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Ricordo di Adrian Cadbury

Sir Adrian Cadbury, il nostro maestro, ci ha lasciati il 3 settembre scorso. Aveva 86 anni. Il suo rapporto sulla corporate governance del 1992 (noto come “codice Cadbury”) è ancora ricordato in tutto il mondo quale punto di partenza per il governo

Sir Adrian Cadbury, il nostro maestro, ci ha lasciati il 3 settembre scorso.
Aveva 86 anni. Il suo rapporto sulla corporate governance del 1992 (noto come “codice Cadbury”) è ancora ricordato in tutto il mondo quale punto di partenza per il governo delle società.
Nel novembre 2007 venne a Milano, invitato da Nedcommunity e tenne una memorabile conferenza alla Borsa dal titolo “Perché è importante la corporate governance”.
Nello stesso anno Società Libera, un’associazione italiana di cultura politica, gli conferì il Premio internazionale alla Libertà.
Oltre che come maestro, lo sentivamo anche come grande amico.
Adrian fece studi classici, prima Eton, poi il King’s College di Cambridge, dove si laureò in economia. Sportivo, arrivò quarto alle Olimpiadi di Helsinki, nel canottaggio, con il suo “otto di Cambridge” che rappresentava l’Inghilterra. Dirà poi che questa era la cosa più grande che gli fosse mai capitata. Ma come dirà a Milano a un giornalista, la prima dote di un presidente è quella di avere autoironia.
Suo nonno George aveva fondato a Birmingham la fabbrica di cioccolato e suo padre ne fu presidente, oltre che presiedere il News Chronicle e fare l’amministratore della Bank of England. Adrian entrò nella Cadbury Ltd nel 1952 a fare gavetta ed era predestinato a occuparsi di editoria. Ma la morte del fratello maggiore lo candidò ad altri incarichi finché nel 1965 ne divenne presidente. Vi entrò a gamba tesa incaricando McKinsey’s di rivedere l’organizzazione. Nel comitato esecutivo del board c’era una maggioranza non-Cadbury: preferiva l’esperienza alla fedeltà. Quando si presentavano due candidati con uguali qualità, sceglieva il non-Cadbury. Tuttavia era fedele al concetto di impresa familiare, che rappresentava la maggioranza delle aziende inglesi.
Nel 1969 la svolta: per entrare maggiormente nel mercato americano, condusse la fusione con la Schweppes. Nacque la Cadbury-Schweppes, di cui fu prima Ceo e poi presidente e ne curò la difficile integrazione. Adrian fece notare che, di tutte le fusioni di quel periodo, la Cadbury-Schweppes fu l’unica a durare 40 anni.
Adrian si ritirò nel 1989 passando la presidenza al fratello minore Dominic: il fatturato nei vent’anni precedenti era stato moltiplicato 10 volte. La capitalizzazione del 1993 era otto volte quella di dieci anni prima. Tuttavia l’avventura americana, specie nella pasticceria, non andava bene e fu venduta a un concorrente. Quasi vent’anni dopo, nel 2010, lui e il fratello non riuscirono a evitare un controverso acquisto dell’azienda da parte del gruppo Kraft. Al Daily Telegraph che lo intervistava Adrian disse: “ Un acquirente può comprare un’azienda, ma non può legittimarsi per il carattere , i valori, l’esperienza e le tradizioni che l’hanno creata e fatta crescere.”
Nel frattempo Adrian aveva fatto tante altre cose. Sulle orme del padre era stato nel consiglio della Bank of England per 24 anni dal 1970 e in quello IBM per 19 anni dal 1979. Ma noi lo ricordiamo soprattutto per aver accettato nel 1991 l’offerta della Borsa inglese e del Financial Reporting Council che gli chiedevano di presiedere lo “UK Committee on the Financial Aspects of Corporate Governance”. L’Inghilterra era scossa dagli scandali finanziari della BCCI (Bank of Credit and Commerce International), dell’impero di Maxwell e di altre società: Cadbury aveva freddamente commentato che “…ci volevano cambiamenti e c’era l’opportunità di stabilire degli standard”.
Qualcuno gli chiese che cosa lo spingeva, al termine di una carriera di successo e da erede di una dinastia economica, a occuparsi di governance. Rispose: “Cosa devo fare da pensionato? Giocare a golf e coltivare il giardino?” Lo humour lo sorreggeva sempre.
Il lavoro si concluse nel dicembre 1992 con il “Rapporto e codice delle Buone Pratiche”, noto come “Cadbury Report and Code”, che diede origine in tutta Europa a una rincorsa, nei vari paesi, per adottare sotto forma di “Codici di autodisciplina”, come in Italia, quello che, secondo l’opinione di Cadbury, doveva essere “un codice volontario accoppiato alla trasparenza, che si dimostrerà più efficace di un codice statutario”. La sua grande regola era “complay or explain”, aderisci o spiega perché non lo fai, che di fatto spinse la grande maggioranza delle società quotate ad adottarlo. Cadbury era però contrario alla nascita di una legislazione sovranazionale, ad esempio europea, che regolasse la corporate governance.
I suoi principi erano che gli investitori investono sulla fiducia e le regole di buona governance contribuiscono a dare fiducia, che il CdA non deve gestire ma governare, fissare le regole, stabilire la strategia, nominare i dirigenti che poi gestiscono l’azienda, stabilire le loro retribuzioni in relazione alle performance di medio-lungo periodo, gestire il dialogo con gli azionisti. Grande importanza il Codice dedica al ruolo degli amministratori non-esecutivi, i nostri NED, per la promozione dei quali Adrian presiedette per 11 anni la ProNed, una vera progenitrice della nostra Nedcommunity. Ma molta importanza Adrian diede anche al presidente del CdA, che non voleva coincidente col Ceo.
Adrian si dedicò molto, nella sua vita, alla Aston University di Birmingham, di cui fu per vari anni rettore. Nel 2014 fu nominato “Compagno d’Onore”, un’esclusiva onorificenza inglese, definendolo “Governance pioneer”. Nella sua lectio a Milano ci disse che è un errore concentrarsi sulla forma piuttosto che sulla sostanza e che un buon amministratore non-esecutivo deve avere intelligenza, integrità e coraggio, ma che il coraggio è la più importante di queste qualità.
A lui dobbiamo molto. Ci mancherà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Franco Morganti, Coordinatore editoriale ([email protected])


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