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Compensi, leva motivazionale anche nelle imprese familiari

Una corretta politica di remunerazione rappresenta uno strumento utile per attirare, e “trattenere”, figure sempre più competenti

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Una moderna governance dei compensi non è materia esclusiva da quotate, anzi. Come è emerso nel corso del webinar organizzato da Nedcommunity, dal titolo La remunerazione, un fattore di competizione anche nelle aziende non quotate, tenutosi giovedì 7 aprile, può e deve rappresentare uno strumento utile al buon andamento di organizzazioni di dimensioni ben inferiori.

Come ha sottolineato Chiara de Stefani, membro del Reflection Group “Governance delle Remunerazioni” che ha presentato un lavoro di ricerca condotto con esperti e imprenditori, “la politica di remunerazione delle Pmi deve essere un abito tagliato su misura, ogni azienda deve perseguirla secondo le proprie caratteristiche. Dalla survey sono emerse alcune variabili che influenzano le politiche di compensation consentendoci di formulare alcune raccomandazioni/consigli come “creare cultura nel board e nel management sul tema; definire una politica specifica dell’azienda sul quanto e sul come; identificare un peer group stabile; dotarsi di un RemCo indipendente; integrare i fattori soft”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Maria Chiara Franceschetti, presidente Gefran, società quotata dal 1998 nel Ftse Star: “Oggi non è più sufficiente fare le buste paghe e controllare il costo del lavoro per attirare persone competenti e soprattutto trattenerle. Gefran dal 2004 ha un amministratore delegato esterno alla famiglia e un cda con un numero di consiglieri indipendenti che contribuiscono in maniera importante al confronto e che abbiamo imparato a sfruttare bene rispetto alle loro specifiche competenze. Abbiamo imparato che fare gli stipendi si doveva evolvere in qualcosa di differente e di più strutturato. Il modo? Un ruolo importante al compenso variabile di breve e di lungo termine e il confronto con il mercato. Inserendo anche benefit non necessariamente di carattere economico tra cui la formazione. Questo è l’unico modo per attrarre talenti e manager, mantenerli e farli crescere”.

Alessandra Gritti, vicepresidente e co-ceo di Tamburi Investment Partner ha messo il dito nella piaga esponendo quali siano i veri freni all’adozione di una governance moderna, fra cui anche un’adeguata politica delle remunerazioni, nelle aziende familiari: “Tutt’ora le famiglie esprimono al loro interno ceo o manager importanti che sono spesso i figli degli imprenditori. E così quando un esterno cerca di introdurre delle innovazioni, anche sul fronte della politica di remunerazione, viene nella migliore delle ipotesi spesso ostacolato. Invece perché un’azienda cresca, dobbiamo avere la sicurezza che coloro che arrivano con le giuste competenze possano competere con regole ben precise. In questa direzione deve muoversi la remunerazione che ha un senso solo se legata allo sviluppo nel medio e lungo termine. Di certo sono necessari parametri legati alla meritocrazia e far sì che le persone abbiano degli obiettivi”. Quindi sul nodo dolente della remunerazione variabile Gritti ha aggiunto: “Le aziende familiari hanno performance nettamente superiori dal punto di vista dei valori e della cultura e su questi bisogna puntare. Il 2022 e successivi saranno gli anni della forza lavoro. Non possiamo permetterci di perdere il capitale umano. Il vero tema, oggi, è trattenere: nel 2022 dobbiamo quindi parlare anche ai livelli inferiori, ai manager operativi nella produzione, perché se perdi alcune figure chiave negli stabilimenti, ti trovi per terra.

Andrea Moschetti, presidente Faac, società che vede come azionista di riferimento proprietario al 100% la Chiesa cattolica (l’Arcidiocesi di Bologna per la precisione), ha parlato dell’importanza di una buona governance: “I componenti del board, tutti indipendenti, sono stati scelti per le loro competenze non perché parenti o amici. Inoltre, abbiamo deciso di adottare una politica di remunerazione semplice perché soltanto in questo modo possiamo essere certi che il sistema sia percepito come meritocratico. Da noi una gran parte del numero dei dipendenti ha un variabile e l’Mbo è molto chiaro: creiamo obiettivi allineati così da realizzare più che uno scenario competitivo un contesto di collaborazione. Adottiamo un sistema retributivo molto sbilanciato sul variabile, fra i manager, infatti, rappresenta il 60 per cento della retribuzione. Il ruolo giocato dalla remunerazione variabile di lungo termine assume un valore molto strategico considerato che serve a pianificare lo sviluppo, a fare retention e a creare un elemento propulsivo”.

Anche secondo Franco Stevanato, presidente esecutivo di Stevanato Group, che è stato protagonista di una storia di crescita straordinaria e si è quotato recentemente al NYSE “concentrarsi sulle persone è fondamentale. In azienda entra chi si allinea ai nostri valori, per noi è il primo passo. Perché non c’è nulla di peggio che avere un manager che porta risultati eccezionali ma distrugge l’atmosfera interna. All’inizio del 2021 ci siamo dotati di un cda composito che ha aiutato la famiglia ad affrontare le complessità di un mercato globalizzato. Oggi in azienda abbiamo 60 persone allineate con lo stesso meccanismo di retribuzione secondo un approccio molto americano. Dobbiamo riuscire a essere competitivi e scommettere sui giusti strumenti di retention. Il tema people è diventato fondamentale”.

Ha concluso Sandro Catani, coordinatore del Reflection Group “rispetto ai modelli standardizzati nelle grandi aziende la tavola rotonda ha confermato che ogni impresa è chiamata a trovare la sua strada anche in questo ambito, leva fondamentale dell’azienda e della governance”.  Ribadendo così le variabili che sono rilevanti nella definizione di una politica retributiva strategica e su misura:

  • Grado di internazionalizzazione
  • Operazioni sul capitale
  • Presenza di più rami familiari
  • Passaggio generazionale
  • Managerializzazione dell’impresa
  • Visione dell’imprenditore e modello culturale

“Senza dimenticarsi – conclude – che c’è sempre qualcuno che paga 1 euro + di noi!”

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