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Il 26 gennaio si è tenuta a Milano presso il Centro Svizzero la prima comunità di pratica del nuovo anno dedicata a “Il Presidente 3.0: quale ruolo per una governance di successo”. Il panel, coordinato da Severino Salvemini, Vicepresidente, era composto

Comunità di pratica

Il 26 gennaio si è tenuta a Milano presso il Centro Svizzero la prima comunità di pratica del nuovo anno dedicata a “Il Presidente 3.0: quale ruolo per una governance di successo”. Il panel, coordinato da Severino Salvemini, Vicepresidente, era composto da quattro presidenti di società con caratteristiche molto diverse: una banca locale, la ex-Popolare Friuladria, una giovane impresa del software, Banzai, una medio-grande società quotata, Saipem e il Gruppo De Agostini, una grande società familiare.
Salvemini in apertura ha richiamato la genesi dell’indagine che Nedcommunity ha effettuato fra i propri associati, la discrepanza fra le definizioni ufficiali del ruolo del presidente in Italia (codice civile e di autodisciplina) e la ricca definizione data da Adrian Cadbury nel suo testo di riferimento “Corporate governance and chairmanship”, di cui abbiamo parlato su queste colonne. Ha riassunto anche brevemente i risultati dell’indagine, che aveva riguardato sia la fotografia attuale, sia le preferenze verso un assetto futuro. Anche questo noto ai lettori de “La Voce degli Indipendenti”.
Chiara Mio, presidente di Banca Popolare Friuladria, una banca ormai SpA e non più “popolare”, ha ricordato la minuziosa regolamentazione di Bankitalia, attraverso la circolare 285, più volte modificata e arricchita, che in due paragrafi definisce il ruolo di presidente come:

  • Bilanciamento dei poteri in Consiglio e sorveglianza sui comitati interni, senza ruoli esecutivi né gestionali;
  • E’ buona prassi riunirsi 1-2 volte l’anno coi consiglieri affrontando temi strategici.

Mio ha confermato l’aderenza ai due paragrafi Bankitalia e ha sintetizzato il ruolo con un’affermazione che sembra uscita da Adrian Cadbury: “Il presidente gestisce il CdA, il Ceo gestisce la società”. Più in dettaglio:
il presidente firma il bilancio e deve saperlo giudicare, deve farsi garante che i consiglieri siano “addentro” alle questioni da trattare, deve convocare riunioni coi consiglieri in cui i funzionari della banca espongano i temi più complessi, non ha la delega per le erogazioni liberali ma deve passare dal “comitato beneficienza”, deve assicurarsi che in Consiglio si valuti l’impatto delle strategie. Quando la banca, benché parte di un gruppo come Cariparma, a sua volta parte di Crédit Agricole, ha 15.000 soci di minoranza che sono contemporaneamente anche clienti, o dipendenti, o fornitori, ne viene automaticamente uno “stakeholder engagement” che confina con una “customer relationship”. Infine la reputazione: il presidente deve essere un portabandiera riconoscibile, un’icona con la capacità di trasferire sul territorio l’identità dell’azienda attraverso le sue strategie, una persona che sappia effettuare una cucitura identitaria e valoriale del tessuto aziendale. Non ha solo una responsabilità personale, ma deve essere anche vissuto come una garanzia percepita, naturalmente con l’assistenza di Bankitalia.
Diversa l’esperienza di Paolo Ainio, presidente di Banzai, recentemente quotata a Milano, che si è trasformata da poco separando le due figure di Presidente e Ceo, per tener conto che in 5 anni l’azienda ha cambiato dimensione e doveva uscire dalla sindrome di “esser stati piccoli insieme”. Il CdA era percepito come uno scoglio da superare, mentre adesso bisogna perseguire un bilanciamento di ruoli ma arrivando all’obiettivo in un tempo dato. Si ottiene efficacia quando tutti i membri dicono come la pensano, evitando i malintesi.
Paolo Andrea Colombo, presidente Saipem e prima ancora Enel, ha centrato il suo intervento su due criticità: la tendenza del management alla autoreferenzialità e quella di vedere solo il breve periodo, in questo influenzato dal suo rapporto verso gli azionisti, che tendono sempre a cercare risultati a breve. Colombo concorda sul fatto che il presidente non debba avere compiti esecutivi, debba osservare le cose con un certo distacco, cercare una sintesi che diventi la linea dell’azienda, svolgere un compito di garanzia e di contrappeso, formulare la proposta per la nomina e la revoca dell’”internal audit” e nel “dirigente preposto”; il suo ruolo si può rafforzare stabilendo la dipendenza dalla presidenza dell’internal audit. Che debba attivarsi per accedere alle informazioni dal management, ben più di quanto stabilito da legge e statuto. La sua attività non deve essere assorbita dalla quotidianità tipica del breve periodo, perché la sua missione si esplica nel lungo periodo. Deve intervenire nelle presentazioni alla comunità finanziaria e nei rapporti con gli azionisti. sorvegliare la corporate governance.
Marco Drago, presidente del Gruppo De Agostini, ha illustrato la situazione di un’azienda familiare, con tre generazioni in azienda e la quarta che si affaccia. Il gruppo è attivo nell’editoria, media e TV, lotterie e gaming, DEA Capital per risparmio gestito, immobiliare e private equity. Ha in testa una Sapa come “casa degli azionisti delle famiglie Drago e Boroli ” e una capogruppo De Agostini SpA, con Ceo. Drago presiede sia la Sapa che la SpA, ma si prevede in futuro una separazione più netta. I compiti burocratici descritti dal codice e dallo statuto assorbono Drago al 10/15%, mentre l’impegno principale è rivolto: alla responsabilità di Sapa e del relativo accordo fra gli azionisti e ai rapporti verso il top management e gli stakeholder. L’azienda è passata da una leadership forte a una gestione diversa, con la presenza di uno Strategic Lab con consulenti esterni, che si riunisce in anticipo rispetto al CdA. Nella governance della holding sono presenti i CdA e i Comitati esecutivi delle partecipate.
Nel corso del dibattito successivo è stata affacciata l’ipotesi che nell’inerzia legislativa Nedcommunity pubblichi un “Breviario del buon Presidente” così come a suo tempo aveva pubblicato il manuale “La buona governance” dedicato agli amministratori di società partecipate da enti pubblici. La proposta ha ottenuto consenso dalla sala.

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Franco Morganti, Coordinatore editoriale ([email protected])


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