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La remunerazione degli indipendenti nelle società quotate

Introduzione

Il ruolo dei consiglieri non esecutivi ed indipendenti è profondamente cambiato negli ultimi anni. Tale cambiamento per l’Italia è principalmente dovuto al codice di autodisciplina delle società quotate in Borsa, la cui ultima revisione, datata 2006, si è posta l’esplicito obiettivo di rendere più chiaro e concreto il ruolo degli amministratori non esecutivi e indipendenti. Già il principio 2.P.2 riconosce che “gli amministratori non esecutivi apportano le loro specifiche competenze alle discussioni consiliari, contribuendo all’assunzione di decisioni equilibrate e prestando particolare cura alle aree in cui possono manifestarsi conflitti di interesse”. Più in particolare, sono previsti numerosi ruoli riservati agli indipendenti, specialmente in seno ai comitati. Ad esempio, il principio 6.P.2 prevede che “il consiglio di amministrazione valuta se costituire al proprio interno un comitato per le nomine, composto, in maggioranza, da amministratori indipendenti”; il principio 7.P.3 che “il consiglio di amministrazione costituisce al proprio interno un comitato per la remunerazione, composto da amministratori non esecutivi, la maggioranza dei quali indipendenti”; e così via. È bene anche ricordare che, indipendentemente dalla partecipazione o meno ai comitati, gli amministratori non esecutivi ed indipendenti sono sottoposti alle stesse norme del codice civile in tema di responsabilità, previste dagli artt. 2392 e segg., in termini di responsabilità verso la società, verso i creditori sociali e verso singoli soci o terzi. 
Nonostante quest’accresciuto riconoscimento per il ruolo degli amministratori indipendenti, gli accademici che si occupano di Corporate Governance, in realtà molto attenti alla tematica della remunerazione del management e dei consiglieri esecutivi, hanno dedicato relativamente poco spazio all’analisi della remunerazione degli amministratori non esecutivi e degli indipendenti. In particolare, non emergono, da un lato, dettagliate analisi empiriche. Di conseguenza, dall’altro, nemmeno una teoria della remunerazione degli amministratori non esecutivi e indipendenti è stata precedentemente discussa, nonostante diversi sembrino essere i driver che potrebbero essere utilizzati per determinare tale remunerazione: si considerino, ad esempio, una qualche misura dell’impegno dedicato, il livello di professionalità, il livello di responsabilità riconosciuto in termini di rischio, sia economico sia reputazionale. 
In Italia, in particolare, non appare ad oggi essere applicata nessuna logica rigorosa nell’attribuzione delle remunerazioni agli amministratori non esecutivi. Mentre per i compensi ai manager delle aziende, dall’amministratore delegato in giù, si osservano regole e pratiche razionali, non altrettanto si può dire per i compensi dei direttori senza incarichi direzionali, siano essi indipendenti o non. Se le variabili sopra elencate sono generalmente considerate importanti, più spesso prevalgono fattori relazionali o contingenti nella determinazione degli emolumenti. 
In questo articolo si affronta allora il problema considerando diversi contributi. Dapprima viene posta in rassegna la letteratura precedente sul tema. In secondo luogo, vengono esposte le raccomandazioni del codice di autodisciplina delle società italiane quotate in borsa. In seguito, vengono discussi i risultati di un’analisi empirica su quali siano le determinanti della remunerazione dei consiglieri di amministrazione indipendenti.

Letteratura di riferimento sulla remunerazione degli amministratori indipendenti

Secondo la letteratura finanziaria, la remunerazione è uno dei più importanti meccanismi di incentivazione per formare e dirigere il comportamento degli amministratori. 
Negli ultimi anni a livello mondiale c’è stato un chiaro trend di aumento del numero di consiglieri indipendenti nei board: durante questo periodo il loro stipendio è raddoppiato. Ciò suggerisce un particolare mercato del lavoro: non appena una società raggiunge una certa soglia dimensionale cerca attivamente (e premia) un numero maggiore di amministratori indipendenti (forse per conformarsi alle regolamentazioni). 
Un’indagine compiuta da Pearl Meyer & Partners sulle 200 più grandi compagnie americane ha evidenziato che nel 1999 gli outside directors guadagnavano in media 133.672 $, cioè il 17% in più rispetto all’anno precedente e oltre il 70% in più rispetto a 5 anni prima (Schellhardt, 1999). Numerose furono le critiche perché si riteneva che i board non fossero sufficientemente indipendenti dai top manager (Byrne and Melcher, 1996) e si credeva che eccessive compensazioni potessero renderli disattenti nello svolgere il proprio ruolo di monitoraggio e supervisione (Fama and Jensen, 1983). 
C’è tuttavia poca evidenza sui fattori determinanti la compensazione degli outside directors: le prime ricerche su tale argomento sono state compiute da Hempel and Fay (1994) e da Boyd (1996). Hempel and Fay (1994) avevano osservato che tra il 1986 e il 1990 la loro compensazione e quella del board era correlata alla dimensione ed al numero di incontri, mentre non c’era alcuna relazione con la performance dell’impresa o con la compensazione del CEO. Boyd (1996) invece evidenziò che tra il 1980 e il 1987 la dimensione dell’impresa, la sua profittabilità, l’azionariato dei direttori e la ricchezza di risorse erano correlate alla compensazione dei direttori. Entrambi gli studi consideravano però come unica forma di compensazione quella cash, escludendo quindi i pagamenti basati su azioni che, come evidenziato da altri studi, a metà degli anni ’90 costituivano più della metà della remunerazione. 
Le cause dell’aumento della compensazione dei board sono state individuate in due cambiamenti strutturali avvenuti negli anni ’90: l’aumento del numero di cause legali contro i consigli di amministrazione e la crescente scarsità di talenti come outside director (Brenner, 1996) nonostante la domanda per amministratori di qualità e per board più responsabili fosse cresciuta. Nel corso di quegli anni infatti c’erano pressioni per un attivismo che aveva spinto i consiglieri ad assumersi maggiori responsabilità e potenziali passività ed era quindi richiesto l’investimento di maggior tempo e sforzi per svolgere i propri ruoli: l’aumento salariale era perciò anche giustificato dall’assunzione dei rischi e dall’intensificazione degli sforzi. 
Bryan, Hwang, Klein and Lilien (2000) hanno compiuto il primo studio sulla relazione tra un insieme di caratteristiche dell’impresa (performance, sforzi richiesti agli amministratori, monitoraggio, rapporto con la retribuzione del CEO e variabili interne come dimensione e proprietà interna) e la compensazione degli outside directors. Il loro studio si basa sui dati delle imprese americane relativamente agli anni 1992-1997, in cui c’era stata una crescita della remunerazione per gli outside directors del 70%, principalmente dovuta alla crescita della compensazione basata su azioni (azioni e stock options).

La crescita di tale forma di remunerazione era stata documentata anche da altri autori e molti sono stati gli studi sulle conseguenze del cambiamento delle modalità di remunerazione. Perry (1999), in particolare, ha osservato che le imprese con board indipendenti, in cui gli outside directors ricevevano stock options, licenziano con maggiore facilità il CEO in caso di scarse performance. Nel suo lavoro ha inoltre osservato l’esistenza di diverse forme di incentivazione per far in modo che gli outside directorsagiscano indipendentemente dal management: in primo luogo gli obblighi fiduciari imposti dalle leggi statali sulle aziende (tuttavia il meccanismo legato all’impatto della responsabilità legale come incentivo per gli amministratori ad agire indipendentemente dal management è difficile da quantificare) ed in secondo luogo il desiderio di mantenere una buona reputazione come abili persone d’affari e controllori (Fama, 1980; Fama and Jensen, 1983): il “mercato” per i consiglieri influenza le azioni degli amministratori perché un consigliere tenterà di mantenere la reputazione di esperto controllore (anche se l’impatto della reputazione può essere in entrambe le direzioni perché il management potrebbe essere coinvolto nella nomina degli outside ed un amministratore che cerca ulteriori sedie potrebbe cercare di sviluppare una reputazione come individuo che non esamina attentamente le decisioni manageriali). 
Gilson (1990) documenta come gli amministratori che lasciano la società in una situazione di pericolo finanziario ottengano minori cariche in futuro. 
Un ulteriore fattore di condizionamento dei directors sono gli incentivi finanziari, incluse le proprietà azionarie nell’impresa e la compensazione ricevuta per i propri servizi. Morck, Shiefer and Vishny (1988) mostrano che la proprietà da parte degli outside directors è correlata al valore dell’impresa, mentre Hermalin and Weisbach (1998) e Noe and Rebello (1996) hanno sviluppato modelli attraverso i quali suggeriscono che pagamenti basati su incentivi per gli amministratori possono aumentare gli sforzi di monitoraggio eseguiti dal board: per i direttori senza significativi livelli di azionariato, i piani di compensazione basati su azioni forniscono delle ulteriori ragioni finanziarie per “pensare come azionisti”, mentre se il piano di incentivazione è dato a consiglieri indipendenti con una già ampia proprietà azionaria può avere solo un piccolo impatto incrementale nella motivazione a monitorare il management. Shivdasani (1993) mette inoltre in evidenza che la proprietà da parte di outside directors indipendenti è negativamente correlata alla probabilità che l’impresa sia soggetta ad un tentativo di hostile takeover.

Indicazioni del codice di autodisciplina e letteratura di riferimento

Da un punto di vista normativo, l’art. 2389 del Codice Civile sancisce che, per le società per azioni, l’organo deputato a fissare il compenso degli amministratori è l’assemblea. Questo vale almeno per il sistema tradizionale e monistico di corporate governance, mentre nel sistema dualistico il compenso dei consiglieri di gestione è determinato dal consiglio di sorveglianza, salvo che lo statuto rimetta il compito all’assemblea. (dall’art. 2409 noviesdecies). Una deroga è però prevista per gli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto, che viene determinata dal Consiglio di amministrazione, sentito il parere del Collegio sindacale. 
Il codice ovviamente non entra per nulla nel merito dei criteri da tenere presenti nella individuazione della quantificazione del compenso. Tali criteri vengono invece suggeriti dal Codice di Autodisciplina delle società quotate. Il codice di autodisciplina, in Italia, prevede diversi principi relativi alla determinazione delle remunerazioni degli amministratori. Il principio 7.P.1 sancisce innanzitutto che “la remunerazione degli amministratori è stabilita in misura sufficiente ad attrarre, trattenere e motivare consiglieri dotati delle qualità professionali richieste per gestire con successo l’emittente”. Rispetto agli amministratori esecutivi, inoltre, il principio 7.P.2 specifica che “la remunerazione degli amministratori esecutivi è articolata in modo tale da allineare i loro interessi con il perseguimento dell’obiettivo prioritario della creazione di valore per gli azionisti in un orizzonte di medio – lungo periodo”. Diversa è invece l’indicazione nei confronti degli amministratori non esecutivi, per i quali il criterio 7.C.2 spiega che “la remunerazione degli amministratori non esecutivi è commisurata all’impegno richiesto a ciascuno di essi, tenuto conto dell’eventuale partecipazione ad uno o più comitati”. 
Appare dunque chiaro che il concetto chiave attorno al quale deve ruotare qualunque teoria della remunerazione degli amministratori non esecutivi e indipendenti è una qualche misura dell’impegno necessario per lo svolgimento diligente della loro attività; e che, all’interno di questa misura di impegno, è necessario tenere conto del peso della partecipazione ai comitati. Ciò appare giustificabile visto che, dal punto di vista della responsabilità civile, tutti gli amministratori non esecutivi ed indipendenti sono sottoposti ad uno stesso insieme di norme. 
Ora, resta da definire quali siano le determinanti dell’impegno richiesto ai consiglieri non esecutivi. In prima analisi, si può dire che l’impegno richiesto è in qualche modo una funzione della complessità della gestione, e che questa può essere, a prima vista, ben approssimata da due indicatori quali la dimensione aziendale e l’industria di riferimento. In particolare, fra i settori va distinto il caso delle imprese bancarie e finanziarie, nonché quello delle industrie regolamentate. La mole della normativa di riferimento è infatti necessariamente causa di un impegno professionale maggiore per il buon amministratore.
Le tabelle da 1 a 4 riportano i valori massimi, minimi e mediani per le remunerazioni degli amministratori delle società italiane nel 2008, disaggregati rispetto alle dimensioni aziendali ed all’industria (rispetto alla quale si è semplicemente differenziato il caso delle imprese bancarie ed assicurative dalle altre). Si noti che queste remunerazioni tengono conto della sola componente fissa della remunerazione (comunque prevalente per non esecutivi ed indipendenti) e che include ma non distingue il compenso per la partecipazione ai vari comitati. 
In generale, però, si può concludere come la complessità dell’impresa, in termini di dimensione ed appartenenza a specifici settori, sia la principale determinante dell’impegno richiesto, in termini di tempo, ad un amministratore, e di conseguenza sia il punto di riferimento per la definizione di una remunerazione equilibrata degli amministratori non esecutivi ed indipendenti. Il riconoscimento di determinate qualità professionali, di una maggiore reputazione, ed altro, possono essere considerati quali aspetti complementari da considerare per un sistema di remunerazione ottimale. 
Per evitare che situazioni anomale possano troppo influenzare i valori medi, abbiamo deciso di riferirci ai valori mediani

Conclusioni

In questo articolo sono state discusse le determinanti della remunerazione dei consiglieri di amministrazione indipendenti che siedono nei consigli in Italia. Alla luce della letteratura precedente, e considerate le indicazioni della disciplina di autoregolamentazione, abbiamo riportato i risultati di un’analisi empirica delle determinanti della remunerazione dei consiglieri di amministrazione in Italia, distinguendo le specificità dei non esecutivi e degli indipendenti. 
Le nostre analisi relative agli amministratori esecutivi hanno dato esiti in linea con le aspettative e con i risultati già evidenziati dai precedenti studi realizzati sui mercati esteri quali i legami fortemente positivi tra remunerazione e dimensione d’impresa, possesso azionario e piani di incentivazione equity based, ed una maggior remunerazione nel settore finanziario. Rispetto ai non esecutivi, abbiamo evidenziato il ruolo del multiseat, penalizzante in generale, ma premiante se limitato alle cariche indipendenti, oltre all’effetto dell’indipendenza del board e dell’età dell’amministratore. Le osservazioni più intriganti sono quelle relative agli amministratori indipendenti. Da un lato, la loro remunerazione è positivamente influenzata dal livello medio di remunerazione degli esecutivi, e dalla presenza di un presidente indipendente. Dall’altro, è stata individuata una relazione negativa tra il rischio d’impresa, misurato tramite la variabilità del ROE ed il beta di mercato, e la remunerazione dei consiglieri di amministrazione indipendenti. Questo risultato è in contrasto sia con le nostre aspettative sia con quanto osservato in altri studi (ad esempio negli USA) e potrebbe essere sintomo di un’inefficienza dei sistemi di remunerazione in Italia, laddove le società più bisognose di un controllo necessario a tutela degli interessi di tutti gli stakeholders, in realtà, incentivano di meno il controllo da parte degli amministratori indipendenti.

Tabelle

Tabella 1 – Remunerazione anno 2008 in Italia (TOTALI)

 NMinMaxMediana
Esecutivi industriali43907.948.210225.276
Non esecutivi industriali51204.142.00030.000
Indipendenti industriali72401.093.00025.000
Presidenti industriali20505.560.000258.000
Esecutivi banking&finance14004.843.898261.500
Non esecutivi banking&finance2371.0001.820.50560.000
Indipendenti banking&finance3070663.83954.250
Presidenti banking&finance5610.0004.719.250352.020

Tabella 2 – Remunerazione anno 2008 in Italia imprese (meno di 50 dipendenti)

 NMinMaxMediana
Esecutivi industriali116.913527.915108.800
Non esecutivi industriali155.000370.68417.340
Indipendenti industriali173.125292.00012.000
Presidenti industriali741.400272.00096.700
Esecutivi banking&finance120998.73050.894
Non esecutivi banking&finance123.00026.00010.000
Indipendenti banking&finance24017.9808.250
Presidenti banking&finance510.000758.20633.480

Tabella 3 – Remunerazione anno 2008 in Italia medie imprese (tra 50 e 250 dipendenti)

 NMinMaxMediana
Esecutivi industriali5902.240.000115.000
Non esecutivi industriali460283.00015.000
Indipendenti industriali670112.00015.000
Presidenti industriali260850.000127.500
Esecutivi banking&finance230785.000262.000
Non esecutivi banking&finance431.000938.60035.000
Indipendenti banking&finance29268334.25025.000
Presidenti banking&finance1125.0004.719.250150.000

Tabella 4 – Remunerazione anno 2008 in Italia grandi imprese (più di 250 dipendenti)

 NMinMaxMediana
Esecutivi industriali34805.773.825283.840
Non esecutivi industriali41104.142.00031.583
Indipendenti industriali58801.093.00025.000
Presidenti industriali15905.560.000268.580
Esecutivi banking&finance9215.7594.843.898260.500
Non esecutivi banking&finance1533.0001.820.50562.000
Indipendenti banking&finance1762.445663.83968.000
Presidenti banking&finance3225.0004.501.743380.625

Tabella – Remunerazione anno 2008 in Italia grandi imprese (più di 250 dipendenti)

Amministratori EsecutiviAmministratori Non EsecutiviAmministratori Indipendenti
DeterminantiSegno e significativitàDeterminantiSegno e significativitàDeterminanti
Dimensione dell’impresa+ (***)Dimensione dell’impresa+ (***)Dimensione dell’impresa
Proprietà azionaria diretta+ (*)Proprietà azionaria diretta+ (*)Leverage
Leverage– (***)Leverage– (***)Settore finanziario
Piani di remunerazione Equity Based+ (***)Settore finanziario+ (***)Multiseat (come indipendente)
Settore finanziario+ (***)Multiseat (totale)– (**)Indipendenza del consiglio
  Multiseat (come indipendente)+ (*)Età
  Indipendenti+ (**)Presidente Indipendente
  Indipendenza del consiglio+ (**)Remunerazione media esecutivi
  Età+ (*)Variabilità del ROE
    Beta di mercato

Livello di significatività dei coefficienti: *** 99%; ** 95%; * 90%

Nota: Per leggere l’articolo completo in versione integrale, comprensivo di Bibliografia, vai alla sezione pubblicazioni.

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