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Cosa pensano gli indipendenti sul loro ruolo

Quello del consigliere indipendente è un ruolo recente

Quello del consigliere indipendente è un ruolo recente (se prendiamo come riferimento il primo Codice di Autodisciplina che ha appena compiuto 15 anni) ma che riscuote da tempo attenzione e commenti. In proposito, Key2people governance ha recentemente svolto in Italia un’indagine presso circa 400 consiglieri Indipendenti e non esecutivi in carica, attraverso un questionario anonimo sul livello di soddisfazione del Consigliere Indipendente. Una risposta del 20% ci consente di trarre alcune indicazioni significative sulla loro posizione dei confronti del ruolo svolto.

I risultati dell’indagine

Il sentiment, la percezione, che i consiglieri indipendenti hanno del proprio ruolo è connotata da una discreta soddisfazione, sia tra i più anziani che tra i più giovani, sia tra donne che tra uomini (39 % del campione sono donne). Emergono peraltro alcuni spunti di disagio in particolare riguardo a due aspetti: il livello di remunerazione, per il quale si denuncia una rispondenza non adeguata alla responsabilità ed ai tempi di impegno ed il rischio reputazionale, o i rischi potenziali connessi al ruolo stesso. La preoccupazione per tali rischi risulta più diffusa tra gli uomini ed è collegata all’opinione che in molti CdA vi siano ancora profili non adeguati per competenza e professionalità, nonché all’aumento delle responsabilità affidate all’amministratore.

L’esigenza di un miglior sistema informativo

Forte e diffusa è l’opinione che sia fondamentale l’esigenza di un sistema informativo costruito secondo logiche condivise, dal momento iniziale dell’inserimento, via via durante tutto il mandato. Un sistema che deve essere in costante work in progress in quanto sempre migliorabile poiché il livello di retribuzione e di dibattito ed il conseguente agio nel ruolo dipendono dall’essere messi in condizione di lavorare bene con la possibilità di meglio comprendere i problemi grazie ad una comunicazione chiara e completa. Avendo inserito nell’indagine anche criteri relativi all’anzianità di ruolo, oltre che al genere, è stato possibile rilevare che gli uomini con maggiore anzianità di ruolo (più di cinque anni) sono quelli che esprimono maggior scetticismo sulla possibilità di agire in modo utile e incisivo. Le loro risposte risultano infatti essere più disincantate, e ciò sottolinea il fatto che costoro appartengono a realtà legate ancora a consuetudini e rituali che andavano bene per tempi e criteri di governance ormai superati. Per contro, i più giovani di incarico (in CdA da meno di cinque anni), tra i quali ci sono molte donne, esprimono una valutazione positiva sul livello generale di impegno trovato tra i consiglieri nei CdA. Essi confermano di avere un accesso alle informazioni in modo puntuale, chiaro ed esauriente; inoltre mostrano interesse e curiosità per le nuove prassi, in particolare per quella ancora poco seguita in Italia di sottoporre a valutazione le singole performance dei consiglieri e di recepirne validi feed back. Tale prassi, che nei Paesi anglosassoni rappresenta già una consuetudine consolidata, viene considerata come un salutare ed utile esercizio di confronto individuale.

La consapevolezza della responsabilità

Il consigliere indipendente è anche sempre più consapevole della responsabilità individuale e collettiva affidatagli, cioè del ruolo di garante della vigilanza sulle delibere più delicate e tale consapevolezza contribuisce ad elevare la soglia nell’accettazione di un incarico, il che rappresenta un segnale positivo di rigore e serietà.

Abbiamo così la conferma che la realtà stia ancora nel mezzo. Da un lato, esistono CdA che con decisione e consapevolezza si sono già adeguati alle pratiche innovative raccomandate e che accolgono i nuovi consiglieri con un corretto atteggiamento di stimolo in tal senso. Dall’altro, ci sono CdA che lavorano ancora con le modalità tradizionali cui sono abituati da tempo ma che però dovranno presto affrontare i cambiamenti ormai imposti. Pensiamo in particolare agli istituti bancari che si trovano alla vigilia di verifiche sui propri assetti non più rinviabili.

Alcune proposte

Dall’indagine emergono due punti su cui riteniamo opportuno porre un accento propositivo per “migliorare la vita” e il contributo del Consigliere indipendente, nonché l’efficacia del lavoro svolto dal Consiglio di Amministrazione.

In primo luogo sono fondamentali l’impostazione e la cura che vanno date al flusso informativo. E’ importante garantire non solo l’inserimento di tutte le informazioni necessarie da trasmettere ai consiglieri e la qualità delle stesse, ma anche un tipo di comunicazione che favorisca una piena comprensione e la possibilità di un approfondimento tematico. Siamo convinti che sia necessario evitare che le informazioni vengano presentate in modo complesso e senza un criterio di priorità, oppure che il testo sia troppo condensato e limitato solo alle grandi tematiche. In altre parole, se le informazioni sono formulate e proposte ad arte, se la mole della documentazione è superiore al tempo necessario per una lettura attenta, oppure se viene fornita in tempi troppo a ridosso della riunione, non verrà ben compresa e la possibilità di operare in modo consapevole sarà notevolmente ridotta. Riteniamo pure che un ruolo eccessivamente predominante dell’AD nelle riunioni di consiglio, senza coinvolgimento dei manager, oppure un’agenda predisposta in modo più opportunistico che logico in cui siano mescolati temi di priorità e sensibilità diverse, rischiano di creare un contesto poco favorevole per affrontare la riunione consiliare in modo adeguatamente informato. E, per di più, ciò può determinare nei consiglieri la sgradevole impressione di non essere messi in condizione di esercitare appieno il proprio compito.

Un secondo punto, in prospettiva più lontana, riguarda la maggiore attenzione che va data alle dinamiche decisionali di gruppo. Queste vanno impostate con un’attenta pianificazione delle attività consiliari dando modo ai Consiglieri di riflettere sulle modalità adottate nelle riunioni di CdA, promovendo il coinvolgimento di tutti i pari grado e corresponsabili, su come analizzare le diverse problematiche ed il poter deliberare di conseguenza in modo consapevole. Tutto ciò nell’interesse di una buona gestione d’impresa. Quando poi il Consigliere è un “Indipendente”, il contesto si complica perché l’indipendenza , che non è (soltanto) una virtù, né una caratteristica permanente ma un dato di fatto rispetto a certe relazioni esistenti è anche una struttura mentale che può mutare rispetto a fattori esterni quali il sussistere di relazioni con i soggetti per cui si opera, e fattori interni dipendenti da situazioni personali rispetto a persone ed entità coinvolte in qualche modo nel sistema. Se l’indipendenza può essere anche una struttura mentale che può variare con la mutazione dei contesti di riferimento, deve essere oggetto di costante verifica: auto-verifica per la parte personale e valutazione esterna per le relazioni esistenti ed in fieri.

Una considerazione conclusiva

Il quadro che emerge da questa indagine appare sostanzialmente positivo. Infatti il presente è rappresentato da quei consiglieri che hanno saputo costruire la dignità della categoria con una percentuale di giovani in aumento ed una serie sempre più vasta di buoni esempi che finiscono per “contagiare” le situazioni ancora in fieri.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Maurizia Iachino Leto di Priolo, Associata Ned e Partner Governance Practice Leader di Key2People; Consigliere di Natuzzi Spa, di Fondazione Fiera Milano, C. Reggente di Banca d’Italia – Milano, di AIDAF – Associazione delle Imprese Familiari, di Fondazione Teatro Parenti, nonché Presidente di Oxfam Italia Ong e di Save the Children Italia (fino al 2008).


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