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Tecnologia e collaborazione per accelerare le azioni sul clima

Il World Economic Forum descrive l’impatto dell’open innovation nel trovare soluzioni di adattamento e mitigazione per il cambiamento climatico: modalità di lavoro che il cda deve promuovere

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Lo dice anche il World Economic Forum (WEF) “la tecnologia salverà il mondo” ed è per questo che ha fondato, già dal 2000, la community dei Technology Pioneers che è composta da aziende in fase di start up o scale up che progettano, sviluppano ed implementano innovazioni in grado di avere un impatto significativo nella risoluzione dei problemi legati al cambiamento climatico.

Affinché l’innovazione possa dispiegare i suoi affetti su larga scala e nel più breve tempo possibile, è importante che venga rapidamente condivisa e che non persegua nella sua diffusione obiettivi esclusivamente economici.

Ecco perché con il crescere della consapevolezza che il tempo corre e che le deadline di carbon neutrality per la limitazione all’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius (2050) si avvicina velocemente, è necessario che le nuove tecnologie o innovazioni digitali siano sviluppate, implementate e diffuse rapidamente, offrendo ampia visibilità sui progressi e sulle tendenze, allo scopo di ottenere partnerships e risorse per sviluppare le soluzioni più potenziali.

Nel caso di software, la condivisione delle soluzioni innovative è resa facilmente accessibile tramite il cosiddetto “open source”, cioè il codice sorgente del software è liberamente disponibile per eventuali modifiche e ridistribuzioni. Strategico è l’utilizzo di applicazioni in open source per la raccolta e la condivisione di informazioni e dati (“open data”), fondamentali per analizzare i fenomeni climatici e metterli a disposizioni di chi svilupperà ulteriori soluzioni.

Nella lotta al cambiamento climatico infatti non si tratta di trovare un’unica soluzione ma una molteplicità di applicazioni per sistemi e mercati diversi da integrare a tecnologie avanzate, ed è per questo che i principali players coinvolti nella risoluzioni delle tematiche ambientali (pubblici, private, ONG, Università) si stanno muovendo tutti verso la creazione di “open platforms” che consentono alle società e sviluppatori di esporre le proprie innovazioni per metterle a beneficio di una community di utilizzatori che possa essere la più ampia possibile.

Da Microsoft a Stanford, da Eni ad Amazon, dal WEF alla Climate Initiatives Platform (CIP) crescono gli esempi di luoghi virtuali in cui fare sharing di esperienze e soluzioni.

Attualmente, ad esempio, il World Economic Forum incuba più di 40 piattaforme “multistakeholder” finanziate da sovvenzioni messe a disposizioni da società pubblici, privati ma anche fondazioni filantropiche, società civile ed il forum stesso.

Il report “The power of partnerships” del 2022 del WEF evidenzia come, per le prime 13 open platform, analizzate:

  • un grande ruolo sia rivestito dal settore privato (51%) seguito dalla società civile (28%) e solo per il 12% dal settore pubblico
  • sono stati coinvolti ben 190 paesi e 140.000 partecipanti
  • sono state create 127 forme di collaborazione tra partnerships, working group, pilot
  • e circa 21,7 milioni di persone sono state impattate direttamente da quanto sviluppato dalle piattaforme stesse.

Risultati impossibili da immaginare senza un lavoro aperto e collaborativo e basato su un trust reciproco che deve caratterizzare tutti gli stakeholders coinvolti. Per i board si tratta di capire l’importanza di un nuovo modo di fare innovazione, per accelerare i risultati, condividere investimenti e soprattutto accedere a nuove competenze internazionali, contribuendo con le proprie. Perché questa volta il risultato da raggiungere non è solo economico ma è di sopravvivenza della terra.

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