Dura lex

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Trentacinque sono i giorni che ha impiegato il consiglio di amministrazione di Unicredit per indicare, previo parere favorevole del comitato nomine, Mustier come successore di Ghizzoni alla carica di amministratore delegato. Mustier è entrato in carica il

Il sistema italiano alla prova con “i piani di successione” degli amministratori esecutivi: il caso Unicredit

a cura di Annapaola Negri-Clementi

Trentacinque sono i giorni che ha impiegato il consiglio di amministrazione di Unicredit per indicare, previo parere favorevole del comitato nomine, Mustier come successore di Ghizzoni alla carica di amministratore delegato. Mustier è entrato in carica il 12 luglio u.s e la sua nomina è comunque soggetta alla valutazione della BCE.

La notizia suscita evidente interesse sotto diversi profili, ma limitiamoci qui a chiederci: esiste un “piano di successione” dell’amministratore delegato in Unicredit ? il piano traccia il profilo del successore del capo-azienda in caso di anticipata cessazione di questo ? il piano ha consentito una effettiva gestione della successione dell’amministratore delegato ?

Ma andiamo con ordine.

Il quadro normativo-regolamentare italiano in materia di piani di successione è contraddistinto da un doppio binario, a seconda che si tratti di banche “di maggiori dimensioni o complessità operativa” oppure altre società ancorché quotate.

Per le banche “di maggiori dimensioni o complessità operativa”, la Banca d’Italia ha reso obbligatoria la formalizzazione di “piani volti ad assicurare l’ordinata successione nelle posizioni di vertice dell’esecutivo (amministratore delegato, direttore generale) in caso di cessazione per scadenza del mandato o per qualsiasi altra causa, al fine di garantire la continuità aziendale e di evitare ricadute economiche e reputazionali”.

Per le altre società quotate (diverse da quelle sopra indicate) l’adozione di piani di successione è attribuita all’autonomia privata dei consigli di amministrazione che possono (e non devono) “valutare se adottare” un piano per la successione degli amministratori esecutivi; il tutto è rimesso alle regole dell’autodisciplina per cui l’emittente è invitato a chiarire nella relazione di corporate governance a quali disposizione aderisce volontariamente e, ad avviso di chi scrive, a motivare eventuali comportamenti che disattendano le raccomandazioni secondo il principio del “comply or explain”: siamo nell’ambito solo della moral suasion.

I dati risultanti dall’indagine della BCE sulla governance degli istituti bancari europei con riferimento all’esercizio 2015 mostrano che in alcuni casi i piani per la successione al vertice non erano stati definiti o che necessitavano di miglioramenti col rischio “di mettere a repentaglio la continuità nell’azione dell’intero board”; c’è anche l’eventualità che il mercato faccia discendere una valutazione di critica nei confronti dello stesso consiglio che non abbia ipotizzato un piano di emergenza per il caso del venire meno degli amministratori esecutivi.

Dalle relazioni di corporate governance delle 228 società italiane quotate disponibili al 15 luglio 2015 risulta che solo 20 avevano adottato e comunicato l’esistenza di un piano di successione.

Tra i fattori che a mio avviso sono più rilevanti nel rallentare la diffusione dei piani di successione nel sistema italiano si segnalano: la natura dell’azionariato di controllo, concentrato e di matrice familiare; la preoccupazione che ipotizzare un piano di successione possa costituire , in sé, un giudizio di critica nei confronti dell’attuale leader; il timore che la diffusione di informazioni relative a piani di successione possa comportare una disclosure eccessiva e fornire informazioni sensibili ai concorrenti.

C’è poi un tema, recentemente molto dibattuto, che riguarda l’esercizio della leadership e la capacità di coltivare i talenti interni all’impresa.

E Unicredit ?

La relazione di corporate governance menziona l’esistenza di un Executive Development Plan che riguarda tutta la dirigenza e i ruoli esecutivi del Gruppo fino all’amministratore delegato. Si tratta di un processo annuale di valutazione delle prestazioni e del potenziale delle risorse umane al fine di assicurare la sostenibilità del Gruppo tramite l’individuazione di successori di breve e medio termine. Si legge che “i risultati dell’Executive Development Plan costituiscono il punto di riferimento per le decisioni relative a nuove nomine e per valutare i possibili candidati”.

Naturalmente il processo di predisposizione dell’Executive Development Plan e della sua revisione annuale passa dal comitato nomine (che in Unicredit prende il nome di “Comitato Corporate Governance, HR and Nomination”), composto prevalentemente da amministratori indipendenti, secondo le indicazioni del Codice di Autodisciplina. Altri istituti di credito (ad esempio, UBI) hanno dichiarato che il comitato nomine nella valutazione dei piani di successione si è avvalso di società esterna indipendente individuata dal comitato stesso.

Fortunatamente in Unicredit al tempo impiegato per la ricerca del nuovo capo azienda non si aggiungerà il c.d. tempo di adattamento: Mustier era stato interno al Gruppo e questa scelta forse può dirsi compensativa del periodo in cui l’istituto è rimasto privo di CEO (ciò peraltro in concomitanza con la Brexit).

In conclusione si sente da più parti l’esigenza che un piano di successione – che possa dirsi adeguato e soprattutto effettivo – preveda il coinvolgimento non solo del comitato nomine e del consiglio di amministrazione nella predisposizione di detto piano, ma anche dell’amministratore delegato uscente. Proprio questi, infatti, che è stato il capo-azienda e il leader fino a quel momento non dovrebbe concentrarsi su un eventuale sentimento di sfiducia che si volesse collegare al cambio di management ma dovrebbe invece valutare e sviluppare la nuova generazione cui affidare la leadership. I piani di successione, ancora una volta, non dovrebbero essere un mero esercizio stilistico, un formale adempimento agli obblighi di legge o alle facoltà di autoregolamentazione, ma dovrebbe essere un percorso serio e sostenibile per evitare periodi di incertezza che possano pregiudicare il titolo.

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Annapaola Negri-Clementi, Partner di Negri-Clementi Studio Legale Associato ([email protected])


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