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Il net target zero? Per centrarlo servono i giusti incentivi           

Una corretta politica di remunerazione può essere una leva efficace per realizzare una vera e misurabile transizione

Arteum/Unsplash

C’è un diffuso consenso sull’utilità degli incentivi al management per il raggiungimento degli obiettivi di transizione climatica. Spesso, però, questi target sono centrati in maniera eccessivamente semplice, suscitando non poco scetticismo sulla reale efficacia della strategia green messa realmente in atto. Si tratta di dubbi avanzati in particolar modo dagli investitori. Non a caso Chapter Zero Italy, insieme al Reflection Group La Governance delle Remunerazioni di Nedcommunity ed in collaborazione con WTW, ha organizzato il 30 marzo un convegno dal titolo esemplificativo Corporate performance e net zero target: funzionano gli incentivi al top management?.

La risposta in generale è positiva come hanno sottolineato Karina Litvack, presidente della Climate Governance Initiative ed Edoardo Cesarini, ad di WTW. La prima ha ribadito come la sensibilità nei confronti dello sviluppo di un’economia sostenibile si stia diffondendo a macchia d’olio, testimoniata dalla nascita di nuovi chapter del network, dall’Olanda passando per la Slovenia fino all’Egitto: “Per non parlare dei progressi che si stanno compiendo anche in Italia” ha aggiunto. Il secondo, ha portato diversi esempi di grandi aziende nazionali che sono diventati un emblema di questa trasformazione: “Da molto seguo Eni, impresa fra le più interessate a questo tema e fortemente impegnata nella transizione green. Eni Plenitude ne è l’esempio concreto ma anche i grossi investimenti in sostenibilità lo testimoniano”.

Gli esempi virtuosi tratti dalla stagione assembleare 2022

Enor Signorotto, senior advisor executive Compensation e Corporate Governance, WTW ha snocciolato i dati di una ricerca che ha preso in considerazione 15 società europee che hanno chiesto una valutazione della propria strategia net zero all’Assemblea degli azionisti (“say in climate”) ed ottenuto un voto assembleare particolarmente positivo, vedendo così confermata la credibilità della loro forte ambizione al raggiungimento degli obiettivi di neutralità carbonica: “Il 60%, 9 su 15, ha dichiarato di raggiungere il net zero prima del 2050”. Sulla base di questo campione, l’analisi ha preso anche in considerazione l’approccio degli investitori istituzionali nei confronti dell’inserimento degli indicatori Esg negli schemi di incentivazione. “È emersa una certa tendenza a non essere prescrittivi da questo punto di vista, con la sola eccezione del Legal & General Investment Management che richiede nei settori più rilevanti un peso di almeno il 20% nel Ltip (Long-term incentive plan) per le metriche ambientali in linea con gli obiettivi net zero. Si è rilevato che tutte le aziende osservate hanno almeno un indicatore di tipo climatico contro una media europea del 65%. Inoltre, questi indicatori hanno un peso dell’8% nei piani di incentivazione a breve termine e dell’11,5% in quelli a lungo termine”. Tuttavia, l’elemento più differenziante che accomuna le aziende del campione rimane la chiarezza del percorso di transizione, con precisi obiettivi intermedi, rispetto all’adozione di una specifica struttura di politica di remunerazione.

Francesco Surace, Head of Corporate Governance, Georgeson ha proposto un’analisi focalizzata su un panel di grandi aziende italiane mettendo in evidenza, fra i molti dati, come sia ormai consolidato l’utilizzo delle metriche di decarbonizzazione nelle grandi aziende: per esempio gli indicatori ambientali pesano per almeno il 10% nel Ltip di Enel, Leonardo o Pirelli, il 15% in  Tim, il 20 in Prysmian e il 25% in Eni. “Vorrei mettere in evidenza quanto sia importante curare anche la comunicazione su questi temi spiegando bene lo stretto legame fra piano strategico e obiettivi Esg. Mi sento di poter affermare che il livello di disclosure delle società italiane è diventato eccellente”.

Gli elementi della buona governance del clima e delle remunerazioni

Silvia Stefini, presidente di Chapter Zero Italy, The Nedcommunity Climate Forum, nell’introduzione alla tavola rotonda ha sottolineato che “la transizione climatica sta diventando per un maggior numero di aziende sempre più legata a cambiamenti sostanziali del modello di business, con l’identificazione di obiettivi net zero ben articolati. Questo si riflette nelle politiche di remunerazione, una materia in evoluzione continua che sta gradualmente incorporando obiettivi di decarbonizzazione più concreti”.

La tavola rotonda ha consentito di approfondire gli elementi che rendono gli incentivi efficaci dal punto di vista delle strutture manageriali, dei Comitati Remunerazione e del Board. Hanno contribuito Paolo Amato, presidente del Comitato Remunerazioni e Nomine di Prysmian, Massimiliano Branchi, Chief People, HSEQ and sustainability officer di Saipem, Marcello Grosso, responsabile Sviluppo sostenibile, Risk e Compliance di Gruppo di Poste Italiane,  Fabiola Mascardi, presidente del Comitato nomine e remunerazioni di Italgas.

Ecco i principali elementi del processo di formazione degli incentivi emersi dal dibattito:

  • la definizione degli obiettivi deve avere una prospettiva di medio-lungo termine, ed articolarsi in obiettivi intermedi chiari e misurabili;
  • la scelta degli indicatori deve riflettere quelli più materiali per il business e partire dalla valutazione di una rosa di KPI: emissioni dirette, evitate e compensate, inclusive dell’intera catena del valore dell’azienda, coerenti con la scienza e gli obiettivi di Parigi (“Science Based Targets”)
  • l’efficacia della struttura degli incentivi dipende anche dalla capacità di declinarli a una larga parte dell’organizzazione, non solo al top management. Inoltre, la politica di remunerazione deve includere meccanismi di penalizzazione quando intervengono cattive performance
  • le attività di benchmarking nel settore e nella value chain devono includere anche società estere, selezionando soggetti di primo livello eventualmente attivi in altri ambiti. L’engagement con gli investitori deve essere continuo, non limitarsi al periodo pre-assembleare, ed essere utilizzato come opportunità di capire le aspettative e anche cogliere spunti dal mercato;
  • una forte collaborazione è necessaria fra tutte le funzioni aziendali, il board e il management. Importante anche un grosso commitment da parte dei vertici e poter contare su strutture all’altezza della sfida. Un ruolo particolarmente importante lo possono giocare gli indipendenti che devono fare attenzione che i KPI non vengano scelti in maniera astratta e che vengano accuratamente verificati.

Un tema aperto e certamente innovativo per il mercato italiano è quello di coinvolgere nell’equity tutto il personale, inserendo premi produzione in equity e in questo modo legando la remunerazione con la sostenibilità a lungo termine della strategia aziendale.

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