Dura lex

“King Report III”: un nuovo modello di autodisciplina per la corporate governance

Il recente codice di autodisciplina sudafricano promosso dall’Institute of Directors in Southern Africa e redatto dal comitato per la corporate governance guidato dal suo Presidente Mervyn E. King, rappresenta un importante stimolo innovativo nel dibattito internazionale su quelle che dovrebbero essere oggi le best practices della corporate governance internazionale. La stesura del terzo rapporto sulla corporate governance, per espressa dichiarazione del Presidente King si è resa necessaria essenzialmente per due ragioni: i) una di carattere particolare, l’entrata in vigore di un nuovo testo legislativo in Sud Africa, il c.d. Companies Act n. 71 del 2008; ii) l’altra di carattere generale, i recenti e significativi mutamenti nelle tendenze internazionali in tema di governance societaria 1

I – Base volontaria per la conformità della governance: “apply or explain” 

Il Code of Governance Principles for South Africa – 2009 King III (il “King Report III”), in tema di efficacia delle proprie disposizioni, contrasta il ricorso a sistemi conosciuti come “comply or else” ossia di codificazione in norme imperative dei principi e delle pratiche di governance delle imprese: tali sistemi prevedono sanzioni legali in caso di non conformità2

Il King Report III adotta, invece, l’approccio c.d. “apply or explain3 che si caratterizza per il fatto di focalizzarsi sulla ratio dei principi e sul modo in cui i principi e le raccomandazioni possono essere applicati, piuttosto che sulla conformità ai precisi dettami elaborati sulla scorta dei principi stessi; ed in questo il sistema “apply or explain“ si differenzia anche dal sistema di efficacia dei codici di autodisciplina definito “comply or explain”4
Ciò significa che nel seguire l’approccio “apply or explain” il consiglio di amministrazione, nel suo processo decisionale, potrebbe scegliere – in casi particolari ed al fine di tutelare gli interessi dell’impresa – di non conformarsi ad una raccomandazione del King Report III o di applicare la raccomandazione in modo differente, sempre comunque nel rispetto del principio sottostante oggetto della raccomandazione. 

Pertanto in tale ottica “è un dovere del cda, se valuta che ciò sia nei migliori interessi della società, prevalere su una pratica raccomandata”5
Anche in tale sistema il consiglio di amministrazione dovrà in ogni caso successivamente spiegare la ragione alla base dell’applicazione della pratica scelta e fornire le motivazioni della mancata applicazione della pratica raccomandata.

II – Aspetti chiave del King Report III 
L’originalità del King Report III consegue dall’introduzione e dalla codificazione, in un codice di autodisciplina, di quelle che sono le più recenti best practicies in tema di corporate governance. Di seguito si evidenziano gli aspetti chiave più innovativi.

II.1 – Leadership, sostenibilità, “corporate citizenship 
Una leadership efficace si basa su fondamenti etici, con l’obiettivo di rendere dominanti le questioni legate alla sostenibilità: i fondamenti etici individuati dal King Report III sono in sintesi: il principio di “responsabilità”, il principio di “accountability”, il principio di “equità” ed il principio di trasparenza6.

Il concetto di sostenibilità comporta inoltre che i compensi del management non devono creare incentivi per massimizzare i risultati a breve termine a scapito delle prestazioni a più lungo termine.

Il concetto di c.d “corporate citizenship”, ossia “cittadinanza di impresa”, deriva dal fatto che “l’impresa è un soggetto che deve operare in modo sostenibile7 e poiché l’impresa risulta così essere parte integrante della società civile “essa viene considerata alla stregua di una persona fisica che abbia la cittadinanza del paese in cui opera8

Ciò significa che le imprese, oltre ai diritti, hanno anche precisi obblighi legali e morali rispetto alla realtà sociale, economica e ambientale nel quale si trovano ad operare. 
In altre parole, quale “corporate citizen” responsabile, l’impresa dovrebbe salvaguardare, arricchire e investire nel benessere del c.d. “triplice contesto” in cui essa opera ossia economia, società e ambiente naturale.

II.2 – Modello c.d. “inclusivo degli stakehoders” e approccio indifferenziato degli stakeholders.

Si ritiene opportuno riportare alcune considerazioni contenute nella Prefazione all’edizione italiana del King Report III9

Nuova invece è l’opzione secca di questo report per il “modello inclusivo degli stakeholders”, con una assai netta affermazione che lo shareholder è uno stakeholder come lo sono gli altri, e non più un primus inter pares, come molte imprese hanno declinato nell’adozione delle loro politiche di sostenibilità. Per il King III spetta al consiglio di amministrazione decidere di volta in volta, caso per caso, se e quale segmento di stakeholders abbia o meno titolo al primato di attenzione. Per capirci nel concreto, si invoca un’applicazione situazionale della stakeholder theory che dunque rafforza il ruolo e la funzione del consiglio di amministrazione.

Si rileva che nel modello c.d. “inclusivo degli stakeholders” il consiglio di amministrazione deve considerare gli interessi legittimi e le aspettative degli stakeholders sulla base del fatto che la realizzazione di tali interessi ed aspettative costituisce il “miglior interesse dell’impresa, e non semplicemente uno strumento per servire gli interessi degli azionisti”.

A questo riguardo, poi, se si considera che gli interessi dei diversi segmenti di stakeholders sono sovente anche in conflitto fra di loro (quando non lo sono con l’interesse sociale/pubblico e/o con quello dell’impresa), si comprende un aspetto chiave innovativo del King Report III ossia che è necessario procedere al “governo delle relazioni con gli stakeholders” e che tale attività è “compito primario del consiglio di amministrazione”10
Il King Report III raccomanda, al fine di aumentare la fiducia dei propri stakeholders, l’utilizzo di report integrati ossia rappresentazioni integrali della performance dell’azienda sia in termini finanziari sia in termini di sostenibilità. Nella prospettazione del King Report III, la diffusione di tali dati, oltre ad assicurare una chiara informazione dei piani aziendali, dovrebbe garantire indicazioni circa l’impatto positivo o negativo che le operazioni dell’azienda hanno avuto sui propri stakeholders.

II.3 – Governance dell’Information Technology

Il King Report III codifica, in modo innovativo, anche alcuni principi in materia di governance dell’Information Technology
L’Information Technology è “essenziale per gestire le transazioni, le informazioni e le conoscenze necessarie per avviare e portare avanti un’impresa. Nella maggior parte delle imprese, l’IT ha pervaso le attività poiché è parte integrante del lavoro, ed è fondamentale per sostenere, mantenere e far crescere il lavoro stesso: le imprese dovrebbero capirne e gestirne i rischi, i benefici e i limiti. Di conseguenza, il cda dovrebbe comprendere l’importanza strategica dell’IT, assumersi la responsabilità della sua governance e inserirla nella propria agenda11
Il King Report III, considerando l’IT come un elemento portatore di valore aggiunto nella performance e nella sostenibilità dell’impresa, ne valorizza la funzione e richiede al consiglio di amministrazione di essere consapevole dell’importanza strategica anche della governance dell’IT.

III – Sintesi sul King Report III

Il King Report III consta, oltre che di un’introduzione e di un pratico glossario, di 9 capitoli.

Il capitolo 1, “Ethical leadership and corporate citizenship”, definisce i concetti di Leadership etica e corporate citizenship.

Il capitolo 2, “Board and directors”, indica alcuni principi in tema di ruolo e funzione del consiglio di amministrazione, composizione del consiglio di amministrazione, procedure di nomina degli amministratori, crescita dei consiglieri, segretario del consiglio di amministrazione, valutazione delle performance di CDA, comitati e dei singoli consiglieri, comitati del consiglio, consigli di amministrazione di gruppi, e remunerazione di consiglieri e massimi dirigenti. 
Secondo tali principi il consiglio di amministrazione dovrebbe, fra l’altro: 
i)agire da fulcro e custode della corporate governance; 
ii)comprendere che strategia, rischio, performance e sostenibilità sono funzioni inseparabili; 
iii)comprendere che la percezione degli stakeholders influisce sulla reputazione dell’impresa; 
iv)eleggere quale proprio presidente un consigliere non esecutivo e indipendente diverso dall’amministratore delegato; 
v)essere composto da una maggioranza di consiglieri non esecutivi, la maggioranza dei quali indipendenti.

Nel capitolo 3, “Audit comittee”, si raccomanda di dotare l’impresa di un comitato audit efficace ed indipendente in grado di assicurare, per il suo tramite, un approccio coordinato a tutte le attività di verifica e controllo dei verificatori interni (Internal Assurance Providers) e dei verificatori esterni (External Assurance Providers).

Il capitolo 4, “Risk Management”, precisa alcuni principi in tema di governance del rischio. In particolare raccomanda al consiglio di amministrazione di assumere i doveri e le responsabilità della gestione del rischio e di nominare un comitato apposito, il c.d. “comitato di rischio”, che lo assista nell’adempimento di tali attività. In altre parole, il King Report III, richiedendo la creazione accanto ai tradizionali comitati nomine, remunerazione, audit, anche di uno specifico comitato per la governance del rischio, fa proprio un elemento di organizzazione interna proprio degli istituti bancari12.

Al capitolo 5, “The governance of Information Tecnology”, il comitato estensore del King Report III, dettando alcune regole concernenti la c.d. information tecnology, ha inteso sottolineare le opportunità di una corretta interconnessione tra IT e governance societaria (si pensi ad esempio ai vantaggi che si potrebbero conseguire in termini di gestione del rischio e/o delle informazioni dell’impresa).

Al capitolo 6, “Compliance with laws, rules, codes and standards”, è ribadita l’importanza e l’utilità di un corretto ottemperare a leggi, regole, codici e standard consolidatisi nella prassi, con la precisa raccomandazione di dare notizia, per il tramite del report integrato, delle modalità con cui viene monitorata la conformità dell’impresa alle leggi, alle regole, ai codici e agli standard applicabili e, più in generale, di dare notizia delle modalità con cui ha adempiuto alla propria responsabilità per assicurare l’istituzione di una struttura e di processi di conformità. 

Il capitolo 7, “Internal Audit”, sottolinea l’opportunità di prevedere un audit interno che anziché adottare un approccio di conformità con cui si limiterebbe a valutare il rispetto delle procedure, pianifichi le attività gestionali con un approccio basato sul rischio.

Nel capitolo 8, “Governing stakeholder relationships”, in considerazione di un approccio di corporate governance inclusivo e indifferenziato degli stakeholders, si delineano alcuni principi che in vario modo perseguono un equilibrio efficiente tra interessi propriamente societari e i diversi interessi degli stakeholders. 
Il King Report III, nello specifico, auspica e raccomanda uno sforzo per il consiglio di amministrazione di trattare equamente tutti gli stakeholders e, con l’intento di creare la miglior reputazione aziendale, di mantenere la fiducia degli stakeholders tenendo nella debita considerazione le varie aspettative e comunicando informazioni complete e trasparenti. 
Il capitolo 8 inoltre raccomanda il ricorso a strumenti meno formali, più efficienti, in termini di costi e tempo, e sempre più diffusi ed apprezzati di risoluzione delle controversie che eventualmente possono sorgere nell’ambito della generale conduzione degli affari di un’impresa, quali, la mediazione, la transazione e l’arbitrato, le cc.dd. “alternatives dispute resolution”.

Il capitolo 9, “Integrated reporting and disclosure”, raccomanda periodiche e formali rappresentazioni della performance dell’azienda, sia in termini finanziari sia in termini di sostenibilità, i c.d. report integrati. 

Conclusioni

In conclusione si ritiene che il King Report III si inserisca a pieno titolo nel panorama internazionale dei codici di autodisciplina, rappresentando un innovativo e raffinato modello di comparazione, basato su una “filosofia che comprende supporto e rispetto reciproci, interdipendenza, unità, lavoro e responsabilità collettivi” (riassunti nel concetto di “ubuntu” = umanità).

Note

1. Il King Report III si sostituirà dal 1 marzo 2010 al King Code II pubblicato nel 2002, che a sua volta aveva preso il posto del rapporto King sulla corporate governance del 1994.

2. Mervyn E. King, nella prefazione al King Report III, si riferisce in particolare alla scelta degli Stati Uniti di codificare una parte significativa della propria governance nel Sarbanes-Oxley Act (legge federale emanata nel luglio 2002 dal governo degli Stati Uniti d’America a seguito dei noti eventi finanziari che avevano interessato importanti aziende americane) e ritiene che “L’argomentazione principale contro il regime “comply or else” sostiene che un approccio onnicomprensivo non può essere logicamente adatto, in quanto i tipi di attività condotti dalle imprese variano sensibilmente. I costi legati alla conformità risultano onerosi, misurati in termini sia di tempo sia di costi diretti. … È compito del consiglio di amministrazione di un’impresa commerciale parametrare al meglio il rapporto rischio/profitti cercando di migliorare il valore economico di un’impresa”.

3. Sistema che fino all’emanazione del King Report III era prerogativa esclusiva del codice di autodisciplina sulla corporate governance olandese.

4. I codici di autodisciplina dei 56 paesi del Commonwealth (salvo il King Report III del Sud Africa), e i 27 stati dell’UE (fatta eccezione per l’Olanda) hanno, infatti, optato per un codice di principi e pratiche su base “comply or explain”.

5. Prefazione al King Report III, pag. 6, edizione italiana.

6. King Report III, Cap. 1, pag. 16, edizione italiana.

7. Prefazione al King Report III, pag. 8, edizione italiana.

8. Prefazione al King Report III, pag. 9, edizione italiana.

9. King Report III, Prefazione di Toni Muzi Falconi, edizione italiana.

10. King Report III, Cap. 8, pag. 73, edizione italiana.

11. King Report III, Cap. 5, pag. 59, edizione italiana.

12. In questo senso si veda l’articolo di P. Marchetti, Meno regole: si può, con l’autodisciplina, pubblicato su Il Sole 24 Ore del 30 ottobre 2009, p. 16. 


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