Dura lex

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Assistiamo ad un’attenzione sempre crescente da parte dell’UE sulle imprese in fase di start-up e scale-up. Parimenti i fondi di Venture Capital sono particolarmente attivi nell’investire il loro capitale di rischio in queste imprese a forte crescita che,

La corporate governance nelle start-ups e scale-ups ad alto tasso di crescita e digitalizzate

Assistiamo ad un’attenzione sempre crescente da parte dell’UE sulle imprese in fase di start-up e scale-up. Parimenti i fondi di Venture Capital sono particolarmente attivi nell’investire il loro capitale di rischio in queste imprese a forte crescita che, non a caso, sono definite “gazelles[1]. L’immissione di capitali e la crescita di queste imprese può determinare, e sta determinando in diverse misure, uno sviluppo dell’intero ecosistema nazionale, UE e USA con conseguenti benefici sociali in termini di occupazione e di crescita della competitività all’interno del mercato.

La Commissione Europea[2] ha annunciato che intende migliorare l’ecosistema delle “nuove imprese leader in Europa”, ossia start-up e scale-up particolarmente esperte nell’uso del digitale e delle tecnologie più recenti (i.e.: connettività, 5G, banda larga e così via).

Le start-ups sono imprese che hanno iniziato da poco a operare e hanno superato la fase c.d. seed. Esse presentano in genere una combinazione di caratteristiche: “rapida crescita, forte propensione all’innovazione dei prodotti, dei processi e dei finanziamenti, grande attenzione ai nuovi sviluppi tecnologici e ampio uso dei modelli commerciali innovativi, spesso basati su piattaforme collaborative[3].

Le scale-ups sono imprese che hanno terminato la loro fase iniziale esplorativa (la fase di start-up), hanno ben individuato il loro prodotto o servizio di riferimento e il relativo segmento di mercato e stanno entrando nella fase di crescita cercando una più significativa penetrazione nel mercato. Esse sono appunto le “gazelles”, che si basano sull’innovazione tecnologica e che sono il perfetto target dei fondi di Venture Capital.

Ci sono una moltitudine di fattori che possono influenzare il successo (o meno) dell’impresa in fase di start-up o di scale-up, quali ad esempio: le condizioni del mercato, la regolamentazione (legale e fiscale) e l’accesso alle forme di finanziamento.

Ma anche la scelta del management e la composizione del board, così come le scelte strategiche che saranno dagli stessi adottate sono importanti, soprattutto se consideriamo che le start-ups e le scale ups operano in un settore, come quello tecnologico, ad alto livello di innovazione, disruption e quindi allo stesso tempo esposto a rischi. La gestione manageriale di queste imprese è quindi per taluni aspetti radicalmente diversa da quella delle classiche PMI (Piccole Medie Imprese) che si trovano già in fase di consolidamento.

E’ quindi cruciale valutare anticipatamente come debba essere strutturata la corporate governance in società ad alto tasso di crescita e digitalizzate: la composizione del board di una start-up e di una scale-up e le caratteristiche professionali e personali dei componenti dello stesso possono infatti anche avere una natura diversa da quelle di una società consolidata.

La Commissione Europea ha ben precisato che le imprese in crescita hanno bisogno di assumere risorse con le competenze necessarie, in particolare tecniche, finanziarie e digitali. Ma altresì evidenziato che “Per espandersi sono fondamentali anche mentalità imprenditoriale e competenze di gestione e leadership[4].

Sherry Coutu (imprenditrice, non-executive director, investitore e consulente) – una dei massimi esperti in materia di scale-up e fervente sostenitrice del pensiero che la crescita di competitività sarà propria di quelle Nazioni che si dedicano non tanto a creare nuove imprese quando a garantirne lo scale-up – indica come obiettivi prioritari: (i) l’assunzione di risorse umane di talento tecnologico, (ii) la capacità e l’esperienza a livello di senior leadership nel guidare il team e (iii) l’identificazione di amministratori con esperienza nei processi di scale-up che possano condividere il loro knowledge e che abbiano le giuste motivazioni per restare all’interno dell’impresa[5].

E forte convinzione di chi scrive che competenza e autorevolezza siano gli ingredienti base per la ricetta del bravo Amministratore Indipendente. E poiché, come sappiamo, la qualificazione dell’amministratore non esecutivo come “indipendente” è una valutazione relativa[6], viene da chiedersi da chi o da cosa dovrà essere indipendente l’amministratore di una start-up o di una scale-up e che requisiti dovrà possedere questo amministratore.

L’indipendenza prevede, come sopra detto, non solo una valutazione relativa, ma è anche una nozione funzionale. Per seguire un prezioso insegnamento, l’indipendenza rilevante è l’“indipendenza da chi esercita il potere all’interno della società, chiunque esso sia”, vale a dire “quella che consente all’amministratore di svolgere al meglio la funzione cui esso è chiamato” (F. Denozza).

E non dimentichiamo che il Regno Unito ha introdotto la nozione di amministratori indipendenti, dando loro un riconoscimento ufficiale già nel “Cadbury Code” del 1992 individuandoli come “outsiders directors”. Questa semplice definizione – “outsiders” – ha lo scopo di chiarire che si tratta di amministratori che provengono da un ambiente aziendale esterno e possono contribuire al momento decisionale strategico (prerogativa del CdA) anche – o forse soprattutto – se provengono da un settore diverso da quello dell’impresa.

Le start-ups e le scale-ups richiedono consiglieri con capacità di pensiero laterale, aperto all’introduzione di nuove idee e in grado di fornire un punto di vista strategico sulle prospettive di sviluppo dell’azienda.

In questo contesto gli Amministratori Indipendenti possono agire come un organo di controllo e di equilibrio della gestione manageriale, monitorando l’operato del CEO e del management, bilanciando il potere del socio di controllo, misurando ex ante l’assunzione di rischi anche di natura tecnologica e finanziaria e impegnandosi ad assicurare processi corretti e trasparenza dell’informativa anche finanziaria dell’impresa.

Possiamo aggiungere che gli Amministratori Indipendenti nelle fasi start-up e scale-up dovranno anche partecipare e contribuire non solo come “monitoring board” ma anche come una sorta di “advisory board”: le imprese in crescita infatti richiedono anche un contributo propulsivo da parte degli Amministratori Indipendenti, la presentazione di nuove idee, la competenza ad attribuire le deleghe di funzioni a persone giuste (in particolare il CEO) (in UK e in USA questa funzione è chiamata di “hiring and firing”), la capacità di svolgere attività di mentoring, direzione e controllo del team esecutivo.

Gli studi e le ricerche[7] dimostrano che l’Italia è in posizione media-bassa nelle classifiche relative al processo di supporto e comprensione delle scale-up (mentre è certamente più avanzata nella conoscenza, gestione e finanziamento delle start-ups). In ogni caso, uno dei denominatori comuni delle società tecnologiche che riescono a crescere dalla stadio “seed”, passando ad essere “gazzelle”, fino all’exit, che sia vendita (“get acquired”) o IPO (“go public”), è stato quello di avere il board giusto al momento giusto, in cui i membri del consiglio presentavano un insieme eterogeneo di qualità, competenze e professionalità.

In conclusione quindi “fa ben sperare il fatto che siano gli stessi founders a chiedere aiuto a nuove risorse per il board, in un’ottica che non può non essere win-win[8]. Gli Amministratori Indipendenti, con competenza e autorevolezza, hanno l’opportunità di svolgere la loro funzione di “advisory”, di monitoraggio, di equilibrio e di sintesi tra le varie istanze di ricerca e immissione di finanza, da un lato, e di valutazione e misurazione dei rischi connessi alle attività ad alto contenuto tecnologico e in rapida crescita.

Infine, a parere di chi scrive, in certe imprese – nelle start-ups e nelle scale-ups, come anche (come abbiamo già avuto modo di dire) nelle aziende famigliari – l’autonomia di pensiero (che è “un état d’esprit”, ossia uno stato d’animo) consiste nella capacità di critica che deve possedere un Amministratore Indipendente. Riteniamo che esista “indipendenza” tutte le volte che è possibile sostituire quel sostantivo con il “binomio irreversibile” di “autonomia e competenza”. Quello che importa è la libertà di analisi, di pensiero e di espressione, quello che i francesi chiamano “impertinence courtoise” (impertinenza cortese).

[1] In G. Duruflé, T. Hellman, K. Wilson, From start-up to scale up: examining public policies for the financing of high-growth ventures, Working Paper aprile 2017, edito da Bruegel con il contributo anche di Emittenti Titoli e Assonime è prevista la seguente definizione di “gazelle”: “A standard definition of a gazelle or (successful) scale-up is a company with an average annualised growth in employees or turnover that is greater than 20 percent over a 3-year period. Alternative definitions add a minimum number of employees (say 10 employees) and possible add a maximum age (say less than 5 years old)”.

[2] Commissione Europea, 22.11.2016, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, Le nuove imprese leader dell’Europa: l’iniziativa Start-up e scale-up.

[3] Cfr. cit. Commissione Europea, 22.11.2016.

[4] Cfr. cit. Commissione Europea, 22.11.2016.

[5] Cfr. Sherry Coutu, The scale-up Report on UK Economic Growth, novembre 2014.

[6] La nozione di indipendenza oltre ad esprimere esprime una valutazione relativa e non assoluta, deve essere attualizzata in relazione alla specifica situazione concreta, ponendo in relazione “quello” specifico amministratore con “quella” specifica società, in “quello” specifico momento temporale in cui l’amministratore si dichiara indipendente.

[7] Cfr. Startup Europe Partnership, SEP Monitor, June 2017, Scaleup Europe, edito da Mind the Bridge con il supporto, tra gli altri, anche della Commissione Europea e London Stock Exchange Group. La ricerca condotta da Mind the Bridge (SEP Report 2017) rileva che nel 2016 in Europa si sono contate 4200 scale up le quali hanno raccolto 58 miliardi di dollari in capitale pari allo 0,33% del prodotto interno lordo, che i settori principali sono il commercio elettronico, la finanza, l’ospitalità. In vetta ai migliori ecosistemi si posiziona il Regno Unito, seguito da Germania, Francia e Svezia. L’Italia si trova all’undicesimo posto e si colloca nel quadrante basso a sinistro del diagramma che porta sull’asse delle ascisse il capitale raccolto in percentuale del PIL e sull’asse delle ordinate il numero delle scale-up per popolazione.

[8] G. Donvito, Giuseppe Donvito: “nei cda serve un mix di competenze”, in nòva, Il Sole 24 Ore, 21.02.2017..

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Annapaola Negri-Clementi Curatrice della rubrica “Dura lex”, Partner di Negri-Clementi Studio Legale Associato) ([email protected])

Giuseppe Donvito, associato Nedcommunity, è partner di P101, fondo di Venture Capital specializzato in investimenti in società tecnologiche, nato nel 2013 con in portafoglio oltre una ventina di start-ups tra cui Cortilia, Borsa del Credito e Musement([email protected]).


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