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Remunerazione fa rima con sostenibilità

Aumenta in misura significativa la frequenza con cui le società legano il variabile al raggiungimento di obiettivi Esg

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La sostenibilità ormai è strettamente legata alla remunerazione del management, almeno di quello delle grandi aziende. Sulla base dei dati forniti dalla seconda edizione del Rapporto sulla corporate governance in Italia firmato da FIN-GOV, il Centro di ricerche nato nel luglio del 2021 su iniziativa di un gruppo di studiosi della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica, le società legano sempre più il variabile anche al raggiungimento di obiettivi Esg: ciò vale sia per gli Mbo, ovvero gli incentivi a breve termine (che includono parametri Esg nel 56% dei casi, in aumento dal 42% dell’anno precedente) sia per gli Lti, gli incentivi a lungo termine (parametri Esg previsti nel 57% dei casi – in aumento dal 37% dell’anno precedente). Dove è prevista, la componente variabile legata a obiettivi Esg ha un peso stabile (intorno al 18% del totale, sia per la parte Mbo che per quella Lti).

Dall’analisi della misura e composizione del pay mix, elementi importanti per gli investitori chiamati a un voto vincolante sulla policy, emerge inoltre che il pacchetto offerto ai CEO (a target) è composto, in media, per il 49% da compensi fissi e per il 51% da remunerazione variabile (24% MBO a breve termine e 27% LTI a lungo termine). Ovviamente la struttura dei piani di incentivazione è molto diversa da una società all’altra con variazioni in base alla dimensione e all’azionariato dell’emittente. Di certo, come mette in evidenza il report, è aumentata in misura significativa la frequenza con cui le società legano il variabile al raggiungimento di obiettivi ESG: gli incentivi Mbo, per esempio, includono parametri Esg nel 56% dei casi, in aumento dal 42% rispetto all’anno precedente mentre gli Lti parametri Esg nel 57% dei casi – in aumento dal 37% rispetto all’anno precedente). In generale emerge che la componente variabile legata a obiettivi Esg ha un peso stabile (intorno al 18% del totale, sia per la parte Mbo che per quella Lti).

A cambiare, come evidenziato anche da Sandro Catani, coordinatore del Reflection Group di Nedcommunity “Governance delle remunerazioni” in un suo articolo pubblicato sul magazine di novembre, sarà anche il modo di definire la performance grazie alla crescente formalizzazione dei frame work. In questo modo sarà più semplice ovviare all’attuale scarsa materialità delle misure dei fattori ESG utilizzati per i compensi variabili.

Viene da sé che in un contesto in così rapida evoluzione con una sempre crescente attenzione nei confronti degli aspetti Esg, il comitato remunerazione vedrà di certo aumentare il proprio raggio d’azione fino a toccare ambiti fino a oggi esclusivi di altre organizzazioni aziendali, in primo luogo delle risorse umane. Gli affetti, però, si vedranno a cascata su tutto il cda. Il board, infatti, sarà sottoposto per forza di cose a un cambiamento senza precedenti che non potrà che interessare in primo luogo proprio i consiglieri indipendenti. Ne è convinto proprio Massimo Belcredi, direttore di FIN-GOV e associato Nedcommunity: “Gli indipendenti, specie quelli parte del comitato remunerazione, sono chiamati a individuare parametri rappresentativi di uno scopo sociale più ampio, non riconducibile al solo criterio del valore. Un ruolo cui corrispondono maggiori responsabilità”.

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