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La remunerazione sta cambiando: cda alla ricerca di nuove competenze

Secondo il RG che si occupa del tema l’executive compensation sta evolvendo in quattro direzioni ben precise. Ecco quali sono

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L’executive compensation evolverà, o meglio sta già evolvendo, nelle aziende quotate e in quelle non quotate. Quattro sono i principali fattori di questo cambiamento che si accentuerà nei prossimi 3-5 anni. Il primo riguarda  l’incorporazione dei fattori ESG nelle balancescorecard manageriali. Gli indicatori, caratterizzati da una maggiore materialità e standardizzazione, saranno maggiormente raccordati alla strategia dell’impresa.

Il secondo fattore riguarderà le aziende familiari che utilizzeranno politiche nuove per remunerare i manager e i talenti e sostenere i loro processi di crescita e di internazionalizzazione. Terzo, il gender pay gap oggi presente in particolare nelle fasce dei dirigenti e dei quadri, sarà attenuato ma non risolto, a meno di interventi normativi sul modello delle “quote rosa”. Infine, si renderà necessario un miglioramento della  comunicazione verso tutti gli stakeholder. Queste le previsioni che, elaborate dal Reflection Group Governance delle Remunerazioni di Nedcommunity, sono state approfondite e confermate durante un dibattito condotto da Sandro Catani e Silvia Stefini con gli esponenti di alcune società di consulenza specializzate in materia.

Esg al centro

Edoardo Cesarini, amministratore delegato di Willis Towers Watson, ha sottolineato che gli obiettivi ESG rappresentano un forte commitment strategico. “Dalle nostre evidenze emerge che quasi l’80 per cento delle aziende a livello globale usa i fattori ESG nel proprio sistema di incentivazione anche se non tutti hanno lo stesso peso: il social di certo ha maggiore considerazione, poi segue l’ambiente e infine la governance”. Per quanto riguarda la remunerazione nelle aziende familiari Cesarini ha ribaltato un luogo comune: “Sono tante le imprese che non hanno nulla da invidiare alle quotate ma d’altro canto esistono società al di fuori dei listini in cui l’imprenditore ha paura nel definire un sistema di regole ben precise per timore di vedere limitate la propria autonomia decisionale”. Sul fronte della diversità di paga fra uomini e donne il consulente ha richiamato alla necessità di un cambio culturale profondo mentre per quanto riguarda la disclosure è necessario che “il documento di remunerazione sia più chiaro quando spesso non lo è, anche volutamente. Consiglierei una sintesi accompagnata da grafici che per la loro natura auto esplicativa sono  certo di grande utilità”.

Guido Cutillo, Partner di  EY, ha dichiarato che la sostenibilità è “un tema fortemente legato alla creazione di valore, un elemento di sopravvivenza nel lungo termine. I grandi investitori lo sanno e già oggi la maggior parte dei capitali a disposizione è attirata da società con progetti di crescita sostenibile. E quando un fattore diventa strategico è giusto che transiti nel sistema di incentivazione del management”.

Sul secondo punto Cutillo ha ribadito che spesso “le non quotate adottano sistemi di incentivazione molto flessibili perché non sono gravate dall’effetto burocratizzazione tipico delle società quotate. D’altro canto per queste società è importante gestire il passaggio generazionale e dotare per tempo l’azienda di una governance  adatta all’ingresso di nuovi soci e che preveda  sistemi retributivi più conformi a quelli richiesti da un mercato azionario. L’atteggiamento paternalistico nei confronti dei propri manager deve evolvere per puntare sulla managerializzazione”.

Sul gender pay gap Cutillo ha confermato  come spesso “le aziende strutturate presentano problemi di differenza di retribuzione legati in particolare a una lenta crescita della leadership femminile rispetto a quella maschile.  Il vero gender pay gap lo troviamo a livello della dirigenza perché le donne stentano ad accedere alla fascia dei Direttori  e degli AD.”. Infine sulla disclosure:

“Il tema   è complicato, anche per gli addetti ai lavori. Per questo motivo andare verso una semplificazione della comunicazione può essere una soluzione.  Sarebbe il caso anche di fare un ragionamento con Consob sugli schemi richiesti per questo tipo di comunicazione”.

Collaborazione fra comitati

Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia ha ricordato che “molte aziende stanno sviluppando  comitati di sostenibilità che iniziano a costruire dei piani di crescita in stretta collaborazione con i comitati strategici e di remunerazione. Dal capitolo della sostenibilità andremo a individuare i Kpi da portare nei sistemi di incentivazione. Il problema è che non disponiamo ancora di strumenti di misurazione adeguati in primo luogo perché manca uno storico e poi un benchmark”. Anche secondo Morelli “in alcuni casi le società non quotate adottano sistemi di remunerazione di gran lunga più competitivi di quelli delle quotate. Noto però che c’è poca attitudine alla disclosure e un grande utilizzo del cash. In realtà l’introduzione di modelli simil equity farebbe allineare ancora di più gli interessi dell’imprenditore e del suo management rendendo l’azienda più moderna e attrattiva”.

Sul fronte del gender pay gap non ha dubbi: “Bisogna essere prescrittivi per far cambiare le cose: la legge sulle quote ha funzionato. Si deve, quindi, promuovere questa regola: 50 per cento di donne promosse e 50 per cento di uomini promossi”.

Infine sulla disclosure Morelli ha notato che “negli ultimi 5/6 anni si assiste a un processo di miglioramento anche se bisogna lavorare sulla declinazione degli obiettivi della politica della remunerazione. Legarla alla strategia aziendale, per esempio, è fondamentale. Se devo dare un premio speciale per la ristrutturazione ho l’obbligo di spiegare bene quale sia la natura della sfida che questa azione impone al management. Inoltre, la parola d’ordine deve diventare semplificazione con una maggiore adozione di elementi grafici nella relazione”.

In chiusura i moderatori dell’incontro  hanno sottolineato la validazione  delle posizioni del Reflection Group sottolineando alcuni contributi importanti emersi dal dibattito.

Gender pay gap problema di competizione

Sandro Catani ha ricordato che setutte le aziende del FTSE MIB, e in generale le quotate, hanno inserito indicatori ESG nei pacchetti per la remunerazione, rimane da migliorare la materialità degli indicatori e la standardizzazione risultano ancora modeste. Perché la stella polare,  rimane sempre la stessa: il compenso manageriale deve essere a fronte della creazione di valore. Il rischio di indicatori ESG generici è un “pay without performance”. Sotto quest’aspetto è interessante il punto di vista dei partecipanti raccolto in un sondaggio tra i partecipanti al webinar. Alla domanda sulla relazione tra  i risultati di Ebitda e il compenso al management solo il 69% ritiene che ci sia una correlazione positiva.

Per quanto riguarda il Gender Pay gap, il dibattito ha confermato che “il fenomeno deve essere considerato come un problema di competizione e di rispetto civile che dobbiamo far scomparire dai tavoli dei cda”. Infine sulla disclosure rimane ancora un tema da approfondire: quello della comunicazione interna. “Dire che l’ad prende una determinata cifra è un meccanismo di motivazione o può rappresentare un elemento di frustrazione per i dipendenti o, peggio, di aggressività?”

Anche Silvia Stefini ha sottolineato il valore delle politiche di remunerazione quale fattore di  competitività e lo ha fatto in particolare parlando delle aziende familiari “se non daranno maggiore comunicazione esterna ai meccanismi di remunerazione, rischieranno di perdere un’opportunità di essere più attraente sul mercato. Questo webinar ha confermato che la disclosure e la trasparenza rappresentano degli elementi importanti per il tema della remunerazione, e diventano un valore aggiunto per il mercato, i talenti, gli investitori, e anche i giornalisti economici chiamati a comunicare questo tema tanto delicato”.

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