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Alcune riflessioni sui risultati della legge

A seguito dell’approvazione della Legge 120/2011 (la cosiddetta “Legge sulle quote rosa”), le società quotate e pubbliche italiane hanno via via incrementato il numero di donne negli organi sociali fino ad arrivare al 37% (società quotate). Dopo alcuni

di Livia Amidani Aliberti (*) e Carlo Drago (**)
  

A seguito dell’approvazione della Legge 120/2011 (la cosiddetta “Legge sulle quote rosa”), le società quotate e pubbliche italiane hanno via via incrementato il numero di donne negli organi sociali fino ad arrivare al 37% i(società quotate). Dopo alcuni anni di applicazione e con numeri decisamente più importanti, la letteratura sul tema donne e CdA è in deciso aumento. L’obiettivo di questa nota è di commentare alcuni recenti interventi e fornire spunti per future riflessioni.
Un articolo uscito sul Sole 24 Ore del 22 gennaio 2018 ii(a firma Prof. Paola Profeta) apre con la affermazione che I numeri ci dicono che la legge funziona, avendo la presenza femminile nelle società soggette alla legge superato il 30%. Si può definire l’incremento numerico una vittoria quando l’aumento della presenza femminile era prevedibile alla luce dell’obbligo di legge. Occorre piuttosto valutarne la qualità.
L’analisi delle caratteristiche degli amministratori donna delle società quotate italiane(cfr nota i) indica un aumento delle donne con laurea e post laurea, 90% e 29% nel 2017 rispetto al 76% e 17% del 2011. Tuttavia l’aumento di scolarità – a livelli relativamente elevati – non necessariamente implica un miglioramento della qualità degli organi sociali, che non sono la somma algebrica delle componenti.
In calo le donne “family” dal 42% al 12% e le donne manager, dal 72% al 55%. Le donne presidenti sono passate in 4 anni dal 2.5% al 3.6%, (cfr nota i)un progresso glaciale rispetto alle donne oramai presenti in CdA. Situazione simile a quanto sta succedendo in Francia ed in Norvegia, dove la quota riservata – in via permanente – al genere femminile è del 40%. Secondo vari autori, la segregazione nell’ambito dei consigli sarebbe in aumentoiii, a conferma del fatto che non basta una legge per cambiare la cultura. Un esempio molto recente di casa nostra è relativo all’implementazione della legge sulla parità di genere per i candidati in lista, dove l’uso sapiente dei collegi elettorali “sicuri” e le candidature multiple ha permesso ai partiti di aggirare la norma sulle quote rosaiv.
E’ opportuno dubitare inoltre, in linea con l’articolo del Sole 240re e unitamente ad altri accademici, sull’effetto a cascata nelle organizzazioni aziendali delle quote al vertice; le donne hanno ancora un ruolo marginale come AD, dal 3, 2% al 2.2% in 4 anni (cfr nota i), essendo le nuove elette prevalentemente amministratrici indipendenti; in Francia il fenomeno è assolutamente allineato, con le donne indipendenti che rappresentano l’80% del totale amministratriciv.
La conclusione di un recente studio è poco incoraggiante: “Overall, seven years after the board quota policy fully came into effect, we conclude that it had very little discernible impact on women in business beyond its direct effect on the women who made it into boardroomsvi. Gli studi della relazione tra donne e performance non hanno ancora fornito evidenze conclusive. Tra gli aspetti analizzati da numerosi accademici, il rapporto tra donne e la performance finanziaria, l’effetto delle nomine sui corsi di borsa, la variabilità dei corsi azionari, l’effetto della presenza femminile nei comitativii.
L’articolo del Sole parla di miglioramento nel processo di selezione e nomina, dove “donne competenti, qualificate, preparate sono state elette al posto di uomini meno qualificati”, rappresentativo di un miglioramento nel processo di selezione. La sola analisi delle diverse caratteristiche dei Directors dal 2011 (cfr nota i) ad oggi a nostro avviso non consente di dare certezza alla qualità del processo di selezione; alcuni autori (e non solo loro) hanno ipotizzato che la “high demand for female directors might result in figurehead positions more than positions based on their merits or potential contributions&rdquoviii;. Occorre dunque analizzare aspetti ulteriori.

Interlocking directorates

Alcuni studi hanno analizzato il percorso che porta la donna in consiglio; studiosi come Ibarraix, infatti, hanno evidenziato come la rete femminile ha caratteristiche strutturalmente e culturalmente diverse da quella maschile, fenomeno questo che porterebbe alle minori opportunità per le donne.
In Francia, in un campione di quotate (SBF 120) sembra essere il “business relationships “ad avere un ruolo importante nel processo di selezione, piuttosto che – ad esempio – “the education tie” (la stessa università) o “l’interlock” (tramite posizioni in altri consigli) [cfr. nota viii].
E in Italia? i dati relativi agli interlocks, ovvero amministratori che siedono in più consigli, altrimenti detti multicariche, golden skirts, overboardx segnalano un importante incremento delle donne multicarica, sia in assoluto che in relazione ad altri Paesi. Una comparazione su dati (non omogenei, va detto) tra Paesi che hanno implementato leggi sulla parità di genere emerge dalla seguente Figura1. Questi numeri sembrerebbero gettare qualche ombra sul processo di selezione e nomina delle amministratrici donna (gli uomini multicarica sono diminuiti nel periodo considerato).

Fig. 1 Per l’italia cfr nota i, per la Norvegia , per la Francia cfr nota v.

Come leggere questi numeri?

Un passo indietro. In generale, le Autorità sia nazionali sia sovranazionali hanno visto e vedono con cautela i collegamenti derivanti da posizioni multiple in organi sociali per gli effetti sulla concorrenza e sulla circolazione delle informazioni per il tramite dei consiglieri pluricarica. Sembra tuttavia un “effetto rete” positivo, per il quale una presenza femminile agisca positivamente nel portare altre donne nei boards. L’interlock dunque contribuirebbe a creare una spinta positiva, che potrebbe risultare utile in assenza di previsioni obbligatorie.
Le donne sembrano aver meno accesso alle reti esclusive (chiuse) che facilitano la nomina [ cfr nota viii] L’andamento dell’interlocking in Italia sembrerebbe suggerire che alcune donne che in qualche modo sono entrate in tali reti sono riuscite ad avere importanti benefici in termini di nomine multiple. Si potrebbe quindi ipotizzare una situazione binaria delle “amministratrici multicarica”? un insieme di donne con due incarichi, ottenuti tramite reti professionali o di CdA, o semplicemente geografiche accanto ad un insieme di amministratrici “pesanti” con tre o più incarichi.

Conclusioni

Ad avviso di chi scrive la legge ha già prodotto i benefici per i quali era stata approvata. Occorre adesso valorizzare le prassi virtuose con gli strumenti oggi finalmente disponibili. Un’autodisciplina monitorata che spinga a corretti comportamenti nella fase di selezione, nomina, assegnazione dei ruoli all’interno del consiglio. Le previsioni nel codice di autodisciplina ci sono, occorrerebbe forse spingere maggiormente gli Emittenti ad esprimersi sulla limitazione al numero degli incarichi, per ottimizzare gli effetti diffusivi della L 120/2011 e delle regole che saranno in vigore post legge.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

(*) Livia Amidani Aliberti fa parte del Comitato Scientifico di Nedcommunity, esperta di governance e gender diversity, componente organi di gestione e controllo in società quotate italiane e in UK ([email protected]).

(**) Carlo Drago, Ph.D (Statistics), Researcher in Probability and Statistics, University of Rome “Niccolò Cusano”, su temi di gender e reti di directors.

Note

i Consob (2018), Rapporto 2017 sulla corporate governance delle società quotate italiane. Online al link : http://www.consob.it/web/area-pubblica/rapporto-sulla-corporate-governance
i http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2018-01-21/piu-donne-cda-vittoria-e-sfida-140634.shtml?uuid=AEsqG9kD
i Si veda ad esempio in Francia: Reberiouxy, A., Roudautz, G., (2016). Gender Quota inside the Boardroom: Female Directors as New Key Players? – E in Norvegia : Storvik, A., (2016). Included, but still not equal. Gender segregation at quota regulated boards
i http://www.lavoce.info/archives/51262/truffe-rosa-parlamento/
i Le Péchon, G., (2017), Résultats de l’étude annuelle, Composition des Conseils d’ Administration et de Surveillance. Gouvernance & Structures
i Bertrand, N., Black, S.E., Jensen, S., Lleras-Muney, A., (2017). Breaking the Glass Ceiling? The Effect of Board Quotas on Female Labor Market, Outcomes in Norway
i Due interessanti meta analisi

  • Corinne Post, C., Byron2K. (2017), Women on Boards and Firm Financial Performance: A Meta-Analysis

  • Pletzer, J.L., Nikolova, R., Kedzior, K., Voelpel, S.C., (2015). Does Gender Matter? Female Representation on Corporate Boards and Firm Financial Performance – A Meta-Analysis

Due recenti lavori italiani

  • Ciavarella, A., (2017), Board diversity and firm performance across Europe. Consob, Quaderni di Finanza nr 85

  • Ferrari, G., Ferraro, G., Profeta, P., (2016). Gender Quotas:Challenging the Boards,Performance and the Stock Market

i Zenou, E , Allemand, I., Brullebaut,B. (2015). At the Origins of Female Directors’ Networks: A Study of the French Case
i Ibarra, E. (1993), Personal networks of women and minorities in management: A conceptual framework, Academy of Management, The Academy of Management Review, 1993, Vol 18. No1. 56-87
i Una recentissima recensione bibliometrica della letteratura su interlock e gender: Drago, C., Amidani Aliberti, L. (2018) Interlocking directorships networks and gender: a bibliometric analysis”. Presentazione disponibile online: https://www.researchgate.net/publication/323675481_Interlocking_Directorship_Networks_and_Gender_a_Bibliometric_Analysis
i Huse, M., (2011).The “Golden Skirts”: Changes in board composition following gender quotas on corporate boards
i Si veda ad esempio Hillman, A. J., & Dalziel, T.(2003,),Boards of directors and firm performance: Integrating agency and resource dependence perspectives. Academy of Management review, 28(3), 383-396


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