Altri articoli

La UE chiede più controlli, trasparenza e coinvolgimento degli azionisti

Efficienza dei sistemi dei controlli, prevenzione dei conflitti d’interesse

Efficienza dei sistemi dei controlli, prevenzione dei conflitti d’interesse e rivisitazione delle prassi di remunerazione: questi sono i cardini principali sui quali il legislatore comunitario ha fissato il processo di revisione della corporate governance delle società di maggiore interesse pubblico – banche ed emittenti – con l’obiettivo di rendere l’Europa più competitiva.

L’assunto è che una buona corporate governance costituisce un presupposto fondamentale per la crescita economica dell’Unione Europea, che, per essere efficace, deve garantire trasparenza al mercato e un maggiore e più adeguato coinvolgimento degli azionisti.

I recenti interventi comunitari nel settore bancario

Tra i più recenti interventi nel settore bancario si annovera la Direttiva 2013/36/UE (“CRD IV”) del 26 giugno 2013, parzialmente recepita in Italia dallo scorso 7 maggio con la pubblicazione del primo aggiornamento alla Circolare n. 285. Con tale provvedimento sono state introdotte innovative disposizioni sul governo societario enfatizzando innanzitutto (in coerenza il quindicesimo aggiornamento della Circolare 263) la centralità dei sistemi di controllo nell’organizzazione societaria ai fini di un adeguato presidio dei rischi cui la banca si espone. L’organo con funzione di supervisione strategica (coincidente in linea di massima con il consiglio di amministrazione) è stato così investito del compito, non delegabile, di definire e approvare l’assetto dei controlli, verificandone nel tempo la corretta attuazione. Dall’altro lato, è stato dato un nuovo impulso a una netta ripartizione delle attribuzioni e delle responsabilità del consiglio di amministrazione (organo di indirizzo strategico) rispetto a quelle dell’amministratore delegato o del direttore generale (organo con funzione di gestione), con la raccomandazione generale di evitare la duplicazione pletorica di cariche esecutive.

Se queste sono novità “relative”, perché si pongono nel solco tracciato negli ultimi anni già in via applicativa, di portata più dirompente sono, invece, le disposizioni che riguardano la composizione e la nomina degli organi sociali.

Infatti, fermo rimanendo l’assunto quantitativo secondo cui il numero dei componenti degli organi sociali deve essere adeguato alle dimensioni e alla complessità dell’assetto organizzativo della banca, si richiede, tra l’altro, che questi: i) vengano accuratamente selezionati in funzione del ruolo che ricopriranno in consiglio (esecutivo, non esecutivo o indipendente); ii) siano dotati di professionalità adeguate al ruolo che in concreto si intende assegnare loro; iii) abbiano competenze diversificate, in modo da contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi in tutte le aree della banca e iv) dedichino tempo e risorse adeguate alla complessità del loro incarico, con conseguenti significative restrizioni rispetto al passato sul cumulo degli incarichi.

La trasparenza nelle nomine, la loro coerenza rispetto agli esiti del processo di autovalutazione e le competenze vengono, dunque, poste al centro del sistema bancario, trasformando la selezione dei candidati in un processo sicuramente più formalizzato rispetto al passato.

Affinché i consiglieri agiscano con cognizione di causa, viene anche richiesta l’adozione da parte delle banche di piani di formazione adeguati, oltre che (per quelle di maggiori dimensioni) della formalizzazione di piani di successione per garantire la continuità gestionale in caso di cessazione anticipata dall’incarico degli amministratori esecutivi, la cui definizione è diventata più stringente.

Gli amministratori indipendenti dovranno essere almeno un quarto dei membri dell’organo con funzioni di supervisione strategica e andranno inseriti nei comitati specializzati che dovranno essere istituiti dalle banche di maggiori dimensioni: rischi, remunerazione e nomine. Tali comitati dovranno essere composti, di regola, da 3-5 membri, tutti non esecutivi e in maggioranza indipendenti, includendo i componenti eletti dalle minoranze. I comitati devono distinguersi tra di loro per almeno un componente.

Un’enfasi particolare è posta anche con riferimento alla corretta predisposizione di flussi informativi e alla formalizzazione di prassi operative (procedure di convocazione, periodicità delle riunioni, partecipazione) che assicurino una tempestiva ed efficace azione degli organi e dei comitati a tutela dell’efficacia del sistema dei controlli.

A tal fine è fondamentale il ruolo del Presidente, cui compete, tra l’altro, la regia dei lavori consiliari e lo stimolo a un efficace dibattito durante le riunioni, curando l’adeguatezza dei tempi e della qualità dell’informativa in relazione alle materie all’ordine del giorno.

La CRD IV è intervenuta parallelamente al sistema di governo societario anche sul sistema di remunerazione del management delle banche, stabilendo, in particolare, che la parte variabile del compenso non può essere superiore a quella fissa, fatto salvo il suo raddoppiamento se approvato dall’assemblea. Tali previsioni sono state corredate da una serie di precisazioni qualitative sui soggetti ai quali si applica, che – sulla base degli standard tecnici approvati dalla Commissione UE lo scorso marzo – includono i membri del consiglio di amministrazione, i senior managers e coloro che per il ruolo svolto nella banca possono avere un impatto significativo sul profilo di rischio della banca stessa (i c.d. risk takers).

L’applicazione delle previsioni comunitarie è subordinata anche a presupposti di natura quantitative, tra cui il fatto che la remunerazione di riferimento sia superiore a 500 mila euro. Eventuali deroghe dovranno essere preventivamente autorizzate dalle competenti Autorità di Vigilanza.

L’obiettivo è il contenimento dei rischi e la tutela di una sana e prudente gestione, disincentivando pratiche diffuse intese a perseguire il raggiungimento di obiettivi di breve periodo a scapito dei rischi e diffondendo una cultura di massimizzazione dei risultati di lungo periodo, a salvaguardia della stabilità delle banche, siano esse quotate o meno.


Gli interventi comunitari in fase di definizione per gli emittenti

In una direzione per certi versi non dissimile a quella sopra esposta si stanno orientando anche i provvedimenti inclusi nella proposta di direttiva pubblicata lo scorso aprile, modificativa della Direttiva degli Azionisti (2007/36/CE).

In particolare, l’obiettivo di tale provvedimento è di migliorare ulteriormente l’esercizio dei diritti degli azionisti, anche mediante un loro maggiore coinvolgimento nella determinazione delle politiche retributive del management e di rendere più stringente il regime delle operazioni che presentano profili di conflitto di interesse.

L’impianto complessivo degli interventi, anche in questo caso, è posto a salvaguardia del raggiungimento di risultati di medio – lungo periodo della società con un adeguato contenimento dei rischi.

Per ottenere tale risultato la proposta di Direttiva ha tracciato le seguenti misure:

  • il potenziamento del ruolo degli azionisti, ponendoli in condizione di meglio esercitare i propri diritti, anche attraverso una più trasparente informativa ed il contenimento dei costi di partecipazione all’attività sociale;
  • l’adozione di correttivi alla tendenza degli investitori istituzionali e asset manager a privilegiare politiche di rendimento a breve piuttosto che di lungo periodo, richiedono loro di adottare politiche trasparenti di shareholder engagement;
  • il maggiore collegamento tra la remunerazione degli amministratori ed i risultati conseguiti dall’emittente, mediante l’approvazione da parte dell’assemblea almeno ogni tre anni di una remuneration policy e, annualmente, del remuneration report;
  • un maggiore e più stringente controllo delle operazioni con parti correlate, al fine di limitare i conflitti di interesse, richiedendone l’approvazione preventiva da parte dell’assemblea ogni qualvolta il loro valore superi il 5% degli attivi della società o queste impattino significativamente sui risultati dell’emittente; apposite comunicazioni per ogni operazione di valore superiore all’1% degli attivi della società;
  • una maggiore trasparenza dell’operato dei proxy advisor (in particolare, con riferimento a situazioni in cui l’azionariato è diffuso tra soggetti di diverse nazionalità), ai quali viene richiesto di rendere noti i criteri sui quali basano le raccomandazioni di voto;
  • una più efficiente trasmissione delle informazioni agli investitori nel caso in cui le azioni siano detenute tramite intermediari, richiedendo loro di rendere nota l’identità degli azionisti alle società che ne facciano richiesta.

L’auspicio è che dallo sforzo richiesto alle banche e agli emittenti di adeguarsi a una normativa che presenta elementi di non trascurabile complessità discenda un effettivo miglioramento della governance e della trasparenza, nonché un maggior coinvolgimento dell’azionariato nella vita sociale soprattutto su aspetti sensibili quali i conflitti di interesse e l’impianto del sistema delle remunerazioni del management.

Sul fronte dell’informativa è interessante sottolineare che la Commissione ha approvato anche una raccomandazione finalizzata a migliorarne la qualità, richiedendo agli emittenti – in caso di disapplicazione dei codici di autodisciplina di riferimento – di spiegare, tra l’altro, come e perché così è stato deciso e se le misure alternative adottate sono (e in che modo) in grado di garantire una buona corporate governance.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Romina Guglielmetti, Avvocato esperto di corporate governance, svolge attività di consulenza societaria ed è relatrice in convegni e seminari in materia di c.g. e di riequilibrio di genere ([email protected]).


  • Condividi articolo:
button up site