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L’effetto disruptive dei ned nelle Pmi

Il ruolo dell'amministratore non esecutivo e indipendente consiste nell'essere una sorta di bussola etica all'interno di una organizzazione. Intervista a un ned su come possono essere disruptive nelle Pmi

Quando si parla di diversity con riferimento ai consigli di amministrazione il pensiero va spesso alla presenza di donne nelle sale riunione dei board. Un punto di vista riduttivo, visto e considerato che questo concetto centrale può essere identificato anche con altro, per esempio con la presenza di ned nei cda. Spesso si sottovalutata il valor disruptive della presenza dei consiglieri di amministrazione non esecutivi e indipendenti, soprattutto nelle aziende piccole e medie che rappresentano la maggioranza delle imprese italiane e lo zoccolo duro della nostra economia. Secondo Roberto Cravero, coordinatore del Reflection Group “La corporate governance delle aziende non quotate” il valore di rottura dei consiglieri non esecutivi e indipendenti rappresenta un valore aggiunto.

Che valore di “rottura” ha avuto l’ingresso dei ned nei cda delle aziende? E che contributo possono ancora dare in questo senso soprattutto nelle Pmi che rappresentano lo zoccolo duro del nostro tessuto produttivo?

“Il ruolo dei ned è determinante nel percorso di crescita di ogni realtà aziendale, lo è ancora di più quando parliamo di PMI, che rappresentano la parte più consistente del tessuto produttivo italiano. Tali realtà, capaci a distinguersi sul mercato per l’eccellenza nella tecnologia, nel prodotto e nella creatività, spesso accusano debolezze proprio per la scarsa capacità di gestione della complessità, soprattutto quando la stessa è associata ad una significativa crescita dimensionale. In tali situazioni, il ruolo dei ned diventa ancora più fondamentale, soprattutto quando essi, con visione e metodo, riescono a contribuire al miglioramento della governance aziendale,  spesso inadeguata,  partendo dalla cabina di regia che è il board.

Grazie al contributo di molti ned, nei consigli è aumentata l’attenzione alle tematiche ambientali, sociali e di governance, temi che oggi iniziano ad essere sempre più presenti non solo nel core business delle aziende, ma anche nei loro piani industriali. Un amministratore indipendente e non esecutivo porta diversità, un’enfasi maggiore su una visione strategica meno concentrata sulla profittabilità a breve, in particolare quando può rappresentare una criticità nel raggiungimento degli obiettivi aziendali di più lunga durata. Avere in consiglio professionalità che aiutino a portare disciplina nella condotta aziendale, a migliorare la cultura del dato e a porre enfasi sulla gestione dei rischi e sull’importanza dello sviluppo del capitale umano, rappresenta per ogni azienda un grande valore”.

Quali sono le competenze “inedite” che un ned può introdurre in un board e quali skills sono da considerare di grande attualità e oggi indispensabili?

“Per una corretta composizione dei consigli di amministrazione occorre in primis aver riguardo alle dimensioni e alla complessità della società. La selezione dei candidati presuppone una corretta integrazione di ruoli e competenze diverse. È, infatti, necessario che il consiglio sappia, con equilibrio, coniugare l’efficienza nei processi e nelle delibere assunte, con l’efficacia dell’azione di controllo e di supervisione, essendo entrambe attività che competono al vertice aziendale.

La regola spesso usata è quella di rispettare il mantra della ‘diversity&inclusion’, utile per agevolare il consiglio nella definizione e, a seguire, nell’attuazione, di una strategia di medio lungo periodo basata sulla cosiddetta ‘crescita sostenibile’, ossia quella crescita che sappia integrare i valori fondamentali del capitale umano, della sostenibilità e dell’innovazione. Le competenze vanno quindi senz’altro ricercate in quest’ottica, non dimenticando che ogni realtà è diversa e unica e, per le proprie caratteristiche peculiari, va valutata con la dovuta attenzione. Per certo, competenze spesso inedite e assenti in molti consigli, sono oggi quelle legate alle tematiche più innovative, come gli skill digitali, la cybersecurity e l’ampio spettro della sostenibilità e del mondo ESG. Nello stesso tempo, soprattutto nell’universo delle PMI, fondamentali sono le competenze utili a far crescere la gestione dei rischi con una loro corretta integrazione nei vari processi aziendali, per un processo decisionale più consapevole e supportato”.

Secondo i dati di Spencer Stuart l’età media dei consiglieri nel 2021 era di 57 anni, la fascia d’età più diffusa è quella dai 51 ai 60 (43%) mentre soltanto il 2% è under 40. Quanto sarebbe importante poter contare su “giovani” leve, soprattutto alla luce delle sfide dell’innovazione tecnologica che anche le Pmi sono chiamate ad affrontare? 

“È già stata condivisa l’importanza per ogni consiglio di amministrazione di poter disporre di pensieri fra loro non omogenei. Le PMI, spesso sbilanciate sull’attenzione alla gestione operativa, si trovano oggi di fronte a nuove sfide, fra cui la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica. Le decisioni che i loro consigli debbono assumere sono essenziali per il loro sviluppo futuro e sono fortemente condizionate da tali aspetti.

In tale contesto, oggi è determinante per un consiglio poter disporre anche del contributo che sono in grado di apportare le nuove generazioni, sia per la loro freschezza mentale, sia per la maggior sensibilità di cui in genere dispongono su tali temi. Le giovani leve, infatti, sono certamente portatrici di innovazione, essendo più disposte a tradire regole e configurazioni del passato, per affrontare nuove sfide. Allo stesso tempo, in genere, hanno maggior consapevolezza della rilevanza che il confronto con i maggiori stakeholder aziendali sta assumendo nelle strategie e nei processi di crescita.  Per queste ragioni, un consiglio formato da soggetti di età diversa può certamente gestire un’azienda con miglior efficienza, anche per la naturale contrapposizione di idee apportate da soggetti di età ed esperienza diversa, alcune più convergenti sulla tradizione, altre più sbilanciate sull’innovazione”.

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