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Globalizzazione addio? A cura di Mario Deaglio, XXI Rapporto sull'economia globale e l'Italia, Guerni a Associati, Milano, 2016. Grave new world: the end of globalisation, the return of history, di Stephen King, Yale University Press, 2017.

Grave new world: the end of globalisation, the return of history, di Stephen King, Yale University Press, 2017.

Globalizzazione addio? A cura di Mario Deaglio, XXI Rapporto sull’economia globale e l’Italia, Guerni a Associati, Milano, 2016.

Basta scorrere la definizione di globalizzazione, ad esempio offerta dal dizionario dei termini economici e finanziari del Financial Times: “Globalizzazione è l’integrazione di econome, industrie, mercati, culture e politiche nel mondo. Essa descrive un processo attraverso il quale le economie nazionali e locali, le società, le culture si sono integrate attraverso un network globale che ha riguardato il commercio, la comunicazione, l’immigrazione, i trasporti“, per cogliere il momento delicato che la globalizzazione attraversa nel giudizio degli esperti e dell’opinione pubblica e nei fatti concreti di tutti i giorni.

La globalizzazione non è un fenomeno nuovo. Già alla fine del 19° secolo capitali, merci e persone si muovevano attraverso i confini nazionali in misura più intensa, per certi versi, rispetto ad oggi. Tale tendenza si ridusse con la prima guerra mondiale e poi riprese con l’inizio degli anni sessanta. Gli effetti  finora sortiti dalla globalizzazione sono controversi. All’interno dei paesi occidentali essa ha comportato l’aumento della diseguaglianza , specie dove la classe media era più sviluppata. Al tempo stesso essa ha prodotto una riduzione della diseguaglianza globale, con una progressiva convergenza nei redditi pro-capite a livello mondiale.  Come segnalano gli economisti (si veda un interessante articolo di Renata Targetti Lenti su La Voce di poco più di un anno fa) questi mutamenti rappresentano una grossa sfida per gli equilibri interni e internazionali, non solo economici ma anche politici. L’aumento dei redditi nei paesi in via di sviluppo significa miglioramenti nelle condizioni abitative e sanitarie, maggiore istruzione e riduzione della povertà estrema. La  riduzione della classe media nei paesi industrializzati e l’aumento conseguente delle diseguaglianze ostacolano la formazione del capitale umano, indeboliscono la democrazia e alimentano movimenti nazionalisti e di “chiusura” dei sistemi politici ed economici nazionali.

Nel volume “Globalizzazione addio ?” un ampio team di ricerca, coordinato dal prof. Deaglio, emerito di Economia internazionale nell’università di Torino, passa in rassegna ed approfondisce molti dei temi suddetti, dai nodi economici dell’era Trump al panorama economico e politico mondiale fino al punto di vista dell’Italia, stretta tra i problemi del PIL e quelli delle banche, con riferimenti anche al delicato profilo demografico. Il volume, arricchito da una presentazione di Letizia Moratti,  conclude segnalando i numerosi, recenti mutamenti della classe politica mondiale, che sembrano andare appunto in direzione di un ridimensionamento degli ideali della globalizzazione sul fronte dei governi, delle economie e della finanza.

Nel volume “The end of globalisation”, da poco uscito in una collana dell’Università di Yale,  l’autore, Stephen King (no, non è l’autore forse più conosciuto della letteratura horror, ma un economista della banca internazionale HSBC, ma certo l’omonimia è gustosa, visti i toni con cui oggi si parla di globalizzazione…) sottolinea che forse siamo alle porte di un nuovo importante trend globale, che segue appunto lo sviluppo della globalizzazione, contraddistinto da una diversa incidenza della tecnologia. Quest’ultima potrebbe, contrariamente a quanto avvenuto finora, rendere meno utile per i paesi industrializzati lo sfruttamento di manodopera a basso costo proveniente da altre economie,  a favore di una “robotizzazione” domestica del lavoro. In questo contesto, anche per il populismo ovunque dilagante, gli accordi di cooperazione tra i paesi saranno sempre più difficili da porre in essere e di conseguenza i conflitti, speriamo solo in ambito economico, più frequenti e difficili da risolvere. 

Il dibattito sulla globalizzazione, come emerge anche dai volumi segnalati che sono sicuramente consigliabili per acquisire una visione d’insieme del fenomeno e per qualche approfondimento, mette da ultimo in evidenza un paradosso. La globalizzazione e, in ambito economico in particolare, gli accordi di libero scambio contribuiscono a riequilibrare divergenze normative e di mercato, che sono ritenute sovente alla base degli svantaggi competitivi sofferti per lo più dalle imprese di piccole dimensioni, più deboli ed operanti in contesti locali. Il rifiuto della globalizzazione porterebbe a vanificare tali risultati e dunque paradossalmente costituirebbe uno svantaggio per quelle unità economiche che i protezionismi di varia natura dichiarano di voler sostenere. Non a caso il volume di Deaglio si chiude con una citazione de La tempesta di Shakespeare, che mette in evidenza che il tempo degli incantesimi, delle illusioni che esistano soluzioni facili, è finito. Se i nostri policy makers leggono Shakesperare, possiamo dunque stare tranquilli che verrà scelta una via ragionevole alla globalizzazione, che consenta di coglierne l’indubbio valore, senza subirne gli effetti più deleteri.

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Alessandro Carretta, membro del Comitato Scientifico Ned e del Comitato Editoriale della Rivista ([email protected])


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