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IA e governance: etica in primo piano

Alla tecnologizzazione dei processi societari fa da pendant un nuovo umanesimo a livello di interesse sociale e di scopo: l’utilizzo della IA deve rimanere a controllo umano

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L’impatto che l’intelligenza artificiale è in grado di produrre sulla corporate governance solleva alcune domande di ordine sistematico. L’organizzazione dell’impresa, divenuta sempre più digitale e governata dalle nuove tecnologie, prefigura uno scenario di progressiva disumanizzazione dell’apparato aziendale, a cui si accompagna una crescente valorizzazionedell’etica nelle scelte gestionali.

Spazio a un nuovo umanesimo

In altre parole, alla tecnologizzazione dei processi societari fa da pendant un nuovo umanesimo a livello di interesse sociale e di scopo. A garanzia di un controllo umano sulle modalità di utilizzo dell’IA, gli organi amministrativi delle grandi imprese stanno istituendo appositi comitati interni incaricati di implementare e monitorare un corretto uso di soluzioni informatiche e digitali, con il compito di censire e verificare quali dati abbiano alimentato l’algoritmo, quali siano le modalità di funzionamento dello stesso e i relativi parametri di attendibilità.

In aggiunta, affinché l’architettura organizzativa dell’impresa possa dirsi effettivamente adeguata – e, quindi, idonea a proteggere da potenziali responsabilità sia l’organo amministrativo esecutivo sia il plenum collegiale – è necessario che il supporto dell’intelligenza artificiale nella conduzione aziendale sia diligentemente valutato. E perché ciò possa correttamente avvenire è certamente utile che il consiglio di amministrazione annoveri, fra i propri membri, anche un numero sufficiente di soggetti dotati dell’esperienza e conoscenza necessarie in ambito tecnologico. In tali circostanze la composizione quali-quantitativa dell’organo gestorio potrà dirsi ottimale, e conseguentemente potranno essere implementati assetti organizzativi adeguati anche ricorrendo all’ausilio dell’intelligenza artificiale.

Un nuovo ruolo per i board members

Pertanto, se è vero che il ricorso all’IA si propone di ridurre sensibilmente il pericolo di conflitti di interesse nell’assunzione di decisioni aziendali, è altrettanto vero che una eccessiva riduzione della discrezionalità gestoria umana porterebbe al sacrificio della sensibilità propria del soggetto nella valorizzazione di elementi difficilmente ponderabili in termini oggettivi. Di qui la difficoltà pratica di affidare ad un algoritmo la piena e autonoma gestione di un’impresa societaria, a meno che non si tratti di attività così poco sofisticate da poter essere condotte con l’“autopilota”.

È così che il ruolo dell’amministratore muta nel rinnovato contesto tecnologico che ci circonda, dovendo caratterizzarsi per la capacità di utilizzare, e contestualmente monitorare, lo strumentario tecnico a propria disposizione, verificandone nel continuum l’efficienza, l’affidabilità e l’idoneità a far fronte a varie situazioni.

In sintesi, come le istituzioni europee hanno avuto modo di puntualizzare in più occasioni, è l’uomo che è al centro della trasformazione digitale e non viceversa, e ciò vale anche nella individuazione del ruolo assegnato all’intelligenza artificiale in materia di corporate governance.

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