Editoriale

Il consigliere indipendente e la dialettica organizzativa

Da un ruolo di controllo a uno di maggiore responsabilità e partecipazione alla creazione di valore: ecco come dovrebbe cambiare questa figura per rispondere alle sfide del mondo di oggi

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Ha ripreso vigore la riflessione sull’evoluzione dell’impresa e del suo buon governo.  In particolare, Nedcommunity ha dedicato il recente Forum annuale al ruolo degli amministratori indipendenti.  Una figura in crescita, non solo numerica, nelle quotate, così come nelle aziende famigliari. Uno sviluppo cui ha sicuramente contribuito la legge Golfo-Mosca portando nei consigli di amministrazione prospettive diverse nel considerare i problemi e le decisioni.

In questa breve riflessione, in termini necessariamente sommari, si avanza l’ipotesi che oggi un consigliere indipendente ha lo spazio o forse la necessità di passare da un ruolo di garanzia e di controllo del management ad un ruolo di maggiore responsabilità per partecipazione alla creazione di valore.

Lo richiedono i tempi.  Accanto all’evoluzione tecnologica rapida, alla turbolenza dei macro-scenari economici acuita dalle drammatiche vicende geopolitiche, è l’ambiente in cui opera l’impresa che lo richiede. L’irrompere sulla scena della sostenibilità, degli stakeholder, una figura non sufficientemente delineata, i nuovi modelli sociali verso il lavoro, la diversità, il merito. Un cambiamento che accresce il valore di una figura indipendente capace di contribuire ad una dialettica organizzativa non soggetta al vertice manageriale, per vocazione spesso accentratore e direttivo. Né parimenti asservita agli azionisti che l’hanno inserita in una lista di candidati o addirittura nominata. Accanto alla figura del presidente, sempre più un armonizzatore dei rapporti nel consiglio e con i portatori di interesse rilevanti, il consigliere indipendente è un attore, gioca o meglio può giocare una parte chiave nel funzionamento delle aziende più dinamiche.

I requisiti della figura sono definiti dalle norme: onorabilità, competenza, indipendenza. Il Codice aggiunge che possono essere considerati tali gli amministratori non esecutivi che non intrattengono, né hanno di recente intrattenuto relazioni tali da condizionarne l’autonomia di giudizio.

Dunque, i requisiti di onorabilità, di competenza, dell’inesistenza di relazioni pregresse, peraltro quasi un ovvio, si prestano a un esame obiettivo.  Viceversa, l’indipendenza, il cuore del nome, appare un fattore ambiguo difficilmente valutabile a priori. Ricordo la definizione di un grande avvocato: l’indipendenza è “una categoria dello spirito”.  Ma la logica e l’esperienza inducono a pensare che l’indipendenza la si possa apprezzare solo nei comportamenti: richiedere informazioni esaustive e anticipate, porre domande, sollevare challenge al piano strategico, sulla fattibilità del budget, sulle operazioni straordinarie, con suggerimenti e proposte, in un gioco di dialettica cooperativa con il management. Spendendo in questo modo l’autorevolezza che il ruolo assicura, pur tenendo in conto l’asimmetria informativa che qualunque induction può solo attenuare. Tuttavia, simili comportamenti oltre il mero controllo aprono la porta naturalmente ad un rischio personale, come dimostra l’esperienza ed una serie di episodi noti. Perché il rischio è dietro l’angolo. Come dice un altro vecchio, cinico adagio: “il miglior indipendente è colei o colui che ha le maggiori probabilità di non essere confermato nel mandato”.

Torniamo al focus di questa breve riflessione su una figura che ha contribuito a un profondo miglioramento del buon governo dell’impresa italiana, alla sua trasparenza, alla salvaguardia degli interessi degli azionisti così come di altri stakeholder. Ha svolto e svolge una funzione chiave nel controllo del management. Ma nel mondo della permacrisis il controllo ex-post non appare più sufficiente e i tempi sono maturi perché un Consigliere Indipendente si interroghi su quali contributi alla performance dell’impresa porta il suo potere di influenza. A quali modelli di cambiamento culturale e di maggiore apertura alle diversità effettivamente contribuisce. Naturalmente un diverso ruolo maggiormente contributorio alle performance del ciclo di mandato solleva un quesito sull’adeguatezza del suo compenso attuale: non necessariamente in termini del quanto ma del suo modo, esplorando le opportunità di una parte del compenso variabile.

Però questa è un’altra storia.

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