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Fca-Psa e il nodo della governance

La fusione fra i due gruppi dell’automotive si presenta come una sfida dal punto di vista dell’armonizzazione produttiva ma anche, se non soprattutto, da quella del governo societario

Credit: GettyImages

La fusione si farà, nonostante l’emergenza coronavirus, entro la fine del 2020. Il matrimonio fra Fca e Psa dal quale dovrebbe nascere il quarto gruppo automobilistico al mondo da quasi 9 milioni di veicoli (terzo in termini di fatturato con ricavi di quasi 170 miliardi di euro) non è in discussione, come ha ribadito nell’aprile scorso il presidente del colosso italo-americano, John Elkann, in una lettera inviata agli azionisti della cassaforte della famiglia Agnelli, Exor. Concetto riaffermato anche agli inizi di maggio dall’amministratore delegato di Fca, Mike Manley. Rimane da vedere come evolverà l’esame dell’Antitrust europeo che vuole indagare sugli effetti dell’operazione per verificare se comporta una riduzione significativa della concorrenza effettiva in particolare nel mercato dei veicoli commerciali leggeri. La volontà di unire le forze, però, rimane confermata.

“Siamo molto fiduciosi di riuscire a raggiungere le sinergie dichiarate pari a circa 3,7 miliardi di euro all’anno stante la situazione attuale, cioè senza chiusura di stabilimenti, grazie alla creazione di una nuova società, soprattutto considerando che sarà guidata da Carlos Tavares, che ha raggiunto solidi risultati come Ceo di PSA e capisce l’importanza della cultura aziendale”, si legge nella nota. Ferma restando, quindi, l’intenzione di “convolare a giuste nozze”, oltre alle sinergie industriali alle quali si sta alacremente lavorando, rimane ancora da definire una volta per tutte la governance.

IL FUTURO BOARD

Se si fa riferimento al memorandum d’intesa siglato dai due gruppi nel dicembre del 2019 si può già anticipare la composizione del futuro board, che sarà composto da 11 membri, per la maggioranza indipendenti. Cinque saranno in quota Fca-Exor, fra cui John Elkann che ricoprirà anche la carica di presidente del nuovo gruppo e cinque andranno in quota transalpina e fra questi si conteranno il vicepresidente, il “senior non-executive director”. L’undicesimo componente del consiglio di amministrazione sarà il ceo del gruppo, Carlos Tavares, con un mandato quinquennale. Mutuando una prassi ormai consolidata soprattutto in Germania, nel board siederanno anche due membri in rappresentanza dei lavoratori, uno espresso da Fca e uno da Psa.

IL NODO DELLA STABILITÀ

Sul tavolo, però, rimane il nodo della stabilità del nuovo colosso industriale. Per garantirla ormai da mesi si parla della stesura e della firma di un patto parasociale che potrebbe prendere la forma di un accordo fra Exor e famiglia Peugeot, socio di riferimento di Psa, per blindare il 22,5% del gruppo garantendone continuità di azione e futuro. Di questo il 14% apparterrebbe a Exor, la famiglia Peugeot avrebbe l’8,5% e lo Stato francese il 3,5%.

Exor non è nuova a una soluzione di questo tipo, scelta proprio per mettere in sicurezza uno dei gioielli del gruppo Fca, la Ferrari, poco prima dello spin-off propedeutico alla sua storica quotazione in Borsa. Lo stesso Elkann l’ha citata nella sua lettera. Secondo il patto firmato nel dicembre del 2015, la holding della famiglia Agnelli detiene circa il 23,5% delle quote del Cavallino rampante mentre Piero Ferrari, figlio del fondatore del prestigioso marchio di auto sportive e da corsa, il 10% del capitale. In virtù di questo accordo Exor può contare sul 33,4% dei diritti di voti mentre il successore dell’”ingegnere” sul 15,4%. A fine giugno si aprirà la finestra per per la disdetta dell’intesa ma l’orientamento, come anticipato dal Sole 24 Ore alla fine di aprile, sarebbe quello del rinnovo.

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