto delle disposizioni del fondatore/settler. 
Il ricorso al “patto di sindacato” risulta relativamente più diffuso, ma l’attenzione alla sua tenuta nel tempo spesso non è in linea con l’esigenza di tracciare regole del gioco in anticipo su eventi temporali (successione imprenditoriale), a volte di impossibile previsione nel tempo. Ciò non di meno, la necessità di definire comunque le regole, sia nell’ambito della gestione che della proprietà, impongono di non lasciare al caso i comportamenti e tanto meno le decisioni dei singoli, magari esacerbate da una acutezza dei problemi e delle relazioni tra soci-familiari che possono evolvere o che sono comunque destinate ad essere caratterizzate da un’accentuazione della propria visione del concetto di famiglia (dalla visione originaria di famiglia condivisa con il padre e i fratelli, a una visione di “nuova” famiglia generata successivamente col matrimonio). Il “patto di famiglia” recentemente introdotto aiuta ma in qualche misura non ha trovato sufficiente diffusione . 

Il nostro ruolo
È nostra opinione che Nedcommunity possa certamente svolgere un ruolo rilevante nel dibattito e nella diffusione di interventi di corporate governance rivolti alle aziende familiari al fine di sostenere, garantire continuità e sviluppare l’importantissima funzione che questo tipo di imprese ha per la nostra economia. Siamo convinti che, insieme all’Associazione Italiana delle Aziende Familiari – AIDAF, potremmo riuscire a compiere una efficace opera di sensibilizzazione su tematiche legislative quali, ad esempio, una rivisitazione della “legittima” e l’introduzione di norme atte a tutelare il “bene azienda familiare” e gli interessi degli stakeholders nei casi in cui certi membri di famiglia abbiano dimostrato incapacità di gestione a causa di dissidi talvolta di natura meramente personale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


  • Condividi articolo:
button up site