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Il governo dei rischi Esg centrale nel rapporto banca-impresa

La sostenibilità entra a pieno titolo nel linguaggio del business. Il ruolo della regolamentazione e della buona governance

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I temi Esg rappresentano ormai un elemento al centro del rapporto fra intermediari finanziari e imprese. E lo sono diventati in maniera tale che anche la normativa e la Vigilanza nazionale ed europea stanno intervenendo in maniera sempre più stringente con l’obiettivo di regolamentare una realtà che ormai è davanti gli occhi di tutti: la sostenibilità, infatti, è entrata a pieno diretto nel linguaggio del business. Il dato è emerso nel corso del convegno organizzato dal Reflection Group di Nedcommunity “La governance in materia di rischi e controlli” coordinato da Patrizia Giangualano, dal titolo “Rischi Esg nel rapporto Banca Impresa”. Un’occasione per mettere attorno allo stesso tavolo esponenti della vigilanza, agenzie di rating, comitati tecnici europei e ovviamente banche e imprese. Del resto, come ha ribadito Giangualano “il tema è complesso e va analizzato tra l’altro in un contesto fra i più critici degli ultimi tempi. Un’occasione, però, per sottolineare come la misurazione e la corretta gestione dei fattori Esg e dei rischi a questi legati sia di grande attualità e impone la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti”.

Non solo transizione energetica

E proprio dall’attualità è partito Giovanni Pirovano, presidente Banca Mediolanum, Componente del Comitato Esecutivo ABI con delega alla Innovazione e Sostenibilità: “Il conflitto in Ucraina ci impone l’obbligo della transizione ambientale ma anche di cambiamento sociale. Abi si è organizzata per supportare associati in questa fase delicata istituendo gruppi di lavoro ad hoc. Non mancano i tavoli di confronto coni vari ministeri. Vorrei ricordare come in Svizzera un gruppo di investitori istituzionali ha spinto una delle principali banche elvetiche a ridurre la propria esposizione sul carbone”.

Anche Francesca Mariotti, direttore generale Confindustria, non ha potuto fare altro che partire dalla dura realtà della guerra e anche lei ha ribadito che “lo scontro armato non sta facendo altro che accelerare la consapevolezza di come alcuni aspetti in campo energetico richiedano tempi e modalità di valutazione su cui bisogna soffermarsi e soluzioni di transizione che meritano qualche riflessione in più. Le tensioni sulle bollette si sono acuite e i costi energetici per le imprese sono diventati insostenibili. Oramai da tre giorni iniziamo ad avere segnalazioni di imprese che hanno interrotto l’attività produttiva. Oggi rispetto a gennaio 2020 i costi dell’energia e del gas sono aumentati del 1.498 per cento. Questo è il quadro in cui ci muoviamo. Una situazione di questo tipo ci impone una riflessione non sul sé della transizione ma sui tempi e modi in cui ci avvieremo in questa direzione. L’importante è che questa trasformazione non sia foriera di un’autodistruzione imprenditoriale. Lo sforzo finanziario per realizzare questa trasformazione sarà enorme. Abbiamo stimato che per gli investimenti necessari occorrono 1.100mld soltanto In Italia per centrare gli obiettivi fit for 55. Il rapporto con le banche richiederà lato impresa la necessità di attrezzarsi nell’offrire agli istituti informazioni sul loro livello di sostenibilità”.

Al riguardo, Giampiero Bambagioni, IVSC Europe Board Member, associato Nedcommunity, coordinatore dell’iniziativa, evidenzia che “l’identificazione, previsione e gestione dei rischi connessi ai fattori ESG sia ineludibile in questa fase di transizione ecologica promossa dall’Unione europea mediante il Green Deal, sia in considerazione delle specifiche normative varate dall’Unione europea sia per la sensibilità crescente degli investitori e a maggior ragione in questa fase di tensioni internazionali”.

Claudia Pasquini, responsabile Ufficio rischi, controlli e sostenibilità ABI ha sottolineato che “Abi ha individuato dei punti per accelerare la transizione. Il primo sono i dati Esg sulle controparti che devono essere di qualità, strutturati e facilmente accessibili; il secondo punto, riguarda la proporzionalità: le banche sono chiamate a rendicontare un poco troppo ma richiediamo una tassonomia alleggerita per le Pmi. In caso contrario corriamo il rischio di un disincentivo al raggiungimento di standard migliori. Infine, bisogna prevedere degli incentivi fiscali o prudenziali come il Sustainable adjustment factor”.

Ma è sulla normativa e la vigilanza che si gioca la partita più complessa come ha sottolineato Giuseppe Siani, capo dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria, Banca d’Italia: “Le tre componenti Esg sono strettamente legate fra loro anche se ognuno presenta proprie specificità anche in merito al modo in cui è stata definita nel framework di vigilanza: per esempio la governance rappresenta da sempre una delle principali aree di vigilanza e di intervento della vigilanza. Dal punto di vista domestico Bankitalia ha aggiornato le disposizioni sulla governance anche rispetto ai fattori Esg introducendo per la prima volta una quota del genere meno rappresentato. Abbiamo svolto un approfondimento sui sistemi di governance sulle banche vigilate direttamente da Bankitalia al fine di individuare prassi aziendali buone. Pubblicheremo i risultati a breve. Sul fronte del social si notano strutturali esposizioni a diversi fattori di rischio come per esempio pratiche commerciali scorrette. Per quanto riguarda il climate si tratta di una questione vitale: se da un alto si è consolidata la consapevolezza di quanto ci sia da fare nella raccolta dei dati fisici e nell’analisi, dall’altro si registra un forte aumento della domanda di prodotti sostenibili. È già cominciato un processo di valutazione di questi rischi sull’attività finanziaria e delle modalità con cui questi rischi si traducono in rischi tradizionali (credito, liquidità)”. Tutto ciò comporta un grande impegno sul fronte della regolamentazione. 

“Il processo di transizione richiede decisioni di politica economica, normativa e fiscale. Fondamentale – continua Siani – è il coinvolgimento del sistema finanziario delle regole in modo tale che gli intermediari gestiscano in maniera consapevole i relativi rischi. La regolamentazione è il primo pilastro: sia il Comitato di Basilea a livello globale sia l’Eba a livello europeo stanno valutando se e in che termini il framework prudenziale debba essere rivisto; Eba, dal canto suo, sta lavorando a un documento di consultazione volto a proporre un dialogo con l’industria per valutare un trattamento prudenziale specifico per i settori esposti al rischio Esg”.

Siani si è anche soffermato sulla vigilanza operativa: “Il 2022 si stabilizzeranno le conoscenze e si potranno incorporare le informazioni nella vigilanza che conduciamo con i colleghi di Francoforte. Recentemente è stata avviata un’altra indagine tematica per valutare l’efficacia delle soluzioni adottate dalle banche per far fronte alle carenze rilevate. Bankitalia ha iniziato a condurre approfondimenti su un primo campione per acquisire informazioni sulle principali iniziative assunte e valutare anche attraverso interviste ai vertici aziendali la loro consapevolezza sulla rilevanza di questi rischi. I cda hanno un ruolo essenziale nel definire e integrare questi rischi nella cultura e nella strategia aziendale. Le analisi condotte hanno rilevato una crescente consapevolezza della centralità di queste tematiche anche se è rilevabile un diverso livello di maturità”.

Del resto, ne va del successo sul mercato: “In questo processo gli intermediari che più velocemente integreranno questi principi nei loro processi di investimento valuteranno un vantaggio competitivo in termini di crescita degli impieghi. Chi accumulerà ritardi sarà penalizzato nella gestione del mercato e si troverà maggiormente esposto”.

La tavola rotonda

Altri punti di vista sono emersi nel corso della tavola rotonda coordinata da Livia Amidani, Associata Nedcommunity. Anche PierMario Barzaghi, partner KPMG e membro della Project task force NFRS-EFRAG, ha ammesso la complessità del momento: “Gli ultimi due anni di certo non hanno aiutato. La pandemia avrebbe potuto rallentare la transizione ma non è stato così. Adesso, però, va tenuta presente la risposta alla normativa in particolare da parte delle banche, e gestire le emergenze legate alla crisi che viviamo in queste ore, in particolare quella legata alla nostra dipendenza dal gas e alla necessità di un maggiore peso delle fonti rinnovabili”.

Luca Lotti, head of Risk management CDP, si è soffermato sulla strategia seguita da Cassa Depositi e Prestiti: “Abbiamo impostato la gestione delle tematiche Esg secondo tre linee di difesa: presidio di primo livello vicino al business che si occupa di sostenibilità in termini di analisi di impatto; secondo livello abbiamo impostato una metodologia di analisi del rischio climatico che stiamo integrando con gli elementi sociale e governance; stiamo portando entrambe queste view nel momento di assunzione dei rischi”.

Fabrizio Negri, ceo Cerved Rating Agency ha spiegato come esista untema di democratizzazione della materia sostenibilità che deve essere inclusiva, aperta anche alle Pmi. Noi dobbiamo misurare le performance di sostenibilità, dobbiamo rendere comparabili le performance di diversi soggetti, spesso operativi in ambiti diversi”.

Giovanna Zacchi, head of ESG strategy BPER Banca, invece ha sottolineato come sia fondamentale per le banche “valutare le tematiche di sostenibilità perché queste impattano sugli istituti sia a livello di gestione rischi sia sul fronte finanziario. Bper è uno dei primi istituti che ha eseguito valutazione rischi fisici di transizione all’interno dei propri portafogli, allineandoci quest’anno alle richieste di Bce. Copriamo le informazioni Esg della nostra clientela corporate con riferimento ad aziende con più di due milioni di fatturato. Abbiamo valutato il rischio fisico su tutti gli immobili in garanzia della banca ma anche su tutti gli immobili dei nostri clienti con view al 2020 e 2040 in un’ottica di mitigazione del rischio”.

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