Editoriale

Board performance e disruptions: l’importanza di essere innovativi

Un cda pronto a mettere in atto e a reagire ai cambiamenti, iniziando dalla composizione in ottica forward looking e abilitando stili di leadership agili e innovativi, saprà essere versatile e rendere l’azienda resiliente

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Può un board essere disruptive (letteralmente: dirompente, rivoluzionario, innovativo)? È una ipotesi un po’ forte. Se consideriamo come un board dovrebbe funzionare per essere efficace e assicurare la creazione di valore sostenibile, anche secondo le analisi e testimonianze riportate recentemente nel volume DIRECTORS col contributo di tanti soci autorevoli di Nedcommunity, in realtà dovrebbe operare in modo equilibrato, evitando strappi e conflitti in un’ottica di squadra e di challenge  costruttivo e informato.

Tuttavia, le aziende sempre di più si trovano ad affrontare disruptions di diversi tipi: quelle attese dalle evoluzioni tecnologiche e digitali, ma anche quelle inattese, come la pandemia, le tensioni geopolitiche, l’escalation inflazionistica, le drammatiche evoluzioni climatiche con i rischi annessi. Disruption interne o esterne, difficilmente prevedibili nelle cause così come nelle evoluzioni.  Con maggior frequenza ci troviamo ad affrontare scenari che non avevamo nel cassetto e che si presentano in modo nuovo. Pensiamo alle diverse caratteristiche delle crisi bancarie di questi giorni (in Usa e in Svizzera) rispetto alle crisi indotte dalla crisi del 2008. Diversi fattori sottostanti impongono ai cda dei settori colpiti di analizzare velocemente analogie e differenze e attivare immediatamente costruzione di scenari che consentano di verificare i rischi in essere e prefigurare possibili evoluzioni che non possono essere tracciate guardando al passato, in quanto innescate da cambiamenti inediti nei comportamenti, o da decisioni regolamentari inusuali, o ancora da effetti possibili di correlazione tra variabili supposte indipendenti.

Allora la domanda corretta da porsi è: come può un cda affrontare al meglio le inevitabili e sempre più frequenti disruptions con cui le aziende si confrontano? In un certo senso questo tema lo abbiamo affrontato durante la pandemia con una serie di surveys che ci hanno fornito indicazioni di evoluzioni nei modi di operare e negli strumenti utilizzati per affrontare l’emergenza e successivamente le trasformazioni da questa indotte (remote working, accelerazione delle strategie ESG, digitalizzazione, innovazione). Ma il ritmo dei cambiamenti è tale da suggerire che le disruptions sono sempre più frequenti e mettono alla prova il management e la governance delle aziende su più fronti, creando anche un clima a volte di ansia. D’altra parte, il management è chiamato in continuazione ad affrontare nuove circostanze e dimostrare capacità di farsene carico e di proporre immediate risposte. Cruciale diventa la risposta a breve ma anche lo sguardo sull’impatto a lungo termine, un difficile equilibrio che il board deve indirizzare e monitorare, facendo anche leva su una leadership forte e inclusiva e su un costante dialogo con CEO e management.

La ricerca di Nedcommunity ha dimostrato, anche nel recente webinar Board Leadership e scenari postpandemici governance della “permacrisis”-Due modelli a confronto che il modo di operare deve saper incorporare una visione   strategica integrata, che guardi alle interazioni tra variabili finanziarie e non, tenendo conto di tutti i capitali, tangibili e non, su cui si basa il successo di lungo termine. Come allora fornire un valore in tempi di turbolenza?

Provo a fornire alcuni spunti.

  • Allineamento management/Board. Una buona regola è quella di assicurare un allineamento costante tra le analisi e risposte che il management elabora e le decisioni che il cda deve prendere. Ciò può richiedere lavoro specifico di Comitati o di sessioni ad hoc per approfondire impatti e scenari e discutere le possibili azioni e un piano di lavoro che chiama in causa il ruolo del Presidente come anello fondamentale di coordinamento. Presidente e CEO possono dover cambiare priorità e riorientare velocemente le agende, attivando maggiori controlli ad hoc o intensificando i feedback del management. 
  • Mantenimento di funzioni di supervisione e indirizzo. Nelle crisi è facile e frequente che il CDA tenda ad entrare molto più nei dettagli delle tematiche e delle scelte manageriali. Se da un lato ciò favorisce una miglior informazione , crea anche il rischio di confondere ruoli e responsabilità , inducendo dibattiti su tematiche  operative di spettanza del management. Solo un rapporto di fiducia forte e consolidato e il coordinamento di una presidenza autorevole in costante dialogo con il CEO può aiutare ad evitare questo rischio.
  • Ancoraggio a cultura e valori. Sembra un po’ paradossale ma avere come riferimenti la cultura e i valori aziendali nelle risposte da dare alle diverse disruptions può rappresentare un riferimento utile. Ciò, infatti, permette di guardare agli impatti reputazionali e alla risposta dei diversi stakeholders alle possibili scelte. Immettere fiducia e senso di “ownership” e saper comunicare ciò internamente ed esternamente aiuta a far comprendere e apprezzare le risposte. Contrariamente, risposte che ignorano valori e cultura rischiano di essere distruttive, creando distanza tra ownership  e execution.
  • Team work. Mai come nella crisi il lavoro di squadra, la complementarità di esperienze e competenze, la corretta di individuazione di rischi e opportunità rispetto al framework strategico adottato può aiutare a definire risposte efficaci. Più la governance è ben definita e più facile sarà attuare risposte efficaci e consapevoli.
  • Attivare eventuali cambiamenti organizzativi. Nelle crisi può essere utile attuare degli aggiustamenti organizzativi e di deleghe per aumentare la tempestività ed efficacia delle risposte. Ciò non deve creare disfunzionalità o incertezze, ma scaturire da una attenta ponderazione di rischi e opportunità d’azione.
  • Leadership e ruolo della presidenza. La leadership della presidenza ha assunto un ruolo crescente nell’abilitare le risposte, stimolare collaborazione inclusiva, coltivare un approccio di curiosità, motivazione e accountability dei board members. Favorire rapporti trasparenti e parità informativa stimola la performance del cda e il senso generale di responsabilità. Spetta anche al chair ricordare l’interesse della società e desistere da soluzioni che antepongano copertura dei rischi alla assunzione informata dei rischi sostenibili.
  • Attenzione agli stakeholders. Nelle crisi è facile anteporre l’interesse aziendale ad altre considerazioni. Mantenere presenti gli obiettivi strategici e gli interessi degli stakeholders rilevanti è fondamentale per evitare conflitti o deviazioni da percorsi di lungo termine. Dove tali deviazioni siano necessarie, meglio poterle esporre con un piano di comunicazione interno ed esterno che consolidi la trasparenza e la fiducia.
  • Considerare le disruptions normali e necessarie. Le disruptions nascono anche dai trends.  Andare oltre l’ottica di crisi significa prendere atto che le disruptions non vanno solo gestite ma anticipate, con una visone critica e lungimirante dei cambiamenti possibili. Si tratta di dedicare tempo a tracciare le discontinuità possibili nel proprio settore e sviluppare così una sensibilità nuova al cambiamento visto anche come opportunità e non solo come minaccia, ottica purtroppo ancora dominante in molte aziende. Se avessimo incorporato i vantaggi dello smart working prima della pandemia forse saremmo stati tutti più preparati a gestirli in un’ottica proattiva e non difensiva.
  • Per sviluppare una “cultura della disruptions” occorre osare di più nella board room, inserire talenti con esperienze di settori diversi, stimolare il lateral thinking nel management, sviluppare “think tanks” interne od esterne, fare leva sui dati, sull’intelligenza artificiale e sulle contaminazioni  di competenze e cultura  Questo è forse il tema più critico, non solo per il tempo e l’impegno che richiede,  ma anche per le inevitabili incertezze che introduce. Spesso i segnali di cambiamento sono già visibili all’interno delle aziende, ad esempio nel comportamento dei consumatori, o nascosti nelle metriche dei trends commerciali.  Favorire un’analisi spassionata dei cambiamenti è anche compito del cda, oltre ovviamente che del top management.

Ma se guardiamo alle aziende più trasformative, che sono uscite più forti dalle disruptions non possiamo che concludere che hanno saputo intercettare i cambiamenti prima che fossero tangibili. Ciò le ha anche preparate meglio alle disruption inattese, attivando meccanismi e risposte efficaci e tempestive.

La cultura della disruption è quindi un bene intangibile da coltivare, ad iniziare dalla composizione del cda in ottica forward looking e abilitando stili di leadership agili e innovativi che ne dispieghino tutte le potenzialità.

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