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Legislazione green: adeguarsi o uscire dal mercato

La sfida della transizione energetica è oggi regolata a livello europeo da un dispositivo normativo complesso che ha impatti notevoli su vari settori industriali

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La transizione verde è stata, più di recente, disciplinata dall’Unione europea con il Regolamento N. 1119/2021 che stabilisce obiettivi vincolanti per l’Europa di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e di abbattere, per lo meno del 55%, l’emissione di CO2 (rispetto alle emissioni del 1990) entro il 2030 (c.d. Fit for 55%).

Nel Green Deal, adottato il 14 luglio 2021, sono stati stabiliti le politiche e gli interventi di legge, connessi e complementari, al fine di raggiungere questi obiettivi (standard di emissione più severi per i veicoli – imponendo che le emissioni delle nuove autovetture diminuiscano del 55% a partire dal 2030 e del 100% a partire dal 2035 rispetto ai livelli del 2021, in modo che dal 2035 tutte le nuove vetture saranno a zero emissioni -; revisione del regolamento per combustibili alternativi per aeromobili e navi; regolamento sull’uso del suolo, sulla silvicoltura e sull’agricoltura per assorbire carbonio; direttiva sulle energie rinnovabili per produrre il 40% di energia da esse; direttiva sull’efficienza energetica; un nuovo meccanismo di adeguamento del prezzo del carbonio per le importazioni in Europa di determinati prodotti affinché ci sia un calo delle emissioni a livello mondiale e per impedire rilocalizzazioni di emissioni di carbonio fuori dall’Europa; modifiche per il sistema di scambio di quote di emissione (c.d. ETS) per abbassare ulteriormente il limite massimo generale delle emissioni e aumentarne il tasso annuo di riduzione; revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia). Tutto ciò avrà un impatto notevole su vari settori industriali. A cominciare dall’industria dell’auto; difatti il gruppo Stellantis ha di recente annunciato che entro il 2030 tutti i modelli dei 14 marchi venduti in Europa saranno soltanto elettrici. Ma non ci sono molte scelte: l’alternativa è adeguarsi o uscire dal mercato.

Sostenibilità al centro

Tra gli interventi legislativi proposti in quest’ambito, in quanto collegati all’obiettivo della neutralità climatica, giova menzionare, perché di particolare rilevanza per gli amministratori, la Proposta di Direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (Corporate Sustainability Due Diligence Directive Proposal), pubblicata il 23 febbraio 2022 e finalizzata a prevenire e mitigare gli impatti negativi da parte delle di società di maggiori dimensioni (> 500 dipendenti e fatturato di > 150 mil Euro) sull’ambiente (oltre che sui lavoratori e diritti umani) lungo tutta la catena del valore.

Essa segue la Risoluzione del 10 marzo 2021 del Parlamento Europeo sul “Dovere di diligenza e responsabilità delle imprese”. Le disposizioni di maggiore interesse contenute nella Proposta per quanto riguarda gli amministratori ed ai fini della transizione energetica possono considerarsi due. L’articolo 15 secondo cui gli Stati membri devono far sì che le società di maggiori dimensioni adottino un piano al fine di assicurare che il loro modello di business e la loro strategia siano compatibili con la transizione ad un’economia sostenibile e con il limite dell’1.5° C di temperatura globale stabilito dagli Accordi di Parigi. E l’articolo 25 il quale enuncia espressamente l’obbligo degli amministratori di tenere conto, nell’adempimento del dovere di agire nell’interesse superiore della società, delle conseguenze in termini di sostenibilità, a breve, medio e lungo termine, delle decisioni che assumono, comprese, se del caso, delle conseguenze per il cambiamento climatico e l’ambiente (oltre che per i diritti umani).

Piani strategici attenti al clima

Dal combinato disposto dei due articoli potrebbe dunque risultare, se la Proposta di Direttiva verrà approvata in questi termini: un obbligo esplicito per le società di rilevanti dimensioni, e quindi per i consigli di amministrazione, di elaborare piani strategici che siano in linea con gli obiettivi stabiliti dall’Unione Europea (c.d. Fit for 55%) di cui sopra ed in ogni caso di considerare sempre, nella gestione societaria, l’impatto sul clima. Saranno gli stati membri a disciplinare le violazioni di queste disposizioni.

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