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Quale presidente per una buona governance?

Qual è il miglior presidente di un CdA, dal punto di vista di una buona governance? Una breve indagine fra amministratori indipendenti mi fa capire che le opinioni non sono univoche. C’è chi ritiene che il presidente debba avere sostanzialmente un ruolo

Qual è il miglior presidente di un CdA, dal punto di vista di una buona governance? Una breve indagine fra amministratori indipendenti mi fa capire che le opinioni non sono univoche.

C’è chi ritiene che il presidente debba avere sostanzialmente un ruolo di rappresentanza e di garanzia e chi sottolinea il ruolo di guida del Consiglio verso strategie di sviluppo sostenibile dell’impresa. Lo stesso Codice di Autodisciplina in vigore non è molto tassativo.

A proposito della separazione dei ruoli di presidente e CEO, si limita a ritenere che tale “separazione possa rafforzare le caratteristiche di imparzialità ed equilibrio che si richiedono al presidente del CdA.” Ma subito dopo attenua il giudizio prendendo atto che “l’esistenza di situazioni di cumulo dei due ruoli può rispondere, in particolare negli emittenti di minori dimensioni, ad apprezzabili esigenze organizzative.” E suggerisce in tal caso di prevedere l’istituzione della figura di un “lead independent director (LID)”. In altro punto aggiunge che tale LID è raccomandabile nel caso in cui il presidente sia la persona che controlla l’emittente – circostanza che, di per sé, non assume connotazioni negative ma richiede comunque la creazione di adeguati contrappesi.”

Cosa dice Assonime

Se andate all’edizione 2015 dello studio “Corporate Governance in Italy (2014)” curato da Assonime (a cui il Comitato Governance di Borsa Italiana si ispira largamente nelle periodiche revisioni del Codice), non trovate un capitolo dedicato al ruolo dei presidenti, ma solo il numero di coloro (in decrescita) che sono qualificati non-esecutivi e indipendenti, contro ben 75 casi (su un campione di 230 emittenti), in cui presidente e CEO coincidono nella stessa persona.

Come mai così scarsa attenzione al ruolo del presidente? Forse perché si considera esauriente il Codice Civile?

Nell’ordinamento italiano la figura del presidente del consiglio di amministrazione delle società per azioni è disciplinata dall’art. 2381 che al primo comma recita: “Salvo diversa previsione dello statuto, il presidente convoca il consiglio di amministrazione, ne fissa l’ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all’ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri”. Tutto qui?

Cosa dice Adrian Cadbury

Andiamo a leggere cosa ne pensava al riguardo Adrian Cadbury, l’autore del codice inglese. Non a caso il libro con le sue riflessioni, a 10 anni dal codice, si intitola “Corporate governance and Chairmanship” (Il governo e la presidenza delle società).

Cadbury impiega 134 pagine per spiegare cos’è e cosa deve fare un chairman. Possibile che in Italia gli dedichiamo solo 3 righe? Per la verità i dubbi erano affiorati anche da noi.

E’ del 2005 un articolo di Susanna Stefani di Corporate Governance sul Corriere Economia che, appunto, si interrogava sul ruolo del presidente definendolo come un ruolo di bilanciamento, una delega morale e “politica”, una garanzia della coesione interna e della continuità. Non a caso nell’Inghilterra di allora il 62% delle società quotate avevano una continuità della presidenza di almeno tre mandati.

Ma veniamo dunque all’Inghilterra di Cadbury, che si confrontava con gli USA dove la posizione di presidente coincideva nella maggioranza delle società quotate con quella di CEO.

Cadbury pensava che forse la differenza fosse legata alla diversa tradizione politica dei presidenti americani rispetto ai loro organi legislativi. Se questa fosse la spiegazione non avremmo dubbi sulla preferenza italiana per una funzione presidenziale di pura garanzia. Così almeno hanno voluto i nostri costituenti. Basta pensare alla reazione suscitata dal presidente Napolitano quando esercitò il suo ruolo in senso più decisionista nella gestione delle recenti crisi di governo.

Cadbury vedeva i presidenti come persone che presiedono i CdA incoraggiando i consiglieri a fare il loro meglio in senso cooperativo. Ma non come direttori d’orchestra che hanno uno spartito davanti. I presidenti devono essere loro stessi i compositori e non possono essere sicuri in anticipo che la musica dei loro solisti suoni correttamente. Devono portare il consiglio a cercare la migliore conclusione nelle date circostanze. Hanno l’autorità del consiglio sulle spalle, mentre i CEO hanno l’autorità che il consiglio delega loro. Di qui parte la ragione per separare i ruoli: i CEO/presidenti hanno un potere eccessivo che deve essere bilanciato (e forse la misura di istituire un lead independent director non è sufficiente). Ma il presidente non può essere esecutivo, nel senso che non ha l’autorità di dare al management istruzioni di qualunque genere. Tuttavia la separazione dei ruoli non è obbligatoria neppure per il codice inglese, come invece raccomandava Cadbury almeno per le società quotate. La si può accettare nelle società di minori dimensioni, ma finché non ricorrano a fonti finanziarie esterne o nelle società dirette dal fondatore finché non si arrivi a dividere le responsabilità di management. Anche il fatto che i presidenti non abbiano compiti di intervento nelle strategie è messo in discussione: ma come può un presidente rappresentare la società all’esterno se non è al corrente delle sue strategie?

Infine ci sono compiti di sorveglianza della governance. del rispetto del codice etico, di supervisione della responsabilità sociale, che non possono essere delegati al management che anzi deve essere richiamato al loro rispetto.

E Bankitalia?

Forse tuttavia qualcosa si muove anche in Italia.

La Banca d’Italia, nelle “Disposizioni di vigilanza per le banche” del maggio 2014, afferma che “Il presidente del CdA svolge una funzione cruciale per garantire il buon funzionamento del consiglio, favorire la dialettica interna e assicurare il bilanciamento dei poteri” e “… promuove l’effettivo funzionamento del sistema di governo societario … e si pone come interlocutore dell’organo con funzione di controllo e dei comitati interni.”

Anche il Tesoro nel 2014 intervenne precisando che il ruolo del presidente, nelle grandi società a controllo pubblico, non debba essere esecutivo e di conseguenza i suoi emolumenti non debbano superare quelli della parte fissa percepita dal vertice dell’organo con funzione di gestione. Fino a poco tempo fa molti presidenti percepivano compensi variabili significativi a fronte di deleghe formalmente non attribuite.

Se facessimo una ricerca EcoDa?

Forse Nedcommunity potrebbe promuovere una ricerca, almeno sulle società principali, per capire il ruolo reale dei loro presidenti e l’entità delle relative retribuzioni. E magari la ricerca potrebbe essere coordinata a livello europeo da EcoDa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Franco Morganti, Coordinatore editoriale ([email protected])


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