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COVID-19 – Impatti sulle imprese e modelli di risk management: prime evidenze e riflessioni sul ruolo degli amministratori indipendenti

Gli effetti del COVID-19 sulle aziende hanno già investito diversi settori economici. Le prime stime sembrano indicare che le perdite economiche difficilmente potranno essere recuperate entro la fine dell’anno.

a cura del Reflection Group Nedcommunity La governance in materia di rischi e di controlli, composto da:

Livia Amidani Aliberti; Enrico Maria Bignami; Graziella Capellini; Rosalba Casiraghi; Cesare Conti; Diana D’Alterio; Maria Luisa Di Battista; Carolyn Dittmeier; Giovanni Maria Garegnani; Patrizia Giangualano; Gaudiana Giusti; Elisabetta Magistretti; Maria Pierdicchi; Paola Schwizer; Leonardo Scimmi; Silvia Stefini.

Gli effetti del coronavirus

Gli effetti del COVID-19 sulle aziende hanno già investito diversi settori economici. Le prime stime sembrano indicare che le perdite economiche difficilmente potranno essere recuperate entro la fine dell’anno.

In Cina, prima nazione colpita e ora in via di contenimento del fenomeno, le misure di prevenzione della diffusione dell’epidemia, e in particolare le limitazioni agli spostamenti delle persone, hanno generato per alcuni mesi una sostanziale riduzione della capacità produttiva degli stabilimenti e una contrazione delle vendite sia di numerose categorie di prodotti sia di servizi per viaggio e turismo. Il governo cinese ha adottato misure straordinarie di supporto per le imprese che operano nel settore sanitario e per quelle che stanno subendo le perdite maggiori. Si tratta di misure che rientrano, per esempio, nell’ambito delle agevolazioni fiscali e del supporto finanziario di breve periodo. Analoghe misure sono ora in corso di valutazione in Italia e in Europa, anche se l’incertezza legata agli sviluppi dell’epidemia rende difficile al momento stimare l’entità delle risorse necessarie e le modalità di allocazione delle stesse.

Il rischio di pandemia rappresenta, dunque, una seria minaccia non solo per la salute delle popolazioni a livello globale ma anche per la sostenibilità economica internazionale, con un impatto che non risparmia nemmeno i più moderni e organizzati sistemi socioeconomici. Pregressi studi sulle pandemie (influenza spagnola, Ebola e SARS) hanno dimostrato che gli effetti economici di una pandemia si sostanziano in una spinta recessiva che si manifesta rapidamente, come stiamo osservando, a livello internazionale.

Il ruolo degli amministratori indipendenti

Venendo all’attuale situazione italiana, le iniziative di breve periodo delle imprese volte a reagire alla crisi emergente sembrano, nella maggior parte dei casi, avviate con grande senso di responsabilità, sia rispetto all’applicazione delle normative sia rispetto alla loro ordinata implementazione. I bilanci 2019 e le relative comunicazioni al mercato, progressivamente in corso di pubblicazione, evidenziano tali misure e danno conto di una prima e sommaria valutazione dei possibili impatti sul business.

Gli amministratori, indipendenti e non, devono però anche affrontare gli effetti della crisi nel medio e lungo periodo, e dunque riflettere su quali valutazioni condurre e quali strategie applicare in funzione dei diversi scenari futuri. Essi sono chiamati a promuovere e a monitorare l’implementazione di adeguati piani strutturati e politiche di risk management volti ad affrontare il rischio pandemico.

Gli strumenti di risk management che le aziende hanno attivato nelle prime settimane (comitati crisi, contingency plan, modaltà di business continuity) e il ricorso alla smart working si sono rivelati di grande utilità, ma dobbiamo constatare che, a fronte di un futuro fortemente incerto e imprevedibile, numerose sono le azioni ancora da intraprendere. Se i grandi gruppi aziendali globali hanno a disposizione strumenti di risk management anche sofisticati e predittivi (i modelli di Enterprise Risk Management, le analisi di sensitività, gli stress test), pochi sono i casi nei quali il rischio pandemico e i diversi possibili scenari sono stati analizzati nel dettaglio.

In questo contesto, è dunque necessario che le imprese adottino quanto prima strumenti di assessment e di rivalutazione dei propri modelli di business e delle proprie vulnerabilità personalizzati e integrati con gli strumenti di gestione, allo scopo di verificare la tenuta dei conti economici a fronte dei possibili scenari di crisi esterni.

Quale contributo possono dare in concreto gli amministratori indipendenti?

La best practice in un contesto di crisis management quale quello attuale distingue tra iniziative di breve termine e iniziative di medio lungo periodo. Gli amministratori indipendenti dovrebbero progressivamente assicurarsi che la società si stia muovendo a entrambi i livelli attraverso la attivazione/creazione di un comitato di crisi, in dipendenza dall’esistenza o meno di un precedente crisis management plan.

Iniziative di breve termine

Questa prima fase dovrebbe permettere di evidenziare e presidiare, per quanto possibile, le situazioni più a rischio che potrebbero derivare, ad esempio, da una elevata concentrazione geografica dell’approvvigionamento e dei mercati di sbocco e da eventuali esigenze di localizzazione/delocalizzazione.

In primo luogo gli amministratori indipendenti dovrebbero verificare che all’ordine del giorno del CdA sia inclusa la valutazione dell’adeguatezza del piano di azione adottato nel breve termine, con l’obiettivo di esaminare come si sta muovendo la società in una serie di ambiti che possono essere riassunti come segue:

  • adozione di delibere in termini di sicurezza dei dipendenti, condizioni lavorative e rispetto delle misure di sicurezza nelle diverse location aziendali (uffici, stabilimenti, filiali), favorendo l’utilizzo dello smart working e vidoeconferencing, e loro relativa comunicazione interna;

  • verifica della tenuta dell’assetto operativo, con la possibile rimozione di modalità non pratiche/realistiche in un contesto di “emergenza” ed eventualmente rivalutando il livello di automazione della produzione;

  • creazione di un buffer di liquidità al fine di poter far fronte all’insorgenza di esigenze di cash flow straordinarie nei rapporti con fornitori, dipendenti e clienti;

  • Una ulteriore rivalutazione potrebbe riguardare anche la supply chain, i processi di scouting dei fornitori e le relative geografie, le metodologie di stock management. La verifica delle condizioni contrattuali di fornitura potrebbe inoltre aiutare a identificare la possibilità di trasferimento di parte dei rischi sulla controparte.

  • protezione delle relazioni con i clienti assicurando vicinanza virtuale/digitale ed eventualmente offrendo flessibilità finanziaria;

  • Possibile revisione selettiva di investimenti e budget.In particolare, l’integrazione sistematica della valutazione degli indicatori sanitari nelle analisi di scenario potrebbe migliorare la valutazione delle opportunità di investimento nei differenti Paesi.

  • verifica di continuità in ambito IT in un contesto di esteso ricorso a modalità di comunicazione virtuale e smart working, con inevitabile attenzione all’esposizione ai rischi cyber.

Ancora, i sistemi di crisis management potrebbero richiedere interventi di efficientamento con specifici Sourcing Continuity Plan.

Un aspetto di particolare importanza riveste la comunicazione (ai clienti, ai dipendenti, agli investitori, ecc.) che deve essere trasversale e coerente nell’ambito del processo, in tutte le fasi sopra rappresentate, garantendo trasparenza e consapevolezza.

Iniziative nel medio/lungo periodo

Oltre ad affrontare le emergenze di breve termine originate dalla situazione di crisi, il management aziendale dovrebbe però anche progressivamente considerare l’impatto della crisi su un orizzonte temporale di medio/lungo periodo.

In tale ambito, il supporto fornito dai consiglieri indipendenti potrebbe essere da stimolo per riflettere sul problema, promuovendo analisi ed evitando approcci istintivi. A tal fine, nel corso di un confronto avviato da Nedcommunity con BCG, è stato condiviso un approccio metodologico basato sulla pianificazione per scenari, illustrato in sintesi nello schema riportato di seguito.

Immagine White Paper COVID-19

Fonte: BCG: White Paper COVID-19: Sustaining Business in All Scenarios

La pianificazione per scenari si articola in 4 step:

1. Analisi delle vulnerabilità, ovvero identificazione delle principali fragilità operative, di business e finanziarie, e successiva qualificazione del loro impatto (alto vs basso);

2. Definizione degli scenari, ovvero identificazione di un numero limitato di macro-scenari sulla base di possibili accadimenti esterni all’impresa (ad esempio, in termini di diffusione del coronavirus). Successiva loro traduzione in altrettanti scenari aziendali, ove siano individuate le conseguenze in termini di vulnerabilità e dei KPI specifici dell’azienda (possibilmente con l’indicazione dei relativi trigger), anche esprimendo una stima sulla probabilità di ciascuno scenario;

3. Valutazione dell’impatto economico di ciascuno scenario, attraverso una simulazione che riassuma il rischio di ciascuno scenario in termini di un numero limitato di metriche, ad esempio l’earning at risk;

4. Identificazione delle azioni correttive da intraprendere (operative, di business, finanziarie) in ciascuno scenario (sulla base dei triggers precedentemente individuati). Tali azioni possono, ad esempio, riguardare la diversificazione dei fornitori, l’adozione di sconti ai clienti o l’accensione di nuove linee di credito. Segue la predisposizione di un piano di “recovery and opportunities”.

L’implementazione della suddetta metodologia merita di essere compiuta mediante il coinvolgimento diretto di figure manageriali apicali, tra cui il CEO, il CFO, i responsabili di divisione e, ove necessario, il risk manager.

È altresì opportuno valutare il ricorso a un eventuale supporto da parte di consulenti nell’implementazione dello “scenario based management”. Ciò potrebbe favorire l’adozione di una metodologia più strutturata, basata sull’integrazione delle informazioni raccolte presso diversi interlocutori aziendali, un maggiore distacco rispetto al management interno e, infine, l’accesso ad esperienze maturate in casi comparabili.

L’approccio metodologico proposto consente di sviluppare in azienda e nel board un’ampia visione d’insieme, poiché incentiva ad analizzare e sistematizzare le informazioni man mano che si rendono disponibili al management. Ciò consente al board di condividere e valutare diversi possibili scenari di medio-lungo, e dunque, di preparare diverse possibili reazioni.

Il consigliere indipendente dovrà, inoltre, sensibilizzare sulla opportunità di predisporre uno scenario-based management anche ai fini della riformulazione di piani industriali e di budget, che possono avere anche impatti significativi sulle scelte di impairment.

Il processo è lungo e non agevole, data la condizione di elevata incertezza sull’evoluzione futura dell’epidemia. Sarà quindi necessario trattare il tema in successive sedute consiliari, per continuare a monitorare il piano di crisi e verificare la sostenibilità del budget, oltre a predisporre eventuali ulteriori piani di medio/lungo periodo. In tale ottica temporale, è utile considerare anche l’emersione di possibili opportunità o cambiamenti di mindset, originati dalla crisi e in grado di determinare un impatto significativo sul business model.


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