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BIBLIOTECA NED a cura della Direzione

L. BINI SMAGHI 
Morire di austerità 
Democrazie europee con le spalle al muro 

Collana “Contemporanea” 
Bologna, 2013

Lorenzo Bini Smaghi è stato membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea dal 2005 al 2011, è visiting scholar all’Università di Harvard e all’Istituto Affari Internazionali e Presidente di Snam Rete Gas.


Il lavoro di Lorenzo Bini Smaghi è diventato ormai un punto di riferimento per quanti vogliono capire gli errori che sono stati compiuti nell’affrontare la crisi, nella speranza che la storia induca i governanti a non ripetere gli errori compiuti. Non sembra un’impresa scontata, dato che l’insegnamento della storia, che pure è una componente fondamentale della cultura degli individui e delle nazioni, non porta necessariamente consenso elettorale.


Quello economico, pur rilevante, è solo un aspetto della crisi, problema che è di natura politica e che investe le democrazie occidentali: chi è eletto democraticamente fa fatica a prendere decisioni impopolari che possano compromettere la sua rielezione.


In questo contesto il quadro d’insieme che Bini Smaghi  propone è armonico e coerente: si distinguono chiaramente sia gli errori compiuti e le loro cause sia le politiche e le strategie necessarie per non morire di austerità; non è una trattazione teorica ed è corredata da una specifica cronologia, da esempi e riferimenti talmente puntuali e sequenziali.


Nel testo di Bini Smaghi risultano evidenti alcuni tratti particolarmente efficaci. Non era impossibile, ad esempio, ipotizzare sin dall’inizio che una moneta non può sopravvivere a lungo senza il supporto di un Stato e che possa risultare difficile gestire una moneta autonoma con continui interventi di un’istituzione internazionale (FMI) i cui i primi azionisti sono gli Sati Uniti e la Cina. Era anche chiaro che l’assenza di prospettive di convergenze economiche e politiche fra gli Stati membri, chiamati a risolvere propri problemi accumulati da oltre un ventennio, non avrebbe certo favorito il disegno di una politica economica unitaria.


In questo quadro la correzione dei saldi negativi dei bilanci pubblici dei singoli paesi non è condizione sufficiente per il risanamento. Se non si valutano i fattori che li hanno provocati (il come) e non si assumono decisioni giuste al momento giusto (il quando) non si può parlare di eccesso di austerità ma di misure di austerità sbagliate; esse sono state imposte dalla Germania nonostante il fatto che, proprio grazie alla deroga al patto di stabilità ottenuto nel 2003, essa abbia pragmaticamente potuto attuare le riforme necessarie per risanare le proprie finanze pubbliche interpretando correttamente il come e il quando. 


La Gernania tuttavia, non avendo esperienza di crisi valutarie o finanziarie nel dopoguerra, ha creduto di accelerare il risanamento dei conti pubblici dei paesi che non erano in grado di realizzare riforme istituzionali nel breve periodo, chiedendo loro misure insostenibili di austerità. Essa ha impiegato poi troppo tempo per invertire la rotta comprendendo tardivamente che l’uscita di un paese dall’euro è irrealizzabile e che l’eccesso di austerità, senza curarsi del come e del quando, produce i drammatici effetti socio – economici che sono sotto i nostri occhi.


Tutte le volte che la Bce ha assunto iniziative per alleviare la crisi sollecitando la realizzazione delle riforme che, rendendo più competitive le economie, avrebbero consentito di risanare i debiti pubblici in modo virtuoso ha trovato la resistenza di governi, impegnati in misure di austerità fini e se stesse. 


Da qui la chiave di lettura del volume: non la messa in discussione della politica fiscale e monetaria europea ma la mancanza di alternative alle riforme. Di più: i provvedimenti che i governi hanno preso sinora erano tesi a guadagnare tempo che non solo non hanno guadagnato ma che ci portano a morire di un’austerità fine a se stessa. 


La condizione per uscire dalla crisi è quindi di avviare subito le riforme necessarie. Le direttrici, o spunti di riflessione, che Bini Smaghi traccia al riguardo sono quattro. 
Uno spunto riguarda l’indipendenza degli organi predisposti a fornire input essenziali per la conduzione della politica economica o per controllarne l’operato, tenendo in conto che il costante ricorso alla pressione fiscale è una via più facile ma molto pericolosa. 
Un altro spunto riguarda la rimozione dei vincoli costituzionali che limitano i margini di discrezionalità di politiche economiche di breve periodo, che devono invece essere tese ad autentiche convergenze economiche e politiche fra gli Stati membri. Un ulteriore spunto riguarda l’impatto delle tendenze demografiche sulle scelte di politica economica. 
Un ultimo spunto di riflessione, che nella trattazione di Bini Smaghi è al primo posto, riguarda la necessità di cambiamento: il nuovo contesto globale non è più compatibile con l’attuale stile di vita e di consumo europeo. E’ innegabile infatti che per recuperare responsabilmente e nel lungo periodo i modelli attuali di vita, di consumo e di welfare dobbiamo investire nel futuro con la fame negli occhi dei nostri padri.  


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