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Le banche chiamate alla prova del climate change  

Le politiche creditizie degli istituti dovranno tenere sempre più conto dell’impatto sull’ambiente. Una sfida anche per i cda

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Anche il mondo creditizio è chiamato a fare la sua parte per agevolare la transizione energetica. Di certo ne è convinta la Bce che sta mettendo in atto politiche che mirano a modificare la politica creditizia proprio in questa direzione. E così, oggi, l’efficienza di una banca si misura guardando anche al Gar, il Green Asset Ratio (Gar), il nuovo indice introdotto dall’Eurotower che serve a identificare il peso degli asset delle banche che finanziano attività sostenibili dal punto di vista ambientale sulla base della tassonomia delineata dall’UE. 

Nel corso di un webinar organizzato il 7 giugno scorso da Chapter Zero Italy the Nedcommunity Climate Forum, intitolato Green Asset Ratio, Taxonomy e Politiche di Credito, si è cercato di comprendere l’impatto di questa novità sugli amministratori degli istituti bancari ma anche su quelli delle società che vogliono accedere al credito bancario.

Un tema quanto mai attuale, quindi, come ha subito ribadito Sabrina Bruno, Carige Board member e componente dello Steering Committee Chapter Zero Italy the Nedcommunity Climate Forum, soprattutto per chi si occupa di governance: ” Sensibilizzare i cda nel mondo rispetto alla sfida del cambiamento climatico è di enorme importanza anche perché il climate change rappresenta un rischio di natura finanziaria. Eppure, come è emerso dagli esiti di un questionario di autovalutazione della Bce che le banche sono state chiamate a redigere nel 2021, la stragrande maggioranza degli istituti di credito non è risultata pronta. Ma ormai adeguarsi non rappresenta più una scelta: si pensi che da quest’anno la Bce ha inserito il rischio climatico nello stress test ai fini SREP”.

Non a caso, come ha ribadito Claudia Pasquini, Responsabile Ufficio Rischi, Controlli e Sostenibilità dell’Abi “si tratta di un tema che sta scalando l’agenda anche in associazione. Ma la responsabilità della transizione non può essere messa totalmente sulle spalle degli istituti. Alcuni input non possono essere autonomamente dati dalle banche ma impressi da altri soggetti. In ogni caso i fattori Esg devono essere visti come opportunità oltre che come un rischio che va integrato nella strategia delle banche. Non tenere contro di queste considerazioni equivale a viaggiare bendati”.

Ma non solo. Ignorare la centralità di questi fattori equivale a ridurre la propria capacità di attirare gli investimenti. Non a caso Valentina Guatri, Senior Associate, ESG analytics, Moody’s ESG Solutions, sottolinea l’importanza del rating di sostenibilità: “La nostra metodologia si basa su norme universalmente riconosciute, emanate da enti sovrannazionali, e sulla valutazione dell’impatto indiretto della politica creditizia: quindi, per esempio, diamo maggiore importanza al fatto che una banca finanzi energia rinnovabile piuttosto che usi energia green nei suoi uffici, valutiamo se una banca aumenta i finanziamenti legati alla transizione energetica o se un istituto adotta processi per misurare le emissioni in portafoglio”.

Rimanendo nel campo delle opportunità Andrea Federico, Oliver Wyman, Partner e Visiting Fellow, EUI ricorda che “secondo un rapporto realizzato con Morgan Stanley sul mondo bancario il rischio di transizione sarà più materiale di quello fisico nel breve termine e le scelte allocative degli investitori istituzionali saranno le prime ad avere effetti economici visibili. Sono 5 i trilioni di dollari all’anno disponibili per finanziare la transizione a partire dal 2030. Si tratta di una grande opportunità per le banche a cui saranno richiesti servizi di diversa natura in questo ambito”.

È chiaro quindi, come sottolinea Francesca Tondi Guy, UniCredit, Board Member e Chair Comitato ESG, Steering Committee Chapter Zero Italy the Nedcommunity Climate Forum che le banche siano chiamate ad “attivarsi nell’incorporazione di queste tematiche nel business aziendale. In Unicredit il rischio del cambiamento climatico è affrontato tenendo presenti quattro ambiti: governance, strategia, risk management, misurazione.  È fondamentale che il rischio climatico coinvolga tutto il board, tutto il management e ogni funzione; deve essere integrato nella più ampia strategia aziendale; l’intero risk management framework deve essere impostato per affrontare il rischio climatico, sia finanziario sia non finanziario (si pensi all’aspetto reputazionale); la strategia climatica deve essere adeguatamente misurata sviluppando kpi a cui legare anche la remunerazione del management. Ma il cambiamento climatico sta già avendo effetti anche sulle politiche di credito. Si pensi al rischio alluvioni in Germania, sempre più frequenti in quel Paese, e che distrugge infrastrutture dei debitori. Unicredit ha realizzato una mappa dei principali rischi fisici e sta valutando il rischio fisico sul portafoglio mutui”.

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