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Riforma del TUF: effetti sul “creeping control” e il caso Crédit Agricole-Banco BPM

La misura incide anche sulla dialettica tra investitori strategici, tutela delle minoranze e composizione degli organi sociali delle società target, con effetti evidenti in particolare nei contesti contraddistinti da azionariato frazionato

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L’ipotesi di riforma del TUF che innalza la soglia per l’OPA obbligatoria dal 25% al 30% per gli emittenti di maggiore capitalizzazione introduce un riassetto di rilievo nell’equilibrio tra disciplina delle acquisizioni di controllo e tutela degli azionisti di minoranza.

L’impatto sul creeping control

Dal punto di vista di corporate governance, la misura incide sulla dinamica del “creeping control” che opera fisiologicamente “sotto soglia” (ossia la prassi di progressiva acquisizione di un’influenza dominante su una società quotata attraverso incrementi graduali della partecipazione e l’uso di leve di governance restando sotto le soglie che fanno scattare l’OPA obbligatoria) e sulla dialettica tra investitori strategici, tutela delle minoranze e composizione degli organi sociali delle società target, con effetti particolarmente evidenti nei contesti caratterizzati da azionariato frazionato.

Il possibile innalzamento della soglia sembra favorire una logica volta ad aumentare l’influenza senza sostenere subito i costi e gli oneri di un’offerta su tutto il capitale, né pagare un premio di controllo a tutti gli azionisti, pur potendo incidere in modo significativo sulle decisioni sociali.

La razionalità della misura dell’innalzamento dal 25% al 30% può essere sostenuta alla luce della maggiore diffusione del capitale nelle big cap, della presenza di investitori istituzionali e della crescente rilevanza di meccanismi di stewardship che potrebbero rendere più ardua l’estrazione di un controllo di fatto a livelli partecipativi inferiori. Tuttavia, sussiste il rischio di spostare l’asticella oltre un livello in cui un singolo socio, pur sotto il 30%, possa esercitare un’influenza significativa, specie se combinata con l’inerzia assembleare o con la formazione di coalizioni tacita: sfruttando la bassa partecipazione assembleare (“quorum di fatto”) è ben possibile trasformare una quota rilevante ma minoritaria in potere effettivo di indirizzo.

Ne discende l’esigenza di monitorare attentamente la prassi Consob in tema di “concerto” e di identificazione del controllo di fatto anche sotto le soglie formali che si possono concretizzare mediante coalizioni tacite o accordi non dichiarati che integrino un concerto rilevante e che possano stabilmente determinare le decisioni assembleari o gestionali (anche eventualmente mediante il presidio delle nomine in CdA e comitati), nonché l’applicazione della disciplina delle comunicazioni di partecipazioni rilevanti e dei patti parasociali, che rimangono strumenti cruciali per prevenire opacità e che devono essere comunicati e pubblicizzati. La trasparenza è la prima barriera regolatoria al “creeping control”.

Il caso Banco BPM-Crédit Agricole

La diversa soglia produce effetti di diversi livelli sulla disciplina del coordinamento tra regole OPA e assetti proprietari. In presenza di un innalzamento selettivo per le large cap, la coerenza sistematica richiede di mantenere una lettura sostanzialistica del concetto di controllo e di agire nei casi di controllo di fatto ex post, preservando il carattere protettivo dell’OPA obbligatoria. Al contempo, la previsione può ridurre fenomeni di “false OPA” o di offerte forzate in situazioni in cui la soglia del 25% non rispecchiava un effettivo passaggio di controllo, con possibili benefici in termini di efficienza allocativa e stabilità dei mercati.

In tale contesto l’operazione Banco BPM-Crédit Agricole, dove quest’ultima risulta essere il primo azionista con una partecipazione intorno al 20%, avendo anche richiesto alla BCE l’autorizzazione a superare tale soglia e, secondo ricostruzioni di stampa, fino a livelli prossimi al 29,9% (che potrebbe avere luogo anche per effetto di eventuali operazioni straordinarie di business combination), l’innalzamento della soglia rappresenta un ampliamento dello “spazio di manovra” per incrementi partecipativi incrementali senza l’innesco automatico dell’obbligo di OPA totalitaria. Nel caso specifico l’innalzamento al 30% potrebbe incidere sulle traiettorie negoziali in due modi. In primo luogo, aumentando la facoltà di accumulo graduale prima del “trigger” dell’OPA, esso può favorire un approccio più sequenziale all’operazione, incrementando la leva negoziale dell’investitore strategico e potenzialmente accelerando la convergenza verso una soluzione “amichevole” rispetto a un’OPA ostile. In secondo luogo, per la società target e i suoi organi sociali e le minoranze, la modifica suggerisce un rafforzamento degli strumenti di difesa in chiave di buona governance quali: valutazione dei limiti statutari su diritti di voto maggiorati o maggioranze rafforzate nelle materie di maggiore rilevanza, e un’attenzione rigorosa alla disclosure su impegni, relazioni significative e potenziali situazioni di concerto richiedendo un’attenzione dedicata da parte degli organi di BPM di presidiare trasparenza, parità informativa e corretto bilanciamento degli interessi degli stakeholder, specialmente nel dialogo con la platea dei soci di minoranza e con il mercato.

Conclusioni

In conclusione, la riforma prospettata non è neutrale: l’innalzamento della soglia OPA al 30% sposta il baricentro verso una maggiore stabilità degli assetti e tende a ridurre la contendibilità effettiva nelle large cap. In combinazione con partecipazioni stabili e fisiologia dei quorom assembleari, il nuovo livello potrebbe consentire la stabilizzazione di posizioni influenti al di sotto della soglia, con un diritto di uscita per le minoranze “attivabile” con minor agio. In questa cornice, la stabilizzazione degli assetti può risultare compatibile con l’interesse sociale di lungo periodo se accompagnata da meccanismi che garantiscano contendibilità residua, tutela effettiva delle minoranze e allineamento degli interessi di tutti gli stakeholder, tra strategia industriale e aspettative del mercato. Per gli osservatori di corporate governance, la chiave sarà la declinazione applicativa: criteri Consob nella qualificazione del concerto, vigilanza sulla formazione di coalizioni di minoranze forti, integrità della disclosure e uso proporzionato degli strumenti difensivi da parte degli emittenti.

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