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Tod’s dice addio a Piazza Affari

Ospitiamo “il punto di vista” di Stefano Modena per parlare di un’altra grande azienda italiana che lascia la Borsa ed entra nell’orbita di LVMH, il più grande polo del lusso mondiale. Una scelta dettata dalla rigidità e dai costi che può riflettersi anche sulla governance

Getty Images

Diego Della Valle è uno dei personaggi più in vista dell’imprenditoria italiana, simbolo del Made in Italy nel mondo. Come in tante altre storie tutto comincia dal nonno, che all’inizio del ‘900 apre un piccolo laboratorio calzaturiero. Con il tempo cresce attraversando diverse generazioni, fino a diventare uno dei principali attori del mondo della moda. Puntando sulla particolare capacità che gli italiani hanno di creare ed esprimere la bellezza, anche sotto forma di oggetti meravigliosi, Tod’s si afferma nel mondo come brand di lusso, e nella crescita aggiunge i marchi Fay, Hogan e Roger Vivier.

La società arriva in Borsa nel 2000, esordendo a 47 euro. Nel corso degli anni il valore oscilla tra alti e bassi arrivando a 142 euro nel 2013, per poi iniziare un lungo declino che la porta a valere appena 18 euro nel 2020. Nel frattempo la crescita del fatturato è tumultuosa, passando dai 220 milioni di euro del 1999 ad oltre 1 miliardo. Attualmente la famiglia Della Valle controlla il 54%, mentre una quota di minoranza del 10% è posseduta da Bernard Arnault, il fondatore, presidente e amministratore delegato di LVMH attraverso la società Delphine SAS. Lo scorso 10 febbraio la società ha comunicato che su Tod’s è stata lanciata in collaborazione con un operatore specializzato nel settore del lusso, L Catterton, una partnership tra il fondo di private equity Catterton e la stessa LVMH.

Se l’operazione andrà a buon fine la quota di Arnault salirà complessivamente al 36%, e Della Valle si troverà come socio il più grande gruppo mondiale nel settore del lusso, con un fatturato di 86 miliardi di euro. Il comunicato stampa della società evidenzia che il delisting è un presupposto per assicurare “il perseguimento dei programmi futuri di crescita poiché consentirebbe di perseguire i propri obiettivi in un contesto di mercato e in una cornice giuridica caratterizzati da maggiore flessibilità gestionale e organizzativa, con tempi di decisione e di esecuzione più rapidi e beneficiando altresì di una riduzione dei costi di gestione e di quotazione sul mercato”.

Ma cosa potrebbe accadere sul fronte del governo aziendale? Il consiglio di amministrazione di Tod’s è composto da 14 consiglieri, di cui 8 indipendenti ai sensi del T.U.F. e di grande prestigio, tra cui spiccano Luca Cordero di Montezemolo, Luigi Abete, ma anche Chiara Ferragni. Il delisting farebbe venir meno la necessità di un consiglio ampio e composito. Anche se non si può dimostrare è plausibile ascrivere, almeno in parte, i brillanti risultati di Tod’s anche alla sua governance. Nel 2022 i compensi al Consiglio di Amministrazione sono stati pari a circa 5 milioni di euro, che si riducono a 1 milione se si considerano solo gli 11 amministratori non esecutivi. Un importo rilevante pari al 4% dell’utile netto consolidato, sicuramente ripagato dall’apporto di professionisti di grandissimo valore. Sarebbe auspicabile che anche se l’OPA avesse successo nel consiglio continuino ad esserci figure di primo piano, in grado di interpretare la realtà e restituire quei punti di vista che possono fare la differenza nelle scelte strategiche.

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