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Le donne nei CdA non fanno (ancora) la differenza

Nello scorso numero de La Voce degli Indipendenti Livia Amidani Aliberti ha discusso in maniera estremamente dettagliata la legge 120/2011 che prevede delle quote crescenti di amministratori di genere femminile nelle società quotate dal 2012 al 2015, per stabilizzarsi ad un terzo delle posizioni. Le quote saranno in vigore per nove anni, al fine di rompere per un periodo di prova il “soffitto di vetro” che vede le donne sottorappresentate nei CdA. Si tratta di una novità grande rilievo che modificherà i consigli di amministrazione nei prossimi anni. 


Alcuni studiosi di corporate governance hanno cercato di valutare le caratteristiche e gli effetti della presenza delle donne nei CdA fino ad ora. In un articolo su La Voce.info1, Magda Bianco ha evidenziato che nel 47, 3% dei board in cui sono presenti donne, vi sono legami familiari con l’azionista di maggioranza, e che “A parità di altre condizioni, è più probabile che una donna che ha legami di parentela con il controllante (che in media è in possesso di una laurea con minore frequenza di una ‘indipendente’) sieda nel consiglio di società di minori dimensioni, attive nei comparti dei beni di consumo, in cui il consiglio è di maggiori dimensioni, dove la proprietà è più concentrata, ma anche dove tra gli azionisti figurano investitori istituzionali. È invece più probabile che una donna non legata al controllante sieda in un consiglio in società quotate più di recente, quando il controllo non è di tipo familiare, ma fa capo a società estere o è a proprietà diffusa; in imprese che operano nei settori delle telecomunicazioni o dell’informatica; se il CdA è di maggiori dimensioni, è mediamente più giovane, è composto da un numero più elevato di indipendenti. Insomma, si tratta di due modelli molto diversi.


In un recente lavoro con Carlo Drago, Francesco Millo e Paolo Santella2 abbiamo ricostruito la rete delle amministratrici nelle società quotate italiane tra il 2003 ed il 2010. È una rete notevolmente cresciuta, che dal 2003 al 2010 presenta molti più nodi (da 12 a 24) e molte più connessioni (da 13 a 33). Come gli uomini, anche le amministratrici hanno una pluralità di incarichi in diversi CdA. Con riferimento al 2010, Assonime 3 mostra come 182 donne hanno un solo incarico tra CdA e Collegio Sindacale, mentre 16 ne hanno più di uno, fino ad un massimo di sei. In media le donne hanno 1,13 incarichi (appena meno della media di 1,23) ed il numero medio di incarichi detenuti da donne che ne hanno più di uno è 2,63 (più della media di 2,39). Nel numero precedente de La Voce degli Indipendenti ho mostrato come l’effetto di questi incarichi multipli sia negativo sul valore delle imprese. In questo nuovo lavoro si mostra come non vi sia nessun effetto significativo degli incarichi multipli delle donne, mentre viene confermato il risultato per gli incarichi multipli in generale. Interpretiamo questo risultato alla luce di quanto riportato prima: le donne nei CdA sono state fino ad ora spesso funzionali al controllo della società stessa da parte dell’azionista principale. Da questo punto di vista non rileva il genere nell’interlocker ma conta il suo ruolo ai fini del controllo societario.


Non ci possiamo aspettare un risultato univoco della legge sul futuro degli incarichi alle donne: da una parte i gruppi di controllo potranno nominare un maggior numero di donne appartenenti alla famiglia controllante in maniera tale da rispettare la legge e mantenere saldo il controllo; dall’altra parte è possibile che la presenza di nuovi posti in CdA porti alla scelta di donne competenti, in particolare tra gli amministratori non esecutivi ed indipendenti. 

Note

1. “Donne nei CdA, ancora tutto in famiglia”, http://www.lavoce.info/articoli/-categoria48/pagina1002628.html. L’articolo riporta i dati del lavoro di Bianco, Ciavarella e Signoretti (2011). Women on Boards in Italy, Quaderni di Finanza Consob n. 70.

2. “The Role of Women in the Italian Network of Boards of Directors, 2003-2010” (2011), Department of Economics Working Papers n. 10/11, University of Verona.

3. Assonime (2011). Analisi dello stato di attuazione del Codice di Autodisciplina delle società quotate 2010. http://www.assonime.it/AssonimeWEB/public/initAction.do


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