Editoriale

L’imponderabile che governa le nostre vite

Quanto è importante oggi essere pronti a gestire i cigni neri per la sopravvivenza di un’organizzazione aziendale. Un ruolo centrale lo giocherà sempre di più la buona governance

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Negli ultimi anni ho maturato la convinzione che per gestire l’imponderabile sia sempre più necessario mantenere la rotta sugli obiettivi di lungo periodo e che una buona governance significa porsi il problema di come avere successo di fronte ad una realtà economica che sta affrontando numerosi cambiamenti. Per gestire l’incertezza bisogna adottare un approccio sempre più in grado di anticipare i rischi e cogliere le opportunità sia di carattere economico, sociale e ambientale presenti e futuri. Un percorso nel quale non deve mai mancare una riflessione sui principali driver del cambiamento che arrivano dalla tecnologia, la cui rapidità di evoluzione è così elevata che necessita programmi di giusta transizione in grado di aiutare aziende e persone nel processo di adattamento e implementazione.    

Con le nuove priorità legate alla sicurezza, lo sconvolgimento dei canali del commercio internazionale, l’aumento del costo delle materie prime, la crisi energetica, i fenomeni migratori, l’accentuarsi delle disuguaglianze i nuovi assetti geopolitici, i Paesi sapranno impegnarsi in uno sforzo comune per rendere sempre attuale il raggiungimento degli impegni programmatici internazionali? Con le conseguenze economiche e sociali del conflitto saranno la sostenibilità, la transizione energetica e gli obiettivi quantitativi dell’agenda 2030 ancora raggiungibili entro la fine del decennio? Sapranno le crisi essere anche un’occasione per una visione diversa e per trovare nuove energie?

Gli effetti del conflitto combinati a quelli del Covid saranno pesantemente negativi, come sottolinea anche Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che identifica importanti effetti sul piano della povertà estrema e dei possibili rallentamenti nelle dinamiche di interdipendenza della globalizzazione, oltre al rischio di accentuata regionalizzazione, investimenti produttivi più bassi e incertezze per la domanda futura. D’altro canto la necessità di non dipendere dalla Russia sta spingendo molti Stati a una accelerazione di pratiche virtuose verso la transizione alle energie rinnovabili ed è anche vero si stanno sempre più valorizzando diplomazia e dialogo, cogliendo ogni spiraglio per mantenere aperto il negoziato con partner ormai indispensabili per ogni discorso sul futuro del mondo (Cina e India) ma anche con la Russia.

Bisogna puntare al multilateralismo, utilizzare le istituzioni internazionali, sulla difesa dei diritti delle minoranze ovunque siano violati, sulla ricerca del dialogo per alimentare continuamente i fragili equilibri della pace. Siamo tutti chiamati a prenderci cura della democrazia, prima che non sia più un’opzione, partendo dai cittadini, dalle nostre comunità e dalle aziende, coinvolgendo individui e società in un ragionamento sul rapporto tra benessere individuale e bene comune accogliendo le contraddizioni che ogni scelta coraggiosa comporta. Solo così potremo sperare di raggiungere davvero gli obiettivi di lungo periodo che servono alla salvezza del nostro pianeta.

Certamente non esiste benessere sociale se c’è “paura” ed è sempre più difficile portare avanti percorsi di lungo periodo fra contraddizioni e ragioni dei diversi attori coinvolti ma sviluppo e sostenibilità restano collegati. La strada è tracciata e passa dallo sviluppo di una cultura orientata al sodalizio fra indirizzi strategici gestione controllo e premiazione delle migliori performance. A spingere in questa direzione non sono solo gli organismi internazionali, l’Europa i consumatori e la società civile, ma anche le nuove generazioni e gli investitori che rappresentano milioni di risparmiatori responsabili e attenti al benessere sociale e ambientale.             

Credo quindi che sia fondamentale riflettere sui processi di governance e cogliere le opportunità che una corretta applicazione può generare in termini di buone pratiche per continuare ad essere efficienti e profittevoli nel lungo periodo, anche di fronte alla velocità dei mutamenti. Si tratta di cogliere le possibilità di un dialogo sempre più aperto e franco con i propri stakeholder. Nell’analizzare i rischi e le opportunità che possono derivare dai nuovi scenari le aziende dovranno imparare a tenere conto non solo degli impatti dell’azione al loro interno ma anche delle conseguenze sulle comunità in cui e con cui operano. Governare efficacemente l’azienda significa avere gli strumenti per incorporare i fattori ambientali e sociali nella strategia aziendale riducendo i rischi e massimizzando i profitti in una logica di valore condiviso e valorizzazione di tutti i capitali investiti.

Azienda e comunità collegati in un percorso di sviluppo e crescita dove ognuno deve fare la propria parte con passione e partecipazione. Se le aziende sono chiamate a ripensare il loro ruolo e la loro relazione con gli stakeholder contribuendo al benessere socioeconomico delle comunità con le quali interagiscono, le comunità dovranno farsi parte attiva e rivendicare il loro “diritto all’ascolto”. In particolare, se alle aziende è richiesto di rivedere il rapporto con i propri clienti, dipendenti e fornitori mettendo in atto modelli organizzativi e procedure che sappiano sviluppare collaborazione  verso una nuova visione di impresa alle comunità è richiesto di partecipare alla vita della collettività e contribuire con comportamenti virtuosi a diffondere nuovi modelli di comportamento solidali, rispettosi dell’ambiente e di rispetto delle fragilità e debolezze. Solo così potremmo reagire all’imponderabile che governa le nostre vite.

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