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Il cigno nero della guerra deprime il food&beverage italiano

Uno dei settori strategici della nostra economia rischia di subire gravi danni dalla crisi provocata dall’invasione russa dell’Ucraina che blocca le esportazioni di granaglie dal Mar Nero. Il ruolo centrale dei board

La chiamano “guerra del grano”. Si tratta dell’arma più letale nell’arsenale della Federazione russa che con l’invasione dell’Ucraina sta di fatto impedendo a oltre 20 milioni di tonnellate di granaglie di prendere il mare dai porti del Paese invaso il 24 febbraio scorso. Il rischio, imponderabile fino a qualche mese, è quello di far precipitare una parte del mondo in via di sviluppo, compresi i relativamente floridi Paesi del Nord Africa, nel burrone della crisi alimentare aumentando, aumentando tra l’altro il pericolo di conflitti e di tensioni. Ma non solo. Anche economie sviluppate come quella italiana, caratterizzata da una ricca e produttiva industria alimentare vocata all’export, potrebbe pagarne le conseguenze. A lanciare l’allarme il presidente di Federalimentare, per bocca del suo presidente, Ivano Vacondio, intervistato da La Voce degli Indipendenti. A rischio non ci sarebbe soltanto qualche prodotto ma l’intera filiera. Ecco perché un cda competente è non solo auspicabile ma indispensabile per affrontare adeguatamente questo “cigno nero”.

Il blocco delle navi cariche di grano, e non solo, quali effetti avrà a breve termine sulla nostra industria della pasta?

Il problema riguarda in realtà principalmente il pane e i prodotti da forno, perché a essere bloccato è il grano tenero. La problematica è seria. Basti pensare che il prezzo del grano è aumentato da febbraio a oggi del +52% e solo nell’ultimo mese del +16%. I nodi sono anche di reperibilità, perché, con il blocco sul Mar Nero, a essere ridisegnata è tutta la geografia degli approvvigionamenti di grano. Il problema è dunque logistico, ma non si limita a questo: si lega anche al fatto che la Russia ha ridotto le sue esportazioni. C’è infine un problema di ritenzione, perché quasi tutti i Paesi europei esportatori stanno rallentando l’offerta/export.

Se le tensioni fra Russia e Ucraina dovessero continuare a caratterizzare anche i prossimi mesi dell’anno, quali conseguenze prevede per l’intera industria del food and beverage nazionale?

Oltre all’aumento dei prezzi, il rischio coinvolge la possibile mancanza di approvvigionamenti. I gap di offerta che si stanno verificando si ripercuoteranno su aziende alimentari e consumatori molto più duramente di quanto non stia già accadendo. Tanto più e si considera che i cereali sono trasversali a tutti i settori alimentari, e la situazione non impatterà solo su qualche prodotto, ma su tutta la filiera. Penso a prodotti come la carne, le uova, la pasta, i formaggi, il latte, ecc.

I nostri imprenditori stanno già mettendo in atto contromisure per attutire l’impatto di questa crisi?

Gli imprenditori, specie in una prima fase, si sono caricati sulle loro spalle tutti i costi dovuti agli aumenti di materie prime ed energia, rischiando di arrivare al collasso. E anche ora che gli aumenti si sono scaricati su tutta la filiera, l’industria alimentare sta facendo il possibile. La questione, comunque, è assai più ampia, è politica, e non dipende da noi imprenditori.

Davvero una parte del mondo (penso all’Africa Settentrionale e al Sahel) rischia una crisi alimentare?

È così. Il discorso in ogni caso è assai più largo: non riguarda solo i Paesi in via di sviluppo, ma anche paesi come l’Italia, importatore per il 60% di grano tenero. Le situazioni sono sempre collegate, per cui anche noi rischiamo di subire concrete difficoltà di approvvigionamento di cereali.

Che ruolo possono giocare i cda nell’indirizzare strategicamente il management delle aziende del food and beverage nella gestione di questa crisi? In particolare, quanto è importante la presenza di consiglieri indipendenti nei board?

I consigli di amministrazione sono organi previsti proprio per gestire la vita aziendale e prendere le decisioni opportune. Certo, il contesto che stiamo vivendo è largamente anomalo, complesso, ricco di criticità, per cui il contributo di consiglieri esterni e indipendenti ha la sua valenza e in alcuni casi può risultare indispensabile. Un solo esempio: la gestione delle nuove problematiche legate alle logistiche complesse e coordinate per la movimentazione dei prodotti agricoli provenienti dall’Ucraina.

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