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Gli indipendenti nelle imprese familiari

La carovana di Nedcommunity ha fatto tappa nel Nordest, sia per portare la sua lieta novella, sia per ascoltare l’umore del profondo Nord. 
Dopo Torino (cfr. articolo nel n.7 della Rivista), Vicenza, questa volta in collaborazione col CUOA, la scuola di management vicentina. Che ha proposto subito, per bocca di Paolo Gubitta, tre ragioni per l’inserimento di Amministratori indipendenti nei Consigli di amministrazione di medie imprese a conduzione familiare, quelle dove giocano i “capitali pazienti”:

  • ragioni culturali, per l’apertura verso l’esterno delle informazioni gestionali e prospettiche;
  • ragioni strategiche, alla ricerca di integrazioni cognitive e reputazionali o per superare divergenze familiari;
  • ragioni organizzative, per l’arricchimento dell’impresa con apporti di competenza operativa o finanziaria, quando si deve liquidare qualche familiare depauperando l’azienda. 

Lo schema, già collaudato a Torino, è quello di ascoltare protagonisti di medie imprese che hanno realizzato con successo questo inserimento. 

Ad Altavilla Vicentina si sono sentiti Morellato & Sector, del settore gioielleria e orologeria e FIAMM, del settore dello storage di energia, cioè dell’accumulazione di energia (verde) in batterie. 
Protagonisti del panel, sia l’imprenditore che l’indipendente: per Morellato Massimo Carraro e Matteo Marzotto, per FIAMM Alessandro Dolcetta e Ugo Loser. 
Dal canto suo Nedcommunity ha sottolineato che quasi il 60% delle aziende italiane sono controllate da una o poche famiglie, che rappresentano però il 40% della capitalizzazione di Borsa (escludendo banche, assicurazioni, Enel e Eni). Ma il futuro di queste aziende non è sereno, perché il problema della successione investirà nei prossimi cinque anni sei aziende su dieci, con oltre il 50% degli imprenditori con più di 65 anni. 
L’inserimento di Amministratori indipendenti può consentire, in un primo tempo, una separazione più formale fra proprietà, management e CdA, e in un secondo tempo, magari in coincidenza con l’ingresso di capitali esterni, il miglioramento della governanceorientata a tutelare gli azionisti di minoranza e ad assistere il fondatore nel ricambio generazionale, con l’utilizzo anche di strumenti di trust nel riordino degli assetti proprietari.
I testimonials non hanno deluso le aspettative. Si tratta di aziende in cui una nuova generazione imprenditoriale ha dato solidità innovando sia la value proposition sia i modelli di governance
Nel caso di Morellato – ha spiegato Massimo Carraio – in relazione alla diversificazione con l’acquisizione di Sector attraverso private equity, si trattava di superare una certa “sindrome da appagamento”. È così che sono stati introdotti due indipendenti, Matteo Marzotto e Concetta Lanciaux. Era necessario un nuovo ciclo di sviluppo che non poteva venire dalle stesse persone. Bisognava “alzare l’asticella”, per espandersi in un “mercato dai prezzi accessibili ma con i codici del lusso”. Del resto “in serie A si gioca diverso”. 
Gli indipendenti hanno portato un patrimonio relazionale, l’introduzione a Milano nel mondo del design. Ma l’altra svolta stava nei processi: per raggiungere uno standingelevato ci vuole qualcuno solido, capace di “dire di no” all’imprenditore quando si tratta di razionalizzare il portafoglio prodotti (“l’azienda si affeziona”). D’altra parte l’indipendente Marzotto aveva visto altre organizzazioni di case di moda e si è sentito onorato di ricevere una proposta che proveniva da una famiglia di gentlemen. Bisognava mettere in campo processi di brand perception e poi affrontare l’internazionalizzazione con la costituzione di società estere, anche con manager locali (es. Hong Kong). 

Diverso ma non troppo il caso di FIAMM, attiva in campo industriale e non di consumo finale, dove la crescita aziendale ha richiesto un approccio diverso dal punto di vista finanziario, in cui contava l’età delle persone ma soprattutto la competenza. Bisogna saper stare ad alto livello in un mercato dove i concorrenti sono più grandi. Dopo la prima consulenza esterna di Marco Vitale, i fondatori si sono orientati su una persona, Ugo Loser, di buona tradizione finanziaria, prima in Goldman Sachs, poi in Bain Cuneo, poi con struttura propria. Per il lancio di nuovi prodotti si è prima ricorsi al venture funding, più recentemente a una SGR. Ma il compito dell’indipendente non è solo quello di evitare le “marachelle” degli azionisti di maggioranza, ma di stabilire un rigore metodologico che è ancora più importante per le società non quotate. 
E poi c’è la qualità dello stesso management, poi l’innesto di indipendenti che consente la creazione dei comitati, prima di compensation e controllo, più recentemente anche strategico. 

Un altro panel ha concluso il convegno. Di osservatori più che di protagonisti, dove sono comparsi Salvatore Bragantini, revisore, poi commissario Consob, poi banchiere, Ferruccio Carminati, esperto di consulenza ad imprese familiari, Giovanni Costa, professore e poi Consigliere di sorveglianza Intesa SanPaolo e Mariano Maugeri del Sole 24 Ore. 
La discussione ha toccato anche temi diversi come l’eccesso di intrecci (lockup) nelle cariche sociali delle principali società quotate, lo schema dualistico e l’eventualità di partecipazione di dipendenti all’organo di sorveglianza, le buonuscite dei manager, l’invito del governatore Draghi all’apertura verso l’esterno della gestione delle imprese familiari. Su cui sarebbe d’accordo l’imprenditore, evocato dal panel, riluttante a mettere figli in azienda perché “un figlio non si licenzia”. 

La carovana di Nedcommunity continuerà altrove, in giro per l’Italia delle imprese familiari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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