Nuovi principi di cg G20/OCSE: Italia promossa in sostenibilità e resilienza
Il presidente onorario di Nedcommunity, Paola SchwizerRiflettori su resilienza e sostenibilità nel corso della prima uscita italiana dei Principi di corporate governance del G20/OCSE approvati a settembre del 2023 dopo un lavoro durato 18 mesi e pubblicati nel novembre dello stesso anno. Il 19 gennaio, nell’ambito dell’annuale conferenza organizzata da Assonime sul governo societario nella sede di Borsa Italiana dal titolo “Sustainable corporate governance: the new G20/OECD Principles, esperti del mondo della finanza, imprenditoriale e della politica, si sono confrontati sul livello di allineamento del nostro sistema produttivo che esce a testa alta soprattutto in merito ai temi ESG.
La conferma, come ha ribadito Patrizia Grieco, presidente di Assonime, è arrivata dalla guida stilata dall’associazione proprio con lo scopo di valutare l’adesione della galassia di aziende del nostro Paese ai nuovi standard G20/OCSE e individuare possibili lacune e aree di miglioramento per offrire ai policy maker nazionali e alle imprese spunti di riflessione per una possibile evoluzione delle regole e delle prassi. L’analisi è corredata da una tabella che sintetizza dettagliatamente l’attuazione di tutti i 29 principi selezionati e delle 111 raccomandazioni sottostanti.
L’Italia raccoglie i frutti dei grandi passi avanti compiuti nel campo della corporate governance e in particolare sul tema della sostenibilità seguiti alla revisione nel 2020 del Codice di autodisciplina. Un percorso che ha visto cda e consiglieri in prima linea, come ha sottolineato la presidente onorario di Nedcommunity, Paola Schwizer che ha partecipato a una delle due tavole rotonde in cui si è articolato il convegno.
Che contributo il board e gli indipendenti hanno portato e possono ancora portare a questa integrazione del tema della sostenibilità nel business complessivo delle aziende? Secondo Schwizer “in primo luogo, fornendo il framing. Parliamo di un fenomeno complesso, bisogna quindi capire quali siano gli aspetti pertinenti per la società e per il settore; è necessario poi che il cda si assicuri che le azioni portate in atto siano coerenti e allineate. Certamente si possono e si devono valorizzare i risultati anche di breve periodo conseguiti sui temi Esg ma il traguardo di lungo termine deve sempre essere tenuto ben presente. Un’altra cosa importante è la gestione del dilemma fra compliance, rischi e opportunità. Per quanto riguarda il primo punto non si può non osservare che ci sono moltissime norme in Europa e di nuove ne usciranno: quindi il rischio è che il tema sostenibilità normato sia visto dal management come un ulteriore ostacolo ed onere e che si finisca per porre un freno a questo percorso evolutivo; i consiglieri devono evitare che ciò accada sapendo in primo luogo navigare fra leggi, conoscendole, essendo in grado di spiegare e portare avanti lo spirito delle norme e gli obiettivi finali. Inoltre, è fondamentale garantire che i rischi di sostenibilità siano integrati nella strategia di risk management e che le opportunità siano ricercate ed esplorate. Questa è la vera sfida”.
Schwizer ha insistito sull’adozione da parte dei cda di una visione a lungo termine: “Nella maggior parte delle aziende l’analisi degli scostamenti si fa year on year. Solo le più virtuose guardano al decennio. Più ci si allena a scrutare un orizzonte di lungo periodo più si diventerà capaci di valutare cosa potrebbe essere rilevante in termini di opportunità e di rischi. Il consiglio, inoltre, può e deve contribuire a definire i confini dell’azienda. Il tema sostenibilità, infatti, li rende più sfumati soprattutto perché l’inclusione degli stakeholder li allarga ulteriormente. Lecito chiedersi che consigliere serva per realizzare tutto questo? Il massimo esperto di sostenibilità? Direi di no. Tutte le aziende hanno fatto almeno due ore di induction sulla sostenibilità nell’ultimo anno. Non credo siano state sufficienti a renderci esperti a tutto tondo. La vera differenza la fa il consigliere che ha competenze “soft” come lungimiranza, acume strategico, capacità di ascolto, di fare la domanda giusta, di allargare l’orizzonte e di aiutare tutto il cda a innovare anche nel mindset e nell’approccio al decision making. Tutte caratteristiche che si riconoscono in molti amministratori indipendenti”.