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Sull’ applicazione del cd. divieto di interlocking directorates (cfr. art. 36 L. n. 214/2011)

Sull’applicazione del cd. divieto di interlocking directorates (cfr. art. 36 L. n. 214/2011)

La ratio dell’intervento normativo

La cd. ”manovra salva Italia”, varata con D.L. 201/2011 (convertito in L. 214/2011) ha previsto all’art. 36, con riferimento alle imprese operanti in Italia, il divieto “ai titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti”.

L’intervento normativo risponde all’esigenza di contrastare il fenomeno del cd. interlocking directorates in quanto la presenza di soggetti con funzioni direttive in imprese operanti in concorrenza sugli stessi mercati (in termini di prodotti offerti e zone geografiche di riferimento) è considerata1 strumentale allo sviluppo di pratiche anticoncorrenziali.

La finalità della norma impone di non tener conto dei rapporti di concorrenza meramente potenziali, ma solo di quelli effettivi2

II. Le imprese interessate dal divieto

Le entità interessate dalla disposizione sono – ai sensi dell’art. 36, c. 1, L. 214/2011 – le imprese e i gruppi di imprese operanti nel settore del credito, assicurativo e finanziario.

Ciò detto, la L. 214/2011 non riporta alcuna definizione sulla tipologia di società rientranti tra le imprese operanti nei settori sopra indicati.

Al fine di meglio delimitare l’ambito applicativo del divieto di cui all’art. 36, Banca d’Italia, Consob e Isvap in data 20 aprile 2012 hanno adottato un documento, a nostro avviso di natura interpretativa, che ha “come esclusiva finalità quella di fornire un indirizzo applicativo dell’art. 36 del d.l. 201/2011, in assenza di norme di ulteriore dettaglio. Le indicazioni in esso contenute non vincolano quindi l’Autorità garante della concorrenza e del mercato nell’applicazione e nell’interpretazione delle norme a tutela della concorrenza.” (di seguito il “Documento Congiunto”)3

Il Documento Congiunto individua due ordini di criteri applicativi, uno di carattere soggettivo, l’altro di tipo oggettivo.

In relazione al criterio soggettivo, avendo il legislatore incardinato il sistema sul ruolo delle Autorità di Vigilanza, volta a volta competenti a dichiarare la decadenza in caso di inerzia, si intendono interessati dalla norma tutti i soggetti la cui attività è sottoposta ad autorizzazione e vigilanza ai sensi del TUB, del TUF e del codice delle assicurazioni. Si ritiene pertanto che la disposizione si applichi, inter alia, alle banche, alle compagnie di assicurazione, alle Sicav, alle SIM e alle SGR.

Con riferimento al criterio oggettivo, il Documento Congiunto sottolinea invece come il divieto presupponga intrecci di cariche tra entità di dimensioni tali da assumere un rilievo sotto il profilo della tutela della concorrenza. In tale ottica il Documento Congiunto precisa che il divieto di interlocking troverebbe applicazione quando anche una sola delle imprese (o gruppi di imprese) in cui il soggetto riveste un incarico presenta un fatturato totale4, realizzato a livello nazionale dall’impresa o dal gruppo di appartenenza, di almeno 47 milioni di Euro.

Con riferimento al calcolo del fatturato di un gruppo di imprese non riconducibile al settore bancario, assicurativo o finanziario molti sono i dubbi che sorgono. In particolare ci si è chiesti come il fatturato “debba essere calcolato qualora una SGR sia inserita all’interno di un gruppo industriale, ossia se il fatturato debba essere calcolato in relazione al gruppo di appartenenza o esclusivamente in capo alla singola SGR”5.

III. La nozione di concorrenza rilevante

Il divieto trova applicazione – con evidente richiamo alla nozione di mercato rilevante della disciplina antitrust – solo con riferimento alle imprese e ai gruppi di imprese che operano, almeno per parte delle loro attività, nei medesimi mercati, intesi in senso merceologico e geografico.

Per quanto concerne il mercato del prodotto (rilevante) bisognerà prendere in considerazione imprese o gruppi di imprese che offrono bene e servizi tra loro intercambiabili o sostituibili, in ragione delle loro caratteristiche, dei prezzi e dell’uso.

Con riferimento al mercato geografico (rilevante) bisognerà invece considerare le imprese che forniscono beni o servizi rilevanti (di cui sopra) in zone geografiche coincidenti o contigue, tali da determinare l’assenza di significative possibilità di sostituzione geografica6.

IV. Il rapporto di controllo rilevante 

Con riferimento alla nozione di concorrenza rilevante, ai sensi della disposizione contenuta all’art. 36, c. 2, L. 214/2011, si intendono concorrenti le imprese o i gruppi di imprese tra i quali non vi sono rapporti di controllo ai sensi dell’articolo 7 della L. 287/1991 e che operano nei medesimi mercati di prodotto e geografici.

La norma esclude dal divieto le imprese tra le quali intercorre un rapporto di controllo ai sensi della disciplina antitrust, nell’idea che i rapporti interni al gruppo non debbano essere considerati.

Il divieto quindi riguarda il cumulo di cariche in “imprese” o “gruppi di imprese”:

  • operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari; nonché
  • tra loro concorrenti in quanto non legati da rapporti di controllo e attivi nei medesimi mercati di prodotto e geografici.

V. Il rapporto di concorrenza diretta (tra impresa e impresa) e di concorrenza di gruppo (tra imprese non operanti nel medesimo mercato ma appartenenti a gruppi concorrenti)

Il riferimento a imprese tra loro direttamente concorrenti comporta senz’altro che il cumulo non sia ammesso (e dunque scatti la “sanzione” della decadenza).

Se vi è un rapporto di concorrenza diretta tra le singole imprese in cui si detengono le cariche (come nella fattispecie disciplinata dall’art. 2390 c.c.), a prescindere dall’attività prevalente del gruppo di cui tali società eventualmente fanno parte, il riferimento ai gruppi di imprese è più problematico7.

Invero si tratta di verificare se sia sussistente un rapporto di concorrenza (limitatamente ai mercati creditizi, assicurativi e finanziari) anche tra i gruppi di cui le entità che ne fanno parte non operano nel medesimo mercato del prodotto e geografico ma appartengono a gruppi concorrenti.

L’art. 36 fa riferimento ai gruppi di imprese che operano in concorrenza nei medesimi mercati, indipendentemente dall’ambito di attività della singola impresa di ciascun gruppo. 

Sul piano sostanziale è chiaro che – allo stato attuale della disciplina – un’estesa interpretazione della nozione di “gruppi di imprese concorrenti” porta a un’ampia applicazione del divieto, che potrebbe risultare in taluni casi come sproporzionata rispetto all’obiettivo di prevenire restrizioni della concorrenza nei mercati del credito, assicurativi e finanziari8.

Solo de jure condendo – nell’attesa di auspicabili chiarimenti legislativi – si potrebbe ritenere che la nozione di “gruppi di imprese concorrenti” possa essere analizzata sulla base di un criterio che tenga conto della prevalenza9 delle attività (di natura creditizia, assicurativa e finanziaria) svolte dal gruppo. In questa prospettiva il divieto del cumulo di cariche finirebbe per configurarsi nei seguenti termini: (i) tra società direttamente concorrenti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari, a prescindere dall’attività dell’eventuale gruppo di appartenenza; (ii) nel caso di gruppi che svolgono prevalentemente attività creditizia, assicurativa e finanziaria, il divieto si estenderebbe alle società del gruppo.

In questo senso Assonime ha sostenuto10 che per perseguire gli obiettivi della disciplina e rispettare al tempo stesso il principio di proporzionalità “è auspicabile che l’applicazione del divieto ai gruppi di imprese sia ispirata a un criterio di rilevanza dei problemi concorrenziali che possono sorgere nei mercati del credito, assicurativi e finanziari dalla configurazione della corporate governance”.

In base al Documento Congiunto ricadono nel divieto:

  • gli incroci tra cariche in imprese appartenenti a gruppi diversi, le quali – a livello individuale – sono direttamente attive in mercati concorrenti, nonché tutti i casi in cui l’interlocking riguardi almeno una capogruppo; 
  • le situazioni in cui le cariche ricoperte riguardano imprese, appartenenti a gruppi attivi in mercati in concorrenza, le quali operano individualmente in mercati diversi a condizione che il fatturato a livello nazionale di ciascuna delle imprese considerate sia superiore al 3% del fatturato nazionale del gruppo di appartenenza.

VII. Le persone interessate dal divieto

Per quanto concerne le figure aziendali cui si indirizza il divieto, per “cariche analoghe” deve intendersi vietato il cumulo tra qualsiasi carica nel consiglio di amministrazione, gestione, sorveglianza, nel collegio sindacale e in qualità di funzionario di vertice (non solo quindi amministratore con amministratore o sindaco con sindaco ma anche amministratore con sindaco ecc.). 

Più nel dettaglio si ritiene che il divieto riguardi quindi i componenti dei consigli di amministrazione e dei consigli di gestione, anche quelli che non hanno funzioni esecutive, compresi gli amministratori indipendenti, nonché i componenti dei consigli di sorveglianza e dei collegi sindacali (cfr. Documento Congiunto di Banca d’Italia, Consob e Isvap del 20 aprile 2012).

Sulla base del tenore letterale della norma che si riferisce ai “titolari” delle cariche, non dovranno essere, invece, tenuti in considerazione ai fini del divieto gli incarichi dei sindaci supplenti, fino a quando essi non comincino ad esercitare effettivamente le funzioni in supplenza.

Inoltre il divieto si applica ai “funzionari di vertice”. In questo senso, il divieto riguarda certamente il direttore generale ma potrebbe prudentemente estendersi ai managers di primo livello con responsabilità strategiche (CFO), in relazione alla concreta realtà dell’impresa interessata.

VIII. La rilevanza nazionale della norma

Da ultimo si evidenza che il divieto non si applica:

  • alle cariche assunte in società estere, anche se esse operano in Italia attraverso succursali;
  • alle cariche assunte in succursali di imprese estere operanti in Italia.

In questi casi, infatti, non potrebbe funzionare il meccanismo prefigurato dalla norma (decadenza da entrambe le cariche, dichiarata dall’Autorità di vigilanza di settore in caso di inerzia degli organi interessati), che presuppone il carattere nazionale delle imprese comprese nell’ambito di applicazione del divieto. Viceversa, le società italiane riconducibili ad operatori esteri sono destinatarie del divieto a tutti gli effetti.

IX. Profili procedurali

L’art. 36, c. 2-bis L. 214/2011, quale conseguenza a situazioni di incompatibilità, consente al titolare di cariche incompatibili di optare nel termine di 90 giorni dall’assunzione dell’incarico incompatibile11.

Decorso inutilmente il termine di 90, l’art. 36, c. 2-bis L. 214/2011 prevede uno specifico regime di decadenza da entrambe le cariche.

La decadenza è dichiarata dagli organi competenti entro 30 giorni dalla scadenza del termine o dalla conoscenza dell’inosservanza del divieto. In caso di inerzia da parte degli organi competenti delle imprese, la decadenza è dichiarata dall’Autorità di Vigilanza del settore competente (Banca d’Italia per le Banche, le Sicav e le SGR, Isvap per le compagnie di assicurazione e Consob per le SIM).
***
Considerato quanto sopra descritto ci si chiede se il divieto di interlocking sia o meno efficace per raggiungere il condivisibile intento di incidere positivamente sulla concorrenzialità di banche, assicurazione e società finanziarie. 
In particolare ci si domanda se la disciplina normativa in materia di “interessi degli amministratori” (cfr. art. 2391 c.c.), di “operazioni con parti correlate” (cfr. art. 2391-bis c.c. e Regolamenti di attuazione), di “divieto di concorrenza” (cfr. 2390 c.c.) nonché le raccomandazioni dell’ultima edizione del Codice di Autodisciplina (cfr. art. 2.C.5) laddove raccomanda che “il CEO di un emittente (A) non” assuma “l’incarico di amministratore di un altro emittente (B) non appartenente allo stesso gruppo, di cui sia CEO un amministratore dell’emittente A” non avrebbero potuto assicurare gli stessi risultati senza l’aggiunta di un ulteriore obbligo di comportamento.
In quest’ottica ci si chiede anche se sia corretto e necessario ricomprendere nei soggetti interessati dall’applicazione dell’art. 36 i titolari di cariche negli organi di controllo e gli amministratori non esecutivi e indipendenti ovvero soggetti che per loro natura sono, e devono essere, caratterizzati dal possesso del requisito di indipendenza12.

Pertanto si auspica che in tempi brevi il legislatore intervenga nell’emendare l’art. 36 chiarendo le zone d’ombra e circoscrivendo l’applicabilità del divieto solo ai casi in cui l’intreccio di incarichi può determinare vantaggi concorrenziali ingiusti.

Note

1. Cfr. Autorità garante della concorrenza e del mercato (2008), Indagine conoscitiva sulla corporate governance di banche e assicurazioni, disponibile sul sito internet dell’Autorità (www.agcm.it). Nell’indagine viene constatato come “le principali banche, compagnie di assicurazione e SGR attive in Italia si caratterizzano per l’esistenza di numerosi legami fra concorrenti […]. Con riferimento ai legami personali, l’analisi svolta indica come l’80 per cento dei gruppi esaminati presentino all’interno dei propri organismi di governance soggetti con incarichi nella governance di gruppi concorrenti”. 

2. In questo senso ad esempio si chiarisce – da un punto di vista oggettivo – che “la mera autorizzazione alla prestazione di un servizio – in assenza di un suo concreto svolgimento – non rileva ai fini dell’applicazione del divieto, non essendoci un potenziale pericolo per la concorrenza”: cfr. Assogestioni, Criteri per l’applicazione dell’art. 36 del d.l. “Salva Italia” (cd. divieto di “interlocking”), 26 aprile 2012, pag. 11, secondo la quale “partendo dal presupposto che le imprese o i gruppi di imprese operanti nel mercato industriale non rientrano tra quelle oggetto del divieto in questione, parrebbe opportuno propendere per l’accertamento della soglia in capo alla sola SGR”. Così come anche – da un punto di vista soggettivo – “non vanno tenuti in considerazione ai fini del divieto gli incarichi dei sindaci supplenti, fino a quando essi non comincino ad esercitare effettivamente le funzioni in supplenza”: cfr. Documento Congiunto di Banca d’Italia, Consob e Isvap del 20 aprile 2012, pag. 4. 

3. fr. Criteri per l’applicazione dell’art. 36 del d.l. “Salva Italia” (cd. “divieto di interlocking”), Banca d’Italia, Consob e ISVAP del 20 aprile 2012. 

4. Dove per fatturato deve intendersi, per le banche e gli altri intermediari finanziari, un decimo del totale dell’attivo dello stato patrimoniale, esclusi i conti d’ordine e per le compagnie assicurative, il valore dei premi incassati. 

5. Cfr. Assogestioni, Criteri per l’applicazione dell’art. 36 del d.l. “Salva Italia” (cd. divieto di “interlocking”), 26 aprile 2012, secondo la quale “partendo dal presupposto che le imprese o i gruppi di imprese operanti nel mercato industriale non rientrano tra quelle oggetto del divieto in questione, parrebbe opportuno propendere per l’accertamento della soglia in capo alla sola SGR”. 

6. Secondo Assonime, cit., p. 11, “tra gli elementi pertinenti per la determinazione del mercato geografico rientrano la natura e le caratteristiche dei beni e servizi di cui trattasi, l’incidenza dei costi di trasporto, le preferenze dei consumatori”.

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Note

7. L’espressione “gruppi di imprese concorrenti” è oggetto di discussione tanto che la stessa AGCM ha chiesto che fosse eliminato ogni dubbio interpretativo al riguardo. 

8. In questo senso, per Assonime, Circolare n. 2, Divieto del cumulo di incarichi nel settore finanziario, 8 febbraio 2012, parrebbe “irragionevole, ad esempio, estendere il divieto anche a qualsiasi intreccio tra società di due gruppi manifatturieri per il fatto che ciascuno dei due gruppi detiene, a valle, il controllo di una piccola società di leasing”. 

9. Si tratterebbe dunque di individuare un criterio di prevalenza economico-finanziario-contabile che possa essere utilizzato per tutte le società, e dunque anche per quelle industriali alle quali non si applica la definizione di fatturato indicata nel Documento Congiunto per la soglia di rilevanza, solo con riferimento a banche, intermediari finanziari, imprese di assicurazioni. 

10. Cfr. Assonime, cit. p. 12.

11. Considerato che la L. 214/2011 è entrata in vigore il giorno seguente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (avvenuta il 27 dicembre 2011), le disposizioni in materia di cumulo degli incarichi sono divenute efficaci il giorno 26 aprile p.v.. 

12. L’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano (ODEC, Proposta di emendamento all’art. 36 del D.L. 6.dicembre 2011 n. 201) propone di escludere dal novero dei soggetti destinatari del divieto di interlocking i titolari di cariche negli organi di controllo e i titolari di cariche negli organi di amministrazione dotati dei requisiti di indipendenza. La proposta consiste nell’inserimento di un comma subito dopo il comma 1 del seguente tenore: “Il divieto di cui al primo comma non si applica ai consiglieri non esecutivi che possiedono i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3 del D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercatiregolamentati o da associazioni di categoria, né ai membri del consiglio di amministrazione delle società organizzate secondo il sistema monistico rientranti nel disposto dell’articolo 2409- septiesdecies, secondo comma, del codice civile.”.


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