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Donne, CdA e networks (in Austria e in Italia)

Intuitivamente possiamo definire il capitale sociale come il valore che deriva

Premessa

Intuitivamente possiamo definire il capitale sociale come il valore che deriva (al singolo o alla collettività) dalla interazione e cooperazione tra individui. Un modo razionale per studiare uno dei temi che in Italia è sovente tema di incontro e scontro.
Chiariamo un punto importante: le scienze sociali che da tempo studiano i diversi aspetti del capitale sociale, convergono su una idea di fondo: i “social networks have value “, ovvero il capitale relazionale, la nostra rete di contatti, contribuiscono ad alimentare la produttività di individui e di gruppi di persone. Il capitale relazionale che si crea e si trasferisce all’interno delle reti sociali e professionali è una fonte importante di informazione, connessione e potere. La ricerca da anni ha stabilito come l’accesso a posizione di vertice, la progressione di carriera e la performance siano collegate alla struttura della rete relazionale dei manager (Granovetter, 1973, 1974; Burt, 1977; Ibarra 1995, Timberlake, 2005). Non solo, le reti sono una fonte di potere, per via della possibilità di controllare e dirigere il flusso informativo verso i componenti della rete (Burt, 2001). Le reti dei corporate directors sono un tipico esempio di rete professionale e dunque possono essere interpretate e studiate per capire le dinamiche di accesso e progressione di carriera in senso lato; Il capitale relazionale infatti non solo spiega la progressione di carriera ma può contribuire a spiegare l’accesso ai consigli di amministrazione; questo tema è stato affrontato in Italia nel 2011 da Santella Drago Millo e Ricciuti che analizzarono le reti dei directors italiani e di alcuni paesi europei concludendo che la rete italiana tendeva a rimanere stabile nel tempo malgrado le riforme. La legislazione che limita l’interlocking, con lo spirito di ridurre la collusione nell’industria finanziaria generata dagli incroci tra directors, non è altro che un esempio degli effetti delle relazioni tra directors in termini di circolazione delle informazioni e negli effetti che ne conseguono.

Facciamo un passo in più e introduciamo il tema di genere. La ricerca ha determinato che l’essere uomo o donna comporta una differenza sia nel l’accesso che nell’accumulo di capitale sociale ( Kumra e Vinnicombe , 2010) contribuendo a spiegare, grazie ad un meccanismo di “accessi multipli” la scarsa rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione. Dunque, comprendere le differenze strutturali nelle reti maschili e femminili può contribuire a spiegare le dinamiche di evoluzione e le differenze in termini di carriera e di accesso ai vertici. In quest’ottica di creazione di capitale sociale si possono interpretare e valorizzare le legislazioni che, in alcuni paesi europei hanno imposto in via permanente o temporanea delle “quote “ di accesso agli organi sociali. Tra gli obiettivi degli interventi dei Parlamenti, che hanno regolato la composizione degli organi sociali di società quotate, statali o di grandi dimensioni, è indubbiamente la volontà di forzare il circolo vizioso che limita l’accesso ai boards a chi non disponga di un sufficiente capitale relazionale, segnatamente il genere femminile.

In questo articolo proponiamo alcuni spunti estratti da riflessioni in via di elaborazione da parte degli autori della presente nota e pubblicati come working paper, studio che si propone di analizzare le differenze strutturali nella rete dei directors maschili e femminili in Austria, lavoro che riprende un filo logico avviato, sempre sul tema di donne amministratrici e reti, in un contributo tecnico ad una pubblicazione in uscita ad agosto.

L’indagine sulle Comunità austriache

Il database analizzato nel recente studio delle comunità austriache è costituito dagli amministratori che siedono nei consigli di amministrazione in Austria nel 2009.

Lo studio è stato realizzato utilizzando le cosiddette “community detection techniques”, tecniche statistiche innovative che consentono di identificare e studiare non solo la rete nel suo complesso ma le proprie componenti modulari e gerarchiche . Lo studio delle diverse zone della rete, la sua topologia consente di identificare la diffusione di informazioni, risorse, capitale sociale. Zone più dense della rete, altrimenti definite come “comunità della rete” consentono relazioni più vicine e interconnesse, un flusso di informazioni più veloce e diretto. Esistono poi delle zone meno dense della rete, rappresentative di aree di “social exclusion”.

Fig. 1 - Austria: network degli amministratori donna nel 2009

Fig. 1 – Austria: network degli amministratori donna nel 2009

La Figura 1, che rappresenta la rete degli amministratori donna, illustra bene queste aree di “social esclusion”. I pochi amministratori donna presenti sono isolati e periferici e tendono a non essere connessi tra di loro. Non si può dunque parlare di una rete ma di una struttura disconnessa. Scendendo di un livello, applicando lo studio delle comunità della ret, i dati austriaci evidenziano due fenomeni. Il primo, che discende dalla rarefazione della presenza femminile illustrata nella Figura 1, è che le donne sono escluse dalla maggior parte delle comunità della rete, non esistendo comunità “women only” mentre esistono molte comunità “boys only”. Questa considerazione assume notevole interesse se interpretata alla luce di un lavoro seminale del 1983 (Granovetter, 1983) che ha arricchito la teoria delle reti con il concetto di “strength of weak ties” ovvero la forza dei legami deboli. Granovetter sostiene, tra l’altro, che i legami deboli svolgono una funzione estremamente importante di connessione e coesione, mettendo in contatto aree della rete che altrimenti sarebbero isolate. Le nostre comunità sono per l’appunto gruppi di amministratori caratterizzati anche da una debole connessione con il mondo delle altre comunità. L’esistenza di ponti, seppur non troppo forti tra una comunità ed un altra rappresenta un elemento importante che consente lo scambio di informazioni tra le varie aree della rete, favorendone la coesione. Essendo la maggior parte delle comunità “boys only” o a prevalente contenuto maschile, sia le connessioni interne che i ponti esterni fanno circolare la linfa prevalentemente nel mondo maschile. Un sistema autoalimentante.

Il secondo elemento che emerge, anch’esso fenomeno conosciuto nella letteratura delle reti (Ibarra, 1995; Santella, Drago e Ricciuti, 2011), è la posizione marginale delle donne: lo studio austriaco dimostra l’esistenza di comunità miste in cui però gli uomini tendono a mantenere una maggiore centralità e le donne si caratterizzano per essere presenti ma comunque periferiche. Queste comunità si caratterizzano come gruppi di nodi (amministratori) fortemente connessi tra di loro e debolmente connessi con le altre comunità. In quest’ottica risulta molto interessante studiare tali meccanismi di centralità all’interno delle singole comunità, in quanto i membri più centrali tendono ad avere maggiore forza nella rete stessa a livello relazionale. I membri più centrali delle comunità tendono ad essere uomini e in questo senso la struttura della rete sembra avere un impatto chiave nelle carriere, nella condivisione delle informazioni, nello sfruttamento dei benefici da “posizione” nella rete.

Infine, il terzo fenomeno presenta spunti di novità ed interesse. Le caratteristiche delle comunità dove le donne sono presenti, a prescindere dal loro peso, sembrano poi essere molto diverse da quelle delle comunità solo maschili. Le reti femminili tendono ad essere maggiormente centralizzate, ovvero ad essere più rarefatte ma con directors “portanti” estremamente rilevanti e centrali nella rete; va detto che l’evidenza empirica in questo senso è ancora preliminare.

Lo studio delle gendered networks Austriache consente di confermare la scarsa centralità dei directors donna, coerentemente con risultati di precedenti studi europei (Santella, Drago, Polo e Gagliardi, 2009).

Questa “social exclusion” rappresenterebbe un circolo vizioso per il quale la posizione periferica nella rete non consentirebbe lo sfruttamento dei vantaggi della rete in termini di ulteriori accessi e questo a sua volta causerebbe l’emarginazione nella rete.

Effetti dell’inclusione forzosa prevista della Legge Golfo-Mosca

Cosa succede a queste dinamiche esclusive quando si introduce un elemento di inclusione forzosa, come è il caso della legge italiana sulla parità di accesso, la cosiddetta Legge Golfo-Mosca?

I risultati ottenuti dall’indagine, per questo articolo, sono stati comparati con uno studio preliminare della rete italiana dei consiglieri di amministrazione al 2014.

E’ ancora presto per poter studiare gli effetti della legge, in quanto non tutte le società sono passate attraverso il primo rinnovo degli organi sociali e la quota minima è fissata al 20%; ricordiamo che i successivi due mandati prevedono una quota minima del 33%. Tuttavia la presenza femminile è aumentata significativamente e ciò consente di fare alcune considerazioni.

Fig. 2 - La rete 2013 degli amministratori donna delle società quotate italiane

Fig. 2 – La rete 2013 degli amministratori donna delle società quotate italiane

La rete femminile italiana al 2014 risulta anch’essa non strutturata, frammentata, al pari delle evidenze austriache. Essa sembra peraltro ancora appoggiarsi alla rete maschile, mancano di un proprio “tessuto” autonomo, evidenziato dalla Figura 2

Tuttavia, confrontando i dati italiani nel tempo, si può apprezzare come ad oggi la rete femminile sia quanto meno visibile, come è possibile “intravedere” nella Figura 3 che mostra la struttura della rete “all gender” italiana. Un confronto grafico con gli anni precedenti è arduo proprio per la scarsa presenza femminile che costringerebbe ad utilizzare una lente di ingrandimento molto forte, il che farebbe solo emergere ancor più diffusamente la presenza maschile.

Fig. 3 - La rete dei directors italiani, 2013

Fig. 3 – La rete dei directors italiani, 2013

Considerando le reti femminili nel tempo si è potuto riscontrare come questa rete sia fortemente cresciuta negli anni.

Cosa potrebbe succedere a seguito della legge Golfo Mosca? Possiamo descrivere due scenari ipotetici di segno opposto, per rappresentare le possibili tendenze. In un caso si potrebbe ipotizzare un aumento della presenza femminile nei consigli che non si trasformi in una strutturazione della rete femminile. Le donne continuerebbero ad appoggiarsi sulla rete maschile, facendo affidamento su questa per l’accesso, il rinnovo, lo scambio di informazioni. Il secondo caso ipotizza una rete femminile strutturata, dove le donne accedono ai CdA per il capitale relazionale di stampo misto o femminile. Questo secondo caso vedrebbe la perdita di valore della “old boys network” come centro di potere che presiede alle nomine nei consigli. La Legge Golfo Mosca è stata pensata come un meccanismo di distribuzione del potere in centri di interesse “diversi” e dunque il rafforzamento della rete femminile dei directors andrebbe maggiormente nella direzione desiderata dalla legge e consentirebbe una maggior stabilità alla presenza femminile una volta che la legge abbia esaurito i propri effetti.

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Livia Amidani Aliberti, fa parte del Comitato Scientifico di Nedcommunity, esperta di governance e gender diversity, fondatrice di Aliberti Governance Advisors ([email protected])

Carlo Drago, PhD in Statistica, è Ricercatore in Probabilità Statistiche e Statistica Matematica presso l’Università “Niccolò Cusano” ove attualmente insegna Probabilità Statistiche. I suoi attuali interessi di ricerca riguardano l’analisi delle reti, l’analisi dei dati simbolici ed i metodi statistici non parametrici.


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