Dura lex

CSRD: le novità della Direttiva in cinque punti

Un passaggio normativo fondamentale che si inserisce nel più ampio contesto del Green Deal e rappresenta un passo avanti nella reportistica di sostenibilità

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È passato poco più di un anno dall’entrata in vigore, il 5 gennaio 2023, della CSRD. La norma varata dall’Unione europea allarga la platea di aziende, grandi ma anche PMI quotate, tenute a rendicontare sulla sostenibilità. Vediamo quali sono le principali caratteristiche.

  1. Obiettivo della Direttiva

La Direttiva (UE) 2022/2464, anche nota con il nome di corporate sustainability reporting directive(CRSD), si inserisce nella strategia di crescita dell’Unione Europea, ossia il Green Deal, che mira a “trasformare l’Unione in un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva, che entro il 2050 non avrà emissioni dirette di gas a effetto serra”.

Lo scopo di detta Direttiva è quello di migliorare il grado di trasparenza del mercato con riferimento alle informazioni sulla sostenibilità, ossia informazioni che afferiscono ai temi ambientali, sociali e di governance.

  • Destinatari

L’obiettivo della CSRD è l’incremento della quantità di informazioni, comparabili e attendibili, sulla “sostenibilità”, e, quindi, il suo campo di applicazione è molto più esteso rispetto a quello della direttiva sulla pubblicazione delle informazioni non finanziarie (DNF). La CSRD si rivolge a tutte le grandi imprese (quotate e non), alle piccole e medie imprese quotate su un mercato regolamentato, agli enti piccoli e non complessi e alle imprese di assicurazione captive dell’Unione Europea, escluse le microimprese. Le informazioni che i destinatari devono fornire includono quelle riferibili alla supply chain. Pertanto, anche enti non direttamente soggetti alla CSRD potrebbero dover fornire informazioni relative alla “sostenibilità”, in quanto, a esempio, sono fornitori di imprese sottoposte agli obblighi di rendicontazione richiesti dalla Direttiva.

  • Tempistiche di adeguamento

La Direttiva dovrà essere trasposta negli ordinamenti nazionali entro il 6 luglio 2024, posto che gli obblighi informativi ivi previsti presentano tempistiche di adeguamento scaglionate: dovranno adeguarsi entro il 1° gennaio:

  • 2024 (quanto al reporting al 2025, riferito alle informazioni relative all’esercizio precedente), le grandi imprese di interesse pubblico;
  • 2025 (reporting 2026), le grandi imprese non quotate;
  • 2026 (reporting 2027), le PMI quotate, gli enti piccoli e non complessi, e le imprese di assicurazione captive.
  • Il concetto di doppia materialità

Una delle novità introdotte dalla CSRD è la prospettiva della doppia materialità o rilevanza: le società dovranno comunicare al mercato informazioni relative sia agli impatti che i fattori di sostenibilità hanno sull’ente stesso, e, quindi, ai rischi che l’impresa potrebbe essere chiamata a fronteggiare e alle opportunità che si potrebbero generare e che la società deve essere pronta a cogliere (c.d. prospettiva outside in), sia all’impatto ambientale e sociale della società nello svolgimento della propria attività (c.d. prospettiva inside out).

  • Gli impatti sulla strategia aziendale

La Direttiva amplia anche il perimetro di responsabilità dei board, i quali devono assicurarsi non solo della correttezza dei processi di rendicontazione delle informazioni, ma anche che la sostenibilità entri a pieno titolo nell’alveo delle valutazioni e della definizione della strategia aziendale, che deve essere resiliente rispetto ai rischi connessi ai fattori ambientali e sociali, nonché in grado di cogliere le opportunità derivanti da un mercato più sostenibile e trasparente.

Le aziende sono tenute a fornire disclosure anche sui piani dell’impresa atti a garantire che la strategia aziendale sia compatibile con la transizione verso un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C, in linea con l’accordo di Parigi.

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