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Mediobanca-Generali e la sfida della governance

La richiesta avanzata dal patron di Luxottica di salire al 20% della principale banca d’affari italiana “nasconderebbe” la volontà di controllare il colosso assicurativo triestino. Ma apre anche diversi interrogativi sull’assetto proprietario e di governo della banca e della compagnia

Courtesy Luxottica

Aumentare la propria quota in Mediobanca per arrivare al controllo di Generali. Sarebbe questo l’obiettivo del patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, che ha annunciato alla fine di maggio di voler salire al 20% del capitale di Piazzetta Cuccia.
Raddoppiare il proprio peso in quello che fu il salotto della finanza italiana, infatti, rappresenta una mossa strategica: Mediobanca possiede il 13% del colosso delle assicurazioni e Del Vecchio direttamente un 4,85%. Se dovesse quindi arrivare a controllare uno dei sancta sanctorum della finanza tricolore potrebbe automaticamente diventare l’azionista di riferimento di una delle poche aziende multinazionali del nostro Paese, terza compagnia assicurativa in Europa per fatturato dopo Allianz e Axa.

LA PALLA ALLA VIGILANZA

Della vicenda che ha tenuto banco durante i giorni più bui dell’epidemia di Coronavirus, si stanno occupando i migliori analisti finanziari. Non sono pochi coloro i quali mettono in guardia su come l’operazione potrebbe comportare un aumento della instabilità a Piazza Affari sul titolo Mediobanca, soprattutto fino a quando gli aspetti legati all’assetto societario non si saranno ben definiti. La stampa e l’opinione pubblica si sono poi spaccate in due: da una parte chi teme che dietro questa operazione ci sia una manovra per consegnare dei gioielli del nostro capitalismo ai francesi (Luxottica è associata alla transalpina Essilor), dall’altra invece chi sostiene che la mossa punti invece a rilanciare Generali in ambito europeo salvaguardandone al contempo l’italianità.

A prescindere da queste considerazioni, Banca d’Italia, cui è toccato il compito di istruire il dossier, ha verificato la sussistenza delle condizioni per l’inoltro della richiesta alla Bce. La palla adesso è nel campo della Vigilanza europea presieduta dall’italiano Andrea Enria che dovrà dare una risposta sull’operazione, presumibilmente entro settembre. Proprio alla vigilia della presentazione delle liste per il rinnovo del consiglio all’assemblea di fine ottobre di Mediobanca. Una conferma del fatto, come se ce ne fosse bisogno, che questa manovra non potrà non avere ripercussioni sul piano della governance di Piazzetta Cuccia e forse anche di Generali. E così in molti si chiedono quale sia poi la formula da preferire, quella dell’azionariato diffuso o del socio forte al comando.

PAROLA ALL’ESPERTA

“Anche nel settore finanziario, è difficile stabilire a priori se sia meglio il modello della public company o quello della proprietà concentrata. Vi sono esperienze di successo e di insuccesso su entrambi i fronti. Gli ingredienti essenziali di una buona governance – ricorda Paola Schwizer, presidente onorario di Nedcommunity – rimangono quelli della trasparenza, di un chiaro indirizzo strategico, che guardi alla sostenibilità del business nel lungo termine, di prospettive di continuità aziendale garantite anche da formali piani di successione del vertice. Gli investitori istituzionali chiedono maggior dialogo su questi temi. Se opachi interessi di parte rischiano di compromettere tutto questo, è certo che BCE ne terrà conto nelle proprie valutazioni sul caso specifico, per favorire la sana e prudente gestione della banca. Anche il mercato, in sede di Assemblea, potrà fare la sua parte, sostenendo la lista del CdA o quella di Assogestioni, che molto probabilmente verrà presentata come è stato in passato.”

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