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L’esperto delle crisi geopolitiche strategico per i cda

La guerra in Ucraina dimostra come le crisi internazionali debbano essere trattate da soggetti con specifiche competenze

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La guerra in Ucraina dimostra come le tensioni geopolitiche debbano entrare nel radar delle aziende e dei loro cda. Come discusso nel corso del webinar organizzato da Nedcommunity dal titolo “Chief Geopolitical Officer: l’esperto delle crisi geopolitiche diventerà una figura necessaria per le aziende?” non c’è settore che possa dirsi al sicuro: energia, materie prime, elettronica, grandi commesse, esportazioni subiscono l’impatto diretto di decisioni e accadimenti lontanissimi e i comitati rischi sono chiamati a inserire il rischio geopolitico nella propria agenda per consentire poi al board di prendere le migliori decisioni di business.

Come ha sottolineato il presidente di Nedcommuity, Maria Pierdicchi, “ci troviamo nostro malgrado a svolgere il webinar nel mezzo di una crisi che sta condizionando le vite nostre e delle nostre aziende. Di certo abbiamo scelto un titolo provocatorio perché è chiaro a tutti come la complessità del contesto economico e politico in cui l’azienda opera rende molto complicata la valutazione di questi rischi. Ecco perché diventa importante poterli monitorare nel breve termine ma anche saperli valutare nei piani con una visione di medio e lungo termine essendo sempre pronti a reagire nel caso in cui i rischi si acuiscano. Per questo motivo è necessario assumere una visione e un approccio più strategico predisponendo mitigazioni e alternative su cui puntare in caso di accentuazione di questi rischi. Un discorso quanto mai attuale per le nostre aziende, esportatrici per definizione”.

I consiglieri e il contesto internazionale

Secondo Stefano Modena, managing partner governance advisors, associato Nedcommunity “il rischio geopolitico assume una grande importanza in un mondo interconnesso. Per questo motivo i consiglieri devono comprendere molto bene il contesto internazionale in cui si muove la propria azienda: anche perché questi rischi hanno sì una bassa probabilità di verificarsi ma quando si presentano hanno un impatto fortissimo. Di certo il comitato rischi ha una responsabilità preminente nell’individuazione dei pericoli geopolitici, d’altro canto una figura specifica come il chief geopolitcal officer assume una valenza particolarmente strategica. Non a caso questo ruolo esiste da quattro anni a livello internazionale ed è spesso in capo al ceo, massimo vertice dell’azienda”. Del resto, viviamo in un mondo sempre più caratterizzato da aree in cui una crisi è pronta ad esplodere. Modena ha invitato a monitorare “l’ambito delle relazioni Russia-Europa e Cina-Europa. Ma anche quello fra Usa-Cina, per non parlare dell’Asia centrale, del Mediterraneo e ovviamente dell’Africa che è un mondo poco considerato ma molto importante per le materie prime e soprattutto perché è luogo di colonizzazione della Cina”. Molti i settori che potrebbero essere coinvolti dall’acuirsi delle tensioni in queste zone: quello dell’energia, delle infrastrutture e delle costruzioni, dell’elettronica. “Le terre rare e il litio, fondamentali per la transizione energetica, rischiano di diventare quello che il gas è oggi: a controllarli, infatti, è un nostro rivale. Emerge la necessità di un modello di analisi adeguato da realizzare in due modi: sviluppo competenze e analisi specifiche a secondo delle necessità”.

Un modello messo in discussione

Marco Valigi, docente di Relazioni Internazionali Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano si è soffermato sulla crisi del modello occidentale: “Dal collasso del regime comunista l’unico paradigma possibile era quello del libero scambio e della globalizzazione che ha portato a ignorare altre realtà. Il contesto internazionale, però, va compreso secondo categorie adeguate che i membri di un cda devono possedere. Per quanto l’azione della Russia possa essere riprovevole e di certo lo è, all’interno del pacchetto degli strumenti di cui uno Stato si è dotato c’è l’uso della forza. Quando si è parte di un certo ambito culturale si tende a non comprendere altre realtà. Il signor Putin con metodi rudi ha ricordato all’Occidente cosa significa essere interdipendenti. Quanto accaduto sta dimostrando che non tutti gli attori internazionali seguono il medesimo principio: la valutazione del rischio che viene fatta a Mosca non è la stessa di quella fatta a Bruxelles. La complessità della situazione che si sta vivendo è legata al fatto che pur sentendoci estranei ai principi che muovono Mosca ci troviamo collegati alle manovre dei suoi governanti: questa è quella viene definita interazione strategica. L’azione di uno condiziona quella dell’altro. Nelle scelte aziendali bisognerà tener conto di questo scenario largamente ignorato dal lato occidentale negli ultimi quindici anni. La Cina ci aveva fatto intendere già qualcosa con la guerra commerciale. La Russia ha la necessità di vedersi rispettata. L’Occidente, però, sta cercando di colpire l’avversario con strumenti che hanno a che fare con il nostro stile di vita: ma la popolazione russa è più attrezzata a sostenere privazioni rispetto a noi. Operando in un contesto internazionale è possibile che modificandosi il peso che l’occidente ha nel mondo le aziende debbano confrontarsi con paradigma differenti”.

L’esperto “rischio Paese”

Per Alessandro Terzulli, chief economist Sace “ciò di cui le aziende hanno un forte bisogno è un esperto ‘rischio Paese’. Un lavoro complesso visto che il rischio Paese non ha una sola taglia e dipende dal tipo di azienda. Nel caso dell’esportatore uno dei rischi principali è quello del rischio del credito, mancato pagamento in una transazione con l’estero, ma si può incorrere anche in dei rischi di natura politica (esproprio, confisca, nazionalizzazione). Un esportatore può anche essere soggetto al rischio di non essere messo nelle condizioni di riuscire a rimpatriare i profitti o il valore dell’investimento. Nel 2022 Sace, nella sua mappa sui rischi, ha evidenziato come sul fronte del credito si osserva una relativa stabilità: non c’è un peggioramento in media nel mondo ma neanche un miglioramento. Da questo punto di vista si nota l’eredità della crisi pandemica. Per quanto riguarda l’attuale situazione la Russia andrà in recessione, che comporterà un aumento del rischio del credito e della probabilità si assista a mancati pagamenti”.

I rischi sopiti

Dina Ravera, amministratore indipendente A2A, Associata Nedcommunity ha fornito il punto di vista interno all’azienda sottolineando la necessità della presenza dei cgo. “Ben vengano soprattutto per spingere i vertici a riflettere di più su alcuni scenari. Esistono aziende anche grandi senza esperienza che si muovono senza criterio quando si accingono a iniziare un business all’estero: in un Paese come la Cina o sai come andarci o è meglio lasciare stare. Oggi si registrano due grandi rischi sopiti: Putin ha fatto vedere l’interdipendenza di filiera, il Covid la centralità della digitalizzazione ma bisogna considerare anche la concentrazione di capitali e il controllo dei dati, entrambi in mano a pochi soggetti. Ci vuole più coscienza in tutte le aziende su questi temi per alzare il livello della discussione”.

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