Creazione del valore? Impossibile senza la sostenibilità
I passi avanti compiuti dalle imprese, anche di medie dimensioni, rendono impensabile un passo indietro dal rispetto dei principi Esg che garantiscono resilienza nel lungo termine. Ben venga una semplificazione della normativa sul reporting ma non al rischio di una deriva verso la deregulation

Il successo di un’impresa? Non può essere separato dalla sostenibilità. In una fase in cui questo termine subisce attacchi da più fronti i partecipanti al convegno Governance ESG e Reporting di Sostenibilità: verso un modello “più sostenibile”? organizzato da Protiviti in collaborazione, fra gli altri, con Nedcommunity, difendono la centralità dei principi Esg. E proprio Patrizia Giangualano, componente del Consiglio direttivo dell’associazione dei consiglieri non esecutivi e indipendenti, dopo l’introduzione ai lavori di Guido Zanetti, head of the Italian Risk & Sustainability practice di Protiviti, ha subito tenuto il punto.
Nessun passo indietro
La sostenibilità altro non vuol dire che “creare valore nel lungo termine”. Chi incorpora questo principio nel proprio business ha deciso di “fare le cose per bene, sulla base dell’evoluzione degli scenari di rifermento verifica l’adeguatezza del modello di business, ripensa i propri prodotti e processi, identifica nuovi indicatori di performance e li correla ai fattori di rischio predisponendo una rendicontazione trasparente a favore degli stakeholder per uno sviluppo condiviso e un nuovo posizionamento competitivo. Non a caso – continua Giangualano – l’evoluzione del codice di autodisciplina ha introdotto un concetto fondamentale: quello del successo sostenibile. Per perseguirlo è necessario procedere con metodo e determinazione: bisogna definire il purpose aziendale e il conseguente coerente modello organizzativo, identificare e ascoltare gli stakeholder, identificare i temi d’impatto per le comunità e gli stakeholder ma anche i rischi di non affrontare adeguatamente il processo di cambiamento.
Un confronto fra le diverse strutture aziendali e con il board aiuta a individuare i temi materiali e a realizzare la valutazione degli impatti, anche di tipo finanziario, operando in ottica di integrazione nella gestione dei rischi. L’analisi dettagliata che ne consegue entra a tutti gli effetti a far parte della pianificazione strategica. La fase finale è quella di rendicontare adeguatamente le attività svolte, cercando di utilizzare standard che permettano confronti di settore, dialogo con nuovi operatori del mercato e garantire una corretta valutazione da parte chi crede nell’azienda, investe e finanzia.
La rendicontazione è ormai una strada battuta da tempo, figlia di un percorso normativo che parte da lontano e che ha visto coinvolti 197 Stati per l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura media mondiale al di sotto dei 2 °C, compiendo tutti gli sforzi per limitarlo al di sotto di 1,5 °C rispetto al periodo preindustriale con commitment per la neutralità climatica nel 2050. Anche la Chiesa Cattolica con l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco sul rispetto della casa comune ha voluto richiamare la centralità della salvaguardia dell’ambiente e del sociale.
Ma la vera trasformazione l‘ha svolta la finanza secondo Giangualano: “Nel marzo del 2018, la commissione europea pubblica il Sustainable Finance Action Plan (SFAP) con cui sviluppa un piano di azione rivolto alla creazione di un sistema finanziario capace di promuovere uno sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale, con l’obiettivo di contribuire alla realizzazione dell’accordo di Parigi e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile e favorire la riconversione del sistema produttivo verso obiettivi di sostenibilità.
Un piano di azione con tre principali obiettivi: riorientare i flussi di capitale verso investimenti sostenibili; integrare la sostenibilità nella gestione del rischio creando le condizioni per una gestione efficace dei rischi finanziari che derivano da cambiamento climatico, dall’esaurimento delle risorse, dal degrado ambientale e delle profonde disuguaglianze sociali e di promuovere la trasparenza e la prospettiva di lungo periodo. Un percorso che ha permesso alle “aziende virtuose di riconvertire i propri investimenti e scommettere su un futuro sostenibile. Un percorso avviato con grande determinazione e impegno.
Che la normativa sia stata stringente è ovviamente vero – ha aggiunto Giangualano – ma proprio per questo non credo qualcuno voglia tornare indietro visti gli sforzi profusi per rispettarla. Non è vero poi che le aziende di medie dimensioni non si interessino a questi temi: anzi, sono proprio le imprese meno grandi e familiari quelle che desiderano investire sul futuro e cercano quindi di seguire i mutamenti e i cambiamenti ispirati anche dal “successo sostenibile e la cura delle comunità con le quali entrano in contatto”. Certamente Ominibus terrà conto delle richieste di snellimento senza vanificare gli sforzi di adeguamento al cambiamento”.
I ned motori del cambiamento
Giangualano ha anche messo in evidenza come i cda di aziende anche medie che vedono la presenza di indipendenti abbiano maggiore predisposizione alla sostenibilità e alla valutazione dei rischi e delle opportunità nonché costruire piani strategici adeguati e praticabili. “La prima cosa che un indipendente fa quando entra in contatto con queste realtà è proprio quella di creare un adeguato challenge a questi temi – spiega – si tratta di supportare le aziende a sviluppare una governance che sappia indirizzare il cambiamento ma anche valutare la propensione al rischio con adeguati strumenti di controllo e monitoraggio operativo e organizzativo”.
Tutto nasce da una buona governance, capace di garantire, attraverso regole, processi, procedure e comportamenti, un adeguato equilibrio tra potere decisionale, controllo, trasparenza e responsabilità, assicurando che l’impresa operi nel rispetto degli interessi di tutti gli stakeholder e per una sempre maggiore competitività e creazione di valore.
“Non tornare indietro” è anche l’appello di Massimo Ferrari, presidente di AFI (Associazione fiscalisti d’impresa) che ha sottolineato lo stretto legame fra gestione della fiscalità e sostenibilità. Nessun dubbio sul fatto che nella sostenibilità c’era, c’è oggi e ci sarà valore in futuro, questa la sua tesi. Ciò che occorre è un equilibrio tra l’obiettivo da raggiungere e l’implementazione dei mezzi per raggiungerlo, soprattutto per le PMI al fine di limitare la “compliance per sé” e concentrasi sul valore creato.
Bene la semplificazione ma no alla deregulation
Dello stesso parere anche Gustavo Troisi, Presidente del Comitato P&C di ANDAF (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari) che ha sottolineato come l’azienda media, ma anche la piccola, siano sempre più attente alla sostenibilità anche in virtù del rapporto con le banche che vogliono capire il respiro strategico delle aziende, l’approccio alla sostenibilità e l’effettiva implementazione di “adeguati assetti organizzativi”. La riduzione degli obblighi di rendicontazione in termini di indicatori rappresenta un aiuto decisivo per le PMI a beneficio di una sostenibilità sostanziale e di respiro strategico. Ben venga quindi il pacchetto Omnibus varato dalla Commissione europea alla fine di febbraio del 2025 che mira a ridurre il carico burocratico per le imprese, “alleggerendo” alcune delle normative esistenti in materia di sostenibilità, tra cui il Regolamento sulla Tassonomia dell’UE, la Direttiva sulla Rendicontazione della Sostenibilità (CSRD) e la Direttiva sulla Due Diligence della Sostenibilità (CSDDD), con conseguente destinazione delle risorse risparmiate verso una sostenibilità “sostanziale”.
A patto, però, come ha sottolineato Marco Stampa, componente del Consiglio Direttivo Sustainability Makers, di non confondere semplificazione, (assolutamente necessaria per come sono stati costruiti gli standard di rendicontazione europei e altre normative) con deregolamentazione. Il rimedio in questo caso può essere peggiore del male: il pacchetto Omnibus non sembra andare nell’ottica di una reale semplificazione soprattutto per le grandi imprese ma piuttosto verso l’esenzione e il posticipo di scadenze e impegni. La proposta Omnibus è ancora in via di discussione ma bisogna mantenere la barra dritta e capire che le aziende non devono contrapporre sostenibilità e profittabilità. Inoltre, è importante in questa fase storica che le associazioni professionali (come Sustainability Makers che raccoglie più di 350 associati) facciano sentire la loro voce e contribuiscano a prendere decisioni razionali e orientate alla evoluzione di modelli di sviluppo sostenibili.
La seconda parte del convegno è stato caratterizzato poi da una tavola rotonda moderata da Cristina Peano, managing director di Protiviti, alla quale hanno partecipato esponenti del mondo industriale e finanziario fra cui Paola Giachetto, Head of Tax Fineco Bank, Luca Moroni, Group CFO (A2A), Eleonora Pessina, Group Sustainability Officer Pirelli, Roberta Pierantoni, membro CdA & Partner Studio Biscozzi Nobili & Partners, associata Nedcommunity.