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La governance fattore di competitività anche per le non quotate

In un convegno tenutosi al Centro Svizzero, l’attenzione è stata posta sulle sfide, presenti e future, che impongono a tutte le imprese l’adozione di un governo societario adeguato, come indicato nelle Linee Guida e nei Principi di CG adottati da Nedcommunity

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“La buona governance non è più soltanto un virtuosismo, rappresenta oggi per tutte le aziende non quotate un elemento di forte competitività nel loro futuro”. Con questa considerazione Roberto Cravero, coordinatore del Reflection Group La corporate  governance delle aziende non quotate, ha aperto i lavori del convegno organizzato il 25 novembre al Centro Svizzero nel corso del quale è stato fatto il punto su Linee Guida e Principi di Corporate Governance realizzati da Nedcommunity per le aziende non quotate.

“Presentare questi principi di buona governance per le non quotate – ha sottolineato – è una buona occasione per porre l’enfasi su un concetto semplice e fondamentale allo stesso tempo: la rilevanza della corporate governance per tutte le imprese, in particolare per quelle non quotate, che per loro natura non sono soggette a regolamentazioni particolari, né a codici di autodisciplina.

La governance diventa centrale per mantenere e sviluppare la resilienza, ma rappresenta allo stesso tempo una chiave di successo in grado di migliorare la profittabilità nel tempo. L’OCSE ha dichiarato che una migliore corporate governance per le società non quotate è in grado non solo di creare il potenziale per migliorarne significativamente la produttività, ma anche di aumentare la creazione di posti di lavoro. Questo concetto assume rilevanza ancora maggiore in Italia dove, secondo Bankitalia, i due terzi del valore aggiunto è creato proprio da Pmi ed è a queste collegato quasi l’80 per cento degli occupati complessivi. Non va infatti dimenticato che tali percentuali sono mediamente superiori di un 10 per cento rispetto alla media europea.
Altri fenomeni che portano a enfatizzare la centralità del mondo delle non quotate sono il processo in atto di progressivo e costante allontanamento delle società dai mercati regolati (nel Forum organizzato da Nedcommunity è emerso che dal 2015 ad oggi le società che hanno realizzato il delisting sono state 30mila) e la previsione di cancellazione nella legge di bilancio 2023 del bonus concesso a chi intendeva avviarsi alla quotazione. Ma gli sforzi devono essere diretti verso il mondo delle non quotate anche per altri motivi.
Il primo è che la buona governance aiuta queste società a ricercare e ottenere il successo sostenibile, la cui centralità è legata anche al sempre maggior sviluppo dei concetti ESG.
Il secondo è che l’evoluzione normativa sul reporting, con la recente approvazione a cura del Parlamento europeo della Corporate Sustainability Reporting Directive (“CSRD”), implicherà un importante ampliamento del numero dei soggetti obbligati alla reportistica integrata. Le stime prevedono il coinvolgimento di almeno 50mila aziende in Europa, contro le 11.700 attuali e di 4/5.000 soggetti in Italia, contro le poche centinaia di oggi.  
La prossima pubblicazione della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (“CSDDD”) implicherà l’avvicinamento a tale reportistica anche a soggetti di dimensione più ridotta, se parte della cd. “catena del valore” di grandi imprese.  E anche in tale caso la governance è il motore del processo.
Infine, non va dimenticato, e questo è il terzo valido motivo, che la regolamentazione bancaria italiana si sta allineando alla Direttiva europea che vede sempre più determinanti i rating ESG, o di sostenibilità, per determinare il merito creditizio di un soggetto da affidare. Ne deriva che gli Istituti di Credito dovranno procedere alla misurazione della capacità di ogni azienda da affidare di realizzare obiettivi ambientale, sociali e di governo e, qualora ciò non si verifichi, di capire se tale mancata compatibilità ambientale debba portare ad una sola riduzione del merito creditizio, con inevitabile effetti sulle condizioni economico di accesso al credito, o invece, nel peggiore dei casi, sia tale da condizionarne l’erogazione”.

Enrico Maria Bignami, ex coordinatore del Reflection Group La corporate governance delle aziende non quotate, ha ricordato la prima versione dei Principi, un documento di 16 pagine pubblicato nel 2015, già allora predisposto sulla base delle linee guida elaborate nel 2010 da ecoDa, la confederazione europea delle associazioni di amministratori indipendenti (Corporate Governance Guidance and Principles for Unlisted Companies in Europe), di cui Nedcommunity è membro ufficiale. Un punto, questo, ricordato con orgoglio proprio da Pascal Durad-Barthez, Membro del Comitato di Advocacy di ecoDa, intervenuto al convegno.

La prassi italiana

Ma qual è il valore aggiunto di queste linee guida rispetto a quelle di ecoDa? Il primo a cercare di trovare una rispostaè Alessandro Minichilli, professore Ordinario del Dipartimento di Managment e Tecnologia Università Bocconi e associato Nedcommunity:“Come detto, le linee guida non sono solo un risultato del nostro lavoro, ma derivano da un documento europeo, che rappresenta la base di partenza, poi profondamente adattato per rendere i Principi in esso contenuti compatibili con le disposizioni normative e le prassi italiane. Le grandi novità a livello di contenuto consistono nella forte enfasi sulla governance proprietaria. È stata poi posta l’enfasi sui temi ESG, vissuti in logica non solo strumentale. Terzo aspetto del documento, è che in esso sono reperibili una serie di strumenti pratici, mutuati dall’esperienza delle società quotate italiane nel loro percorso di governance: un esempio su tutti, l’enfasi sull’induction.
Infine, non si tratta di un Codice, ma di una serie di Principi di volontaria applicazione da parte delle aziende. Per queste ragioni, crediamo possa essere un documento utile, che riflette lo stato dell’arte di oggi. Come sarà però possibile monitorare nel tempo l’adozione dei Principi nel mondo delle non quotate, considerando che essi hanno natura volontaria e non è previsto alcun meccanismo comply or explain?
Il monitoraggio avverrà in maniera indiretta nei prossimi anni. Per certo oggi partiamo da una situazione assai complessa nella goverance: delle 80mila Pmi fra 2 e 50 milioni di fatturato, il 42% è governata da un amministratore unico. Ma anche nelle 6mila aziende più grandi, il 20 per cento ha ancora un amministratore unico. La distribuzione geografica vede Puglia, Campania e Calabria con il 70 e più per cento dei casi. Parliamo di situazioni in cui si registra, di fatto, l’assenza di governance. Un concetto sul quale ragionare, e che potrebbe rappresentare un punto di partenza, potrebbe essere l’adozione di un advisory board, concetto presente nel Principi europei. Una Pmi potrebbe trovarlo interessante in una fase iniziale di crescita, come elemento utile per un training sui temi di governance, prima di aprire il board a soggetti esterni indipendenti. Esso non rappresenta un organo con responsabilità e poteri decisionali, ma crediamo che la creazione di un advisory board possa essere uno step iniziale, per molte società, nel lungo percorso di creazione di un board più articolato e diversificato”.

Daniela Montemerlo, professoressa ordinaria del Dipartimento di Economia all’Università dell’Insubria e SDA Bocconi Affiliate Professor, Associata Nedcommunity si è soffermata sulla governance delle grandi aziende per sfatare un mito: “Pensiamo sempre alle grandi imprese come a quelle in cui la governance è naturalmente più sofisticata. Sappiamo da molti osservatori che la buona governance favorisce la crescita profittevole. Le grandi imprese hanno un indice di buona governance mediamente più alto, ma qualche ombra ancora esiste: non possiamo di certo affermare che le imprese grandi siano migliorate di più, forse negli ultimi tempi sono proprio le imprese più grandi ad aver avuto una crescita sbilanciata del loro sistema di governance.
In molte di esse si trova oggi un ceo che assume il ruolo di direttore generale e, a volte, anche di responsabile di funzione. E, non poco frequentemente, gli amministratori non esecutivi hanno poca voce in capitolo. Il sistema di governance, dunque, tende ad essere carente anche nelle grandi imprese.
Le nostre linee guida rappresentano un compendio che tocca tutte le aree di lavoro, dando indicazioni a 360 gradi, in una logica di proporzionalità. Le imprese più piccole selezioneranno fra i Principi guida quelli più consoni per la loro realtà. Le grandi imprese, invece, a nostro avviso dovrebbero adottarlo in toto, costruendo un sistema completo nell’architettura e nel funzionamento. Si deve, e si può, partire da questo documento e utilizzarlo come strumento di lavoro per un tagliando omnibus, dai gruppi di soci, dai consigli di amministrazione e dai vari stakeholder legati alle società non quotate”.

Roberta Pierantoni, associata Nedcommunity,ha analizzato gli aspetti giuridici. “Il RG auspica che questo documento possa contribuire a introdurre o migliorare la governance delle nostre società non quotate, o delle Pmi. Come evidenziato spesso si tende a dire che nelle piccole società è impensabile parlare di governance. Ma credo sia una responsabilità di tutti noi far riflettere sul fatto che le cose non stanno così. Nel nostro ruolo di consulenti dovremo sensibilizzare e condurre imprenditori e management ad adottare una governance adeguata. Dovremo avere la capacità di far capire che solo agendo in modo determinato si avrà la possibilità di dirottare le energie verso la definizione della governance e, a seguire, questa iniziativa potrà produrre i risultati attesi. Dai vari osservatori emerge come sia necessario partire proprio dallo statuto, uno strumento di eccezionale importanza per ogni società.
Portare l’imprenditore a riflettere sull’opportunità di prevedere già nello statuto l’introduzione di amministratori indipendenti nel consiglio, potrebbe rappresentare un segnale importante, anche per i vari stakeholder coinvolti. Ma non sarà un passaggio semplice. Occorre infatti riflettere innanzi tutto sull’introduzione di politiche di diversità, intesa anche come mix di competenze, elemento utile e che può portare un valore aggiunto ad ogni società non quotata, Allo stesso tempo si dovrà far comprendere che il diritto all’informativa, che spetta ad ogni amministratore, è un grande valore anche per l’azienda, per la possibilità che essa ha di avere visioni e spunti fondamentali. Altro tema di rilievo è l’importanza per l’amministratore delegato di procedere alla definizione degli adeguati assetti, amministrativi e contabili della società. A ciò farà seguito la verifica dell’adeguatezza di tali assetti da parte degli altri amministratori non esecutivi. Da ciò dipende lo sviluppo di un business sostenibile. E per tutte queste ragioni la gestione dei rischi nelle piccole società deve esserci e, per essere vincente, ogni società dovrà iniziare a pensare alla propria corporate governance”.

Linee guida alla prova delle non quotate

La seconda parte del convegno ha visto lo svolgimento di una tavola rotonda coordinata da Guido Ferrarini, presidente del Comitato scientifico di Nedcommunity, nel corso della quale esponenti dell’imprenditoria e non solo hanno portato la loro testimonianza concreta sulla strategica centralità della governance anche nelle aziende familiari con un focus su passaggio generazionale e sfida di sostenibilità. “Un test importante, di collaudo con imprenditori e imprenditrici, manager di Pmi e anche con un professionista e un collega accademico” come ha sottolineato Ferrarini che ha ricordato come si stia parlando, quando ci si riferisce alle aziende non quotate, di “un mondo diverso dove non è possibile applicare automaticamente il codice di autodisciplina”.

Costanza Musso, co-ceo Gruppo Grendi, azienda storica specializzata nel trasporto merci in particolare su container, condivide il ruolo di capo azienda con il fratello. “Nel leggere questi principi io trovo un percorso che noi abbiamo realizzato. Ho avuto chiaro dal 2000, iniziando a frequentare Aidaf, che dovevamo lavorare nella direzione dell’adozione di un’adeguata corporate governance. Oggi teniamo un cda al mese abbiamo NED che hanno portato le loro professionalità, uno dei due diventerà presto il nostro D.G.”.

Michela Conterno, ceo di LATI Industria Termoplastici S.p.A. ha raccontato come il passaggio generazionale sia stato ben pianificato: “Azionariato e governance– ha spiegatopossono essere strutturate per facilitare la successione. Nel nostro caso, però, c’è stata anche la piena consapevolezza, da parte di mio padre, della necessità di passare il testimone, una scelta non da tutti i capifamiglia adottati. Quando mi sono insediata ho trovato un organo amministrativo adatto a monitorare l’andamento aziendale ma più organo di controllo, che strategico. Oggi ho voluto dare impulso per farlo crescere dimensionalmente arrivando a 9, membri 3 familiari con una forte presenza femminile (il 56%) e con una funzione strategica. È importante che il consiglio non sia un raduno di “yes men”.

Allegra Mondello, deputy chair di Costacurta, azienda produttrice di componenti metalliche che ha compiuto cento anni, ha considerato: “La corporate governance è per noi fondamentale e dal 2006 abbiamo aperto il nostro consiglio di amministrazione in origine composto da tre soggetti interni, anche a tre soggetti indipendenti: un docente universitario e due ad di multinazionali. Questi soggetti presiedono ciascuno uno dei tre comitati esistenti: il Comitato controllo interno, il Comitato risorse umane, e il Comitato strategy and business policy. Mi sono ritrovata molto con i principi esposti da Nedcommunity e da parte mia posso affermare che una buona Corporate governance, pur comportando l’aumento degli oneri di gestione, è senz’altro utile e i benefici che ne abbiamo sono certamente superiori”.  

Marta Testi, ceo ELITEEuronext Group, ha ricordato come la governance assuma un valore anche agli occhi degli investitori e di tutti gli stakeholder: “Parliamo di uno strumento fondamentale per creare valore. Qualsiasi soggetto che investe nella guarderà al tipo di governance e alla sua efficienza”.

Gianluca Bolelli, chair di E. Boselli & C. S.p.A e di CFO Sim: “Sia come consulente sia come componente del consiglio di amministrazione, seguo le aziende familiari. La governance è un modo per aiutare le imprese a crescere e riuscire a valutare tutte le opzioni in campo quando si devono prendere delle decisioni. Aiuta a far riflettere, le linee guida e i Principi sono un distillato delle esperienze che ho vissuto, e in essi si trovano le indicazioni di come condurre l’ingresso dei soggetti terzi nelle aziende familiari”.

Giacomo De Laurentis, professore ordinario del Dipartimento di Finanza, Università Bocconi si è soffermato in particolare sul tema degli Esg con un focus su banche. “È possibile che chi fa attenzione ai principi Esg possa portare a casa dalle banche maggiore credito a tasso più basso? Questi ultimissimi mesi rappresentano uno spartiacque fra un passato in cui la risposta era “no” e un presente in cui è “sì”. Le banche stanno attivamente rispondendo con scelte di portafoglio e politiche del credito molto più legate alla valutazione delle specificità settoriali e di filiera”.

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