Dura lex

Maggiori difese contro le scalate ostili in un contesto di over-regulation come quello italiano – Corruptissima re publica plurimae leges

Il 6 maggio scorso, in occasione dell’incontro annuale col mercato finanziario, il Presidente di Consob Giuseppe Vegas (già Vice Ministro dell’Economia), ha sorpreso la propria platea presentando la nuova politica dell’autorità di controllo. 


Innovando metodo e contenuti dell’incontro, tra i vari temi di interesse, egli ha trattato:

  • dell’opportunità di controlli mirati tramite una vigilanza che guarderà più alla “sostanza dei fenomeni” e che abbandonerà gli “approcci formalistici”;
  • dell’importanza della “semplicità delle regole” e della “credibilità dell’enforcement”; 
  • di una vigilanza di Consob più partecipativa, a tutela degli azionisti tanto di minoranza quanto di maggioranza, decidendo di assistere alle assemblee delle principali società chiamate all’approvazione del bilancio e, del caso, al rinnovo degli organi sociali;
  • dell’utilità di procedere ad un giusto arbitraggio tra contendibilità del controllo e strumenti di autodifesa societari contro le OPA ostili.


Con specifico riferimento al tema dell’OPA è emersa una condivisibile, seppur inaspettata, inversione di marcia. 


Sotto il profilo della partecipazione al capitale, è noto che le OPA possono essere “totalitarie” (OPA obbligatorie per i soggetti che vengono a detenere una quota superiore al 30% del capitale di una società quotata), “preventive” (OPA volontarie che si verificano quando un soggetto decide di lanciare un’OPA sul 60% del capitale di una società-bersaglio, previo parere positivo dell’assemblea dei soci di quest’ultima) e “residuali” (OPA obbligatorie e sulla totalità delle azioni rimaste nella detenzione di terzi, per i soggetti che vengono a detenere una quota superiore al 90% del capitale di una società quotata). Sotto il profilo del grado di ”aggressività” dell’offerta, l’OPA è “amichevole” (se il CdA è favorevole all’offerta) o “ostile” (se il CdA della società che si intende scalare è contrario all’offerta).


Ciò ricordato, il Presidente Vegas dopo aver evidenziato come “le acquisizioni di imprese italiane da parte di investitori stranieri possono apportare benefici significativi all’economia del paese in termini di crescita dell’occupazione, formazione del capitale umano, innovazione tecnologica e organizzativa, purché siano motivate da obiettivi trasparenti”, ha precisato che “non sempre acquisizioni sono guidate dal desiderio di incrementare il valore dell’impresa”. Per Vegas è quindi fondamentale definire norme in materia di OPA che siano in grado di contrastare il rischio di distruzione di valore garantendo l’efficienza del mercato del controllo societario.


Il nostro ordinamento, d’altronde – come egli ha ricordato – ha fortemente privilegiato la contendibilità, limitando conseguentemente le possibilità di difesa delle società a fronte di scalate ostili. Proprio in quest’ottica, Giuseppe Vegas ha auspicato il rafforzamento di possibilità di difesa quale quella prevista dall’art. 104 Testo Unico Finanziario che ha permesso alle società quotate di derogare per via statutaria alla disciplina della passivity rule (i.e.: il CdA della target si astiene dal compiere operazioni o atti che possano contrastare il perseguimento degli obiettivi dell’offerta, salvo autorizzazione dell’assemblea degli azionisti). In altre parole, secondo la nuova politica di Consob, occorrerebbe evitare l’effetto indesiderato di favorire la chiusura degli assetti proprietari delle imprese. Sotto questa prospettiva, infatti, il mercato italiano continua a manifestarsi come poco sviluppato e caratterizzato da assetti proprietari concentrati: con riferimento ad esempio al fenomeno del cd. interlocking, ossia la contemporaneità di presenze di membri dei board in più CdA quotati.


Di analoghe vedute è anche l’Amministratore Delegato di Borsa Italiana S.p.A. Raffaele Jerusalmi che a commento della relazione del Presidente della Consob ha dichiarato: “In molti Paesi ci sono norme che regolano le offerte che arrivano da società estere interessate a investire. Non ci deve essere protezionismo, ma un’attenzione sì, per fare in modo che queste acquisizioni vadano in un senso positivo per le imprese“.


Per concludere con le parole di Giuseppe Vegas “è tempo di un diverso approccio culturale”: è meglio possedere una partecipazione minore in un’impresa che cresce ed è in grado di aggredire i mercati mondiali piuttosto che disporre di una solida quota di controllo in un’impresa “costretta al nanismo”.


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